Mercoledì 16 gennaio alle ore 21, verrà presentato da Giorgio Raviolo, presso la Biblioteca “L. Einaudi” di Dogliani, il libro di Paola Scola “Lo aspetto ancora con disperata speranza. La guerra delle donne”. Presentare questo libro nel mese di gennaio ha un significato ancora più particolare.
Il 20 gennaio del 1943, infatti, si consumò a Nowo Postojalowka una delle più grandi tragedie della seconda guerra mondiale con la disfatta della Divisione Alpina “Cuneense”. Circa quindicimila alpini erano partiti per la Russia solo qualche mese prima. Di essi faranno ritorno solamente 1.500. A ciò va aggiunto la difficoltà provata dai soldati che si trovarono a combattere con temperature intorno ai 40° sotto zero, dopo una marcia estenuante e disperata di più giorni, con scarso equipaggiamento e munizionamento e ancor più scarsi viveri.
Alla tragedia dei soldati al fronte, con questo libro, Paola Scola ha voluto dare voce all’angoscia e alla disperazione di quelle tante donne il cui dramma, troppo spesso, è conosciuto solo all’interno della famiglia o del proprio paese. Storie che, oggi più che mai, hanno ancora tantissime cose da raccontare. Gli uomini combattono al fronte, ma c’è anche una guerra affrontata nel quotidiano, a casa, quella delle donne che, da un lato mostrano la loro fragilità, soffrendo per la partenza di mariti, padri e figli e dall’altra devono mostrarsi forti, perchè su di loro ricade la gestione della casa, dei figli piccoli, dei genitori anziani, talvolta anche dell’attività famigliare o dell’azienda agricola.
Lo spunto per la scrittura del libro nasce dalla curiosità dell’autrice sorta difronte a una lapide nel cimitero di Ceva, dove una foto in bianco e nero ritrae una coppia che si abbraccia. Questa strana circostanza spinge Paola Scola a cercare le famiglie dei due defunti: Camilla Ubal e Ennio Bezzone. La foto li ritrae in una delle ultime giornate felici durante il loro viaggio di nozze al Lago di Garda. Dopo poco tempo, Elio parte per la Russia lasciando a casa la moglie e due figli piccoli e non fa più ritorno. Camilla, detta Milly, trascorre gli anni successivi lasciando la chiave nella porta, perché suo marito un giorno sarebbe potuto rientrare. Con questa certezza, trascorre la sua vita fino al marzo del 2012 quando muore. Figli e nipoti, rispettando il suo ultimo desiderio, seppelliscono con lei i sette mazzi di lettere del marito. Solo alla sua morte, viene dichiarata anche quella del marito e si tiene un doppio funerale. La storia di Milly è solo una delle toccanti storie narrate nel libro. Sono storie di mancanze, ma anche di fortissime presenze perché, come aveva scritto Nuto Revelli, queste donne sono proprio quell’anello forte che, nel corso della vita, hanno sfidato il vento contrario che le ha piegate, ma non spezzate. Tratto comune è la condizione di uomini, mariti e figli che non fanno più ritorno dal fronte e che vengono definiti “dispersi”, parola terribile, anche più di “morto”, in quanto lascia le donne in una condizione sospesa, di attesa e di vana speranza, senza una tomba su cui piangere. Così, aggrappandosi a quella “disperata speranza”, la vita delle donne, che siano madri, mogli o foglie, riprende nell’attesa di chi non tornerà più.
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