Al giorno d’oggi sono sempre di più i giovani che decidono di trasferirsi all’estero per studiare o lavorare. Alcuni lo fanno per migliorare una lingua straniera, altri per arricchire il proprio curriculum personale, altri ancora perché alla ricerca di un futuro migliore. Una decisione che richiede un po’ di coraggio, ma che porta a una crescita personale, culturale e professionale davvero importante.
Abbiamo intervistato Annarita Vuolo, originaria di Fossano, studentessa di “International Relations and Diplomatic Affairs” (Relazioni Internazionali) all’università di Bologna. All’età di 17 anni Annarita decide di partire per il Belgio e diventare un’exchange student: “Fin da piccola ho sempre avuto questa voglia di partire, entrare a contatto con culture diverse dalla mia e vedere il mondo”.
Come ti sei trovata, specialmente all’inizio, a dover comunicare con una lingua diversa dalla tua?
Avevo una conoscenza abbastanza buona del francese in quanto studentessa del liceo linguistico, devo ammettere però che trovarsi a parlare tutti i giorni in una lingua diversa dalla tua non è affatto semplice. All’inizio non è stato facile, dovevo continuamente chiedere alle persone di ripetere ciò che non capivo, ma non mi sono mai abbattuta, non avevo paura di fare brutta figura perché il mio obbiettivo era imparare e migliorarmi. Con il tempo è diventato tutto più semplice e questo mi ha permesso di conocere tante persone e instaurare rapporti di amicizia con ragazzi del posto.
Quali sono le principali differenze che hai notato tra i belgi e gli italiani?
Prima di partire mi aspettavo di trovare persone molto fredde perché lo stereotipo del nord europeo è una persona molto chiusa, fredda e distaccata, al contrario di noi italiani che siamo molto più calorosi ed estroversi. Devo ammettere che invece ho conosciuto persone estremamente accoglienti e disponibili. La differenza più grande tra i belgi e gli italiani è sicuramente la mentalità; il Belgio è un paese multiculturale e probabilmente questa caratteristica ha permesso loro di sviluppare una grande apertura mentale, sono infatti molto più accoglienti nei confronti della diversità e più avanti sulle tematiche riguardanti il razzismo e l’omofobia.
Pensi che questa esperienza ti abbia aiutato a crescere a livello personale?
Moltissimo, ritrovarsi a vivere in un paese straniero dove non conosci niente e nessuno ti insegna a cavartela da solo. Prendere l’aereo per la prima volta, andare dal medico da sola, orientarsi in una città straniera, stringere amicizia con persone che non parlano la tua stessa lingua; sono tante piccole cose che per molti potrebbero sembrare banali ma che invece ti fanno crescere, soprattutto se fatte in età adolescenziale.
Sei da poco tornata in Italia dopo un Erasmus in Francia: che impatto ha avuto la pandemia sulla tua seconda esperienza all’estero e come hai affrontato questi ultimi mesi?
La pandemia ha avuto un grandissimo impatto su di me e sul mio Erasmus. Prima di partire avevo paura che fare questo tipo di esperienza in quelle condizioni sarebbe stato molto limitante e che sarei rimasta delusa. Devo ammettere però che appena arrivata tutte le mie paure iniziali sono svanite; c’erano tantissimi studenti Ersamus nella mia stessa situazione e il fatto che vivessimo tutti nella stessa residenza universitaria mi ha permesso di instaurare dei bellissimi rapporti di amicizia, era un continuo aiutarsi a vicenda. Sicuramente se non ci fosse stato il covid sarei potuta andare all’università più spesso e conoscere più persone locali, nonostante ciò sono soddisfatta del mio Erasmus e dell’esperienza che ho avuto.
Ad agosto partirai per un altro periodo di studi all’estero, questa volta in Canada: come funziona il programma overseas offerto dalla tua università e cosa ti aspetti da questa esperienza?
Il programma “Overseas” è molto simile all’Erasmus+ ma, come dice la parola stessa, si svolge oltre oceano. Si tratta di un accordo tra l’università di Bologna e altre università sparse in giro per il mondo; la borsa di studio viene erogata dall’università e, al contrario dell’Erasmus +, lo studente non riceve alcuna sovvenzione dall’unione europea. Sono molto emozionata perché non sono mai uscita dall’Europa e sono convinta che questa esperienza riuscirà a darmi molto. Seguirò dei corsi molto interessanti e sono sicura che, una volta terminato il mio anno all’estero, avrò capito appieno cosa voglio fare dopo l’università.
Pensi che l’opportunità che hai avuto di studiare e vivere all’estero ti potrà ritornare utile nel mondo del lavoro?
Assolutamente si, queste esperienze valgono molto sia a livello lavorativo che a livello personale. Ti aiutano a maturare, ad avere una mentalità più aperta e una maggiore consapevolezza di ciò che si vuole diventare. Consiglio a chiunque abbia la possibilità di farlo di partire, sono esperienze che ti cambiano la vita.