“Tant che Pagarì pagherà lo pas passerà; quant Pagarì ne pagherà plus, lo pas passarà plus”. Fino a quando Paganino pagherà il passo sarà transitabile, quando Paganino non pagherà più, non si passerà più sul passo.
Si tratta di un antico proverbio raccolto a San Martin Vésubie (in italiano San Martino di Lantosca) che negli anni ha contribuito a tenere vivo il ricordo di una vicenda che ci aiuta a comprendere come funzionavano i commerci in altre epoche. I più accorti e gli appassionati di escursionismo lo avranno già capito: il passo in questione è il Pagarì, un valico posto a 2819 metri d’altezza tra la valle Gesso e la valle della Gordolasca, collegamento con la valle Vésubie.
Nel XV secolo era una delle tante ‘vie del sale’, collegamenti utili per portare le merci verso il mare e lì recuperare il sale, a quel tempo preziosissimo per la conservazione degli alimenti nel lungo periodo. Veniva utilizzato per la produzione di formaggio e di insaccati, la conservazione di carne e pesce, ma anche delle olive. Anche attività artigianali come la concia delle pelli e la tintura necessitavano dell'uso di cloruro di sodio.
Quello che in pochi sanno e che è meno intuibile, è che la mulattiera che da San Giacomo di Entracque conduce al passo è stata realizzata nel 1453 da un cuneese d’adozione, al secolo Paganino Dal Pozzo, detto 'Il Pagarì’. Cerchiamo di capire ciò che lega questo illustre personaggio, che fu anche consigliere comunale, al valico alpino.
La famiglia Dal Pozzo, originaria di Alessandria, si trasferì nella 'villa' tra il Gesso e la Stura nei primi anni del XV secolo. Nel 1423 Paganino ottenne dal Duca Amedeo VIII di Savoia l’appalto per la riscossione della gabella sul sale proveniente da Nizza. Di lui ci parla anche il giurista Giovanni Francesco Rebaccini, nella sua ‘Cronica Loci Cunei’: “Molti forestieri vennero ad abitare in Cuneo: tra costoro vi fu Paganino Dal Pozzo di Alessandria con i suoi fratelli. Egli aumentò assai il reddito della gabella del sale; fu uomo di gran cuore e molto alla mano”.
Oltre a essere virtuoso, almeno a detta del Rebaccini (negli anni successivi sodale del figlio Giorgino), Paganino era anche, soprattutto, molto benestante. Nel 1425 era diventato il più grande latifondista della zona con l’acquisizione della Torre dei Valdieri, che intorno a sé aveva 1.100 giornate di terreno. I Dal Pozzo erano già proprietari della Torre di Mombonina (poi Bombonina), le cui dimensioni “non erano inferiori a quelle della Torre Civica e nessuna altra torre di Cuneo forse le stava al pari”, scrive Mario Perotti nel suo ‘Repertorio dei monumenti artistici della Provincia di Cuneo’ del 1986. Nella disponibilità di Paganino c’era anche un “palazzo di grande bellezza” scrive ancora Rebaccini. L’edificio è ancora parzialmente visibile al numero civico 32 di via Roma, si tratta di Palazzo Barberi di Branzola, all’angolo con via Fratelli Vaschetto.
Ma torniamo ‘al nostro’. Abbiamo già detto che Paganino Dal Pozzo fu nominato consigliere comunale: era il 1431. In quel medesimo anno rappresentò Cuneo nell’Assemblea dei Tre Stati che il Duca di Savoia consultava sulle questioni politiche più importanti. In qualità di appaltatore della gabella del sale, due anni dopo costruì alcuni ponti nel tratto da Lantosca a Levenzo, accorciando di un giorno il viaggio da Nizza a Cuneo. I lavori costituirono un esborso importante anche per un personaggio facoltoso come il Pagarì e questi dovette ricorrere a prestiti sia da parte dell’élite del governo cuneese, sia dai signori di altre città. Nel 1434 fu costretto a vendere la Torre dei Valdieri acquistata nemmeno dieci anni prima. L’anno successivo la proprietà venne ceduta ai monaci della Certosa di Pesio, già proprietari della vicina tenuta di Tetti Pesio. Da allora non ha ancora cambiato nome, si tratta di Torre Frati, oggi ristrutturata con finalità residenziali.
Dal 1436 al 1439 Dal Pozzo apportò altre migliorie nel tratto tra Saorgio e Breglio (le attuali Saorge e Breil, in Francia) e ottenne il diritto di riscuotere la tassa di pedaggio, ma l’opera per cui viene ricordato ancora oggi, a quasi seicento anni di distanza, è la costruzione di una mulattiera che da San Giacomo di Entracque, passando per il Gias sottano del Vej del Bouc, conduceva sino a un valico a quasi 3 mila metri d’altezza, all’ombra della Maledia, la ‘punta maledetta’: il passo del Pagarì.
La ‘via del Sale’ collegava la valle Gesso a Lantosca, e dunque Nizza a Cuneo, ma la gestione non era tutta rose e fiori (a quell’altitudine non crescono). L’accordo raggiunto con il Duca, che prevedeva l’onere della costruzione e manutenzione della strada a carico dell’autore, in cambio della riscossione in proprio della gabella del sale transitato impegnava a mantenere percorribile il tracciato per nove mesi l’anno. L’impresa pare proibitiva ai giorni nostri (basti pensare alle chiusure per neve del colle della Maddalena, quasi mille metri più in basso), figuriamoci allora. Adesso il detto con cui abbiamo iniziato sarà certamente più chiaro: “Tant che Pagarì pagherà lo pas passerà; quant Pagarì ne pagherà plus, lo pas passarà plus”.
Negli anni quaranta del ‘400 il trasporto del Sale a Cuneo transitava sul colle di Tenda, in alternativa sul Ciriegia o sul colle delle Finestre e le cose non cambiarono negli anni successivi. Il consistente investimento si rivelò talmente poco redditizio, da mandare il Pagarì sul lastrico. “Mentre dunque Paganino splendeva per fortuna e sostanze, la fortuna, che si vanta di nulla se non di cambiare le sorti, lo annientò e gli fu talmente nemica che infine cadde in miseria e dopo aver trascinato una vita miserabile morì in vecchiaia”, scriveva il solito Rebaccini. Era il 1469.
Negli anni successivi la mulattiera del Pagarì fu definitivamente abbandonata per la mancanza di manutenzione e per l’espansione del ghiacciaio della Maledia, conseguente alla ‘piccola età glaciale’, in cui si registrò un brusco abbassamento della temperatura media della terra. Toccherà a Giorgino Dal Pozzo, figlio di Paganino, riscattare il cognome del padre, ma questa è un’altra storia. Il Pagarì resta a testimoniare il passaggio su questa terra di un personaggio spregiudicato, un uomo d’affari dalle fortune alterne, l’eco delle cui avventure è giunto sino ai giorni nostri.
Fonti:
Storia di Cuneo - Rinaldo Comba - Editrice Artistica Piemontese
Storia di Cuneo, avvenimenti e personaggi - Giovanni Cerutti - Primalpe