CUNEO - Quando Cuneo si arrabbiò con Topolino

La levata di scudi biellese contro Zerocalcare richiama un analogo incidente fumettistico nel capoluogo della Granda. Allora furono i paperi Disney a dare scandalo...

Andrea Cascioli 29/11/2021 11:31

 
Alzi la mano chi frequentando i social non ha sentito parlare, almeno di sfuggita, di Strappare lungo i bordi, la serie di Netflix uscita una decina di giorni fa a firma del fumettista romano Zerocalcare.
 
Nel mondo delle nuvole parlanti “Zero”, al secolo Michele Rech, è il fenomeno dell’ultimo decennio. Dopo una gavetta nei centri sociali della capitale e il lancio di un fortunatissimo blog personale, ha venduto oltre un milione di copie in libreria e firmato la sceneggiatura di un film - assai meno fortunato - tratto dalla sua opera prima. Strappare lungo i bordi, prima produzione Netflix italiana a imporsi tra le tendenze della piattaforma, riprende tutti i temi consueti di Zerocalcare: l’identità della generazione millennial (i trentenni - o quasi quarantenni - di oggi), la nostalgia dell’infanzia, le difficoltà ad orientarsi in una società che lascia sempre meno certezze sia economiche che affettive ai giovani adulti. A fare da fil rouge alla serie (avvertiamo dello spoiler chi non l’avesse ancora vista) è il suicidio di un’amica del protagonista, un’esperienza realmente vissuta dall’autore che però ha voluto riadattarla cambiando nomi e contesti.
 
Succede così che la Alice di Strappare lungo i bordi diventi una fuorisede biellese venuta a Roma col sogno di fare l’insegnante. Col passare degli anni accumula esperienze e delusioni, si intrappola in una relazione sbagliata ed è infine costretta a tornare dai genitori, non potendosi più mantenere da sola. Una vicenda che terminerà, come si è detto, in modo tragico. Nella serie la città della lana fa solo da sfondo al funerale di Alice, ma tanto è bastato a destare scandalo. Soprattutto perché in un’intervista Zerocalcare ha ammesso di averla scelta - senza mai averla vista - dopo averne sentito parlare al bar da qualcuno come “la città in cui si muore dentro”. Apriti cielo. Ne sono seguiti gli appelli del sindaco Claudio Corradino (“venga a scoprire una città diversa da quella che si aspetta”), i rimbrotti del biellese illustre Massimo Giletti (“dobbiamo essere più bravi nel colorare la nostra realtà”) e il consueto stillicidio di reazioni e commenti.
 
 
Paperino, Paperoga e le “vacanze a Cuneo”: “Il film più triste di tutti”
 
Ai cuneesi che hanno buona memoria, tutto questo dovrebbe suonare familiare. L’affaire Zerocalcare a Biella ricorda infatti un analogo incidente diplomatico a fumetti di cui fu involontario protagonista il capoluogo della Granda, quasi tredici anni fa. Allora la pietra dello scandalo era stata una storia uscita sul numero 2769 di Topolino, per la precisione quella sceneggiata da Fausto Vitaliano e disegnata da Alessandro Perina per sponsorizzare il film di Natale di Aldo, Giovanni e Giacomo (Paperino e Paperoga in... Tre paperi dentro a un cinema). Qui Paperone incaricava i nipoti Paperino e Paperoga di visionare film tristissimi per poi produrne uno altrettanto mesto: tra le pellicole citate da Paperoga assieme a Depressione fatale e Spossatezza letale figurava una fantomatica Vacanze a Cuneo, che faceva dire a Paperino in un sospiro “quello è stato il più triste di tutti!”. Anche in quell’occasione le polemiche - rilanciate da un servizio del Tg3 - si erano sprecate, tra lettere indignate ai giornali, riflessioni su una presunta atavica inospitalità della terra cuneese e addirittura utilizzi in chiave politica del “caso”.
 
L’allora consigliere regionale di Rifondazione Comunista Sergio Dalmasso ne aveva approfittato per chiedere in un’interpellanza alla giunta Bresso cosa intendesse fare “per rilanciare, a prescindere dalla curiosa vicenda in narrativa, l’immagine della Cuneo turistica in Italia e nel mondo”. I militanti di Alleanza Nazionale invece avevano diffuso un volantino per attaccare “la miopia che ha contraddistinto anni di governo di centrosinistra a Cuneo”, lamentando il fatto che “siamo tornati ad essere lo zimbello a livello nazionale”. E mentre la Coldiretti si era affrettata a proporre “una breve vacanza nel cuneese” ad autori e collaboratori di Topolino, il sindaco Alberto Valmaggia aveva chiuso la disputa con un laconico “basta che se ne parli”. Alla fine, la penna “incriminata” del catanzarese Fausto Vitaliano si era intinta nel miele per chiarire a tutti che la battuta non voleva essere uno sfottò rivolto alla “bellissima città che ho avuto la fortuna di visitare”, bensì una presa in giro dei cinepanettoni che sfruttava il richiamo di Cuneo nell’immaginario collettivo, ovvero quello di Totò e degli “uomini di mondo”.
 
 
Da Totò alla commedia anni Ottanta: Cuneo nell’immaginario del cinema
 
Il motto di spirito del principe Antonio de Curtis nasce con Totò a colori nel 1952 e viene poi ripetuto in una decina di film, con le dovute variazioni sul tema. In Signori si nasce, ad esempio, Totò si traveste da sacerdote e proclama “ho fatto tre anni di seminario a Cuneo!”. Si tratta, beninteso, di una celebre finzione: da militare Totò fu in fanteria a Pisa e rischiò di essere inviato sul fronte francese (era appena scoppiata la prima guerra mondiale), ma si fermò ad Alessandria e venne poi rispedito a Livorno, senza mai giungere a Cuneo. Se la sua strizzata d’occhio al pubblico cuneese resta la più famosa nel cinema, non è comunque l’unica. Gli appassionati di commedie minori degli anni Ottanta forse ricorderanno la mitica maglietta con la scritta “I love Cuneo” sfoggiata da Jerry Calà in Delitti e profumi, oppure l’armatore spiantato Renato Pozzetto che in Ricchi, ricchissimi... praticamente in mutande tenta di sorprendere un emiro con la frase “dietro a queste lamiere si nasconde una tecnologia nautica che a Cuneo se la sognano”.
 
Che cos’hanno in comune tutti questi esempi, se non il riferimento a un luogo dell’anima che non descrive né Cuneo né Biella, bensì uno Strapaese idealtipico? È la città con “due discoteche e centosei farmacie” di cui cantavano i pavesi 883 ormai svariati decenni fa, la provincia che a volte coccola e a volte stritola i suoi figli - non meno di quanto possa fare la metropoli, del resto, pur se in modi diversi. Da veterani del dileggio geografico, ai corregionali biellesi offesi con Zerocalcare potremmo dire: calma e gesso, noi ci siamo già passati e non è così brutto come sembra. Alla fine, appunto, l’importante è che se ne parli.

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