È ora disponibile su Amazon Prime Everybody Loves Diamonds, la serie tv in otto puntate ispirata alla vera storia del “colpo del secolo”, un furto di diamanti da 100 milioni di dollari messo a segno nel 2003 al World Diamond Center di Anversa.
A violare il “sancta sanctorum” dell’industria diamantifera mondiale fu un misterioso quartetto di audaci professionisti del crimine. Vent’anni dopo si conosce il nome di uno solo di loro: Leonardo Notarbartolo, palermitano trapiantato a Torino, gioielliere di professione e organizzatore del colpo. Fu tradito da qualche scontrino e da un panino avanzato, che qualcuno aveva buttato alla rinfusa in un sacco della spazzatura insieme alle prove del furto, cercando poi di bruciare il tutto in un bosco. Questa leggerezza è costata all’Arsenio Lupin italiano sei anni di carcere, ma lui non ha mai voluto rivelare i nomi dei complici dai quali, pure, sostiene di essere stato lasciato senza un soldo. Non si sa nemmeno a quanto ammontasse davvero il bottino (Notarbartolo dice non più di 80 milioni, ma il governo belga ha rimborsato una cifra maggiore) né chi fosse, se mai è esistito, il fantomatico mandante della banda ribattezzata la “scuola di Torino”.
A impersonare lo sfortunato ladro sul piccolo schermo è Kim Rossi Stuart, affiancato da un cast di livello nel quale figurano Malcolm McDowell, Rupert Everett, Gianmarco Tognazzi e Anna Foglietta. Il regista, Gianluca Maria Tavarelli, aveva già raccontato in Qui non è il paradiso un’altra tra le più famose imprese del crimine a Torino, la rapina della banda degli “uomini d’oro”. Questa volta ha potuto contare sulla consulenza del suo protagonista in carne e ossa, Notarbartolo appunto, che da poco ha anche fatto uscire un libro sulla vicenda: si intitola Rubare l’impossibile, è scritto insieme a Peter D’Angelo ed edito da Rizzoli.
Quel che è meno noto è che la carriera del re dei ladri, oggi 71enne, si è conclusa in anni più recenti grazie a un’inchiesta della procura di Cuneo. Nel 2016 i carabinieri di Savigliano erano arrivati a lui seguendo le tracce della “banda del satellitare”, responsabile di due colpi da 600mila euro ai danni di altrettanti rappresentanti di preziosi. Il primo ad essere derubato era stato un vicentino, di passaggio nella Granda. Il tempo di pranzare in un ristorante e la sua auto, posteggiata poco lontano, si era volatilizzata insieme a un campionario di diamanti da 300mila euro, assegni e un revolver Smith & Wesson. A incastrare Notarbartolo e i suoi, questa volta, era stata la testimonianza di un operaio che lavorava su un cantiere a Pianfei. Insospettito dai passaggi di un’auto in una zona isolata, l’uomo ne aveva segnato il numero di targa. Si era scoperto che il veicolo veniva utilizzato dalla banda per tenere d’occhio l’albergo in cui soggiornava il “bersaglio” e piazzare un Gps sotto la sua auto.
In tribunale, nel processo contro un presunto complice (poi assolto), Notarbartolo ha raccontato di essersi fatto coinvolgere poco dopo aver finito di scontare la pena per il “colpo del secolo”: “All’epoca ero un po’ ‘sderenato’, senza una lira in tasca”. Dal ladro gentiluomo nessuna parola, neanche questa volta, su chi l’aveva aiutato. “Quando i carabinieri fanno un pedinamento hanno bisogno di tre o quattro macchine, a me ne basta una” aveva anzi affermato, con un certo orgoglio. Chissà che non ce ne sia abbastanza per un sequel televisivo.