L’Ufficio Europe Direct di Cuneo Piemonte area sud ovest, in collaborazione con Apice (Associazione per l’incontro delle culture in Europa), organizza mercoledì 12 dicembre alle 18.30 nel Salone d’Onore del Comune, l’incontro dal titolo “Europa: identità o destino comune?”.
A dialogare con i presenti sul tema sarà Adriano Favole, Vice Direttore per la Ricerca presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società e insegna Antropologia culturale e Cultura e potere all’Università di Torino. Favole, che si occupa di antropologia politica, del corpo e del patrimonio, ha insegnato presso le Università di Milano, Genova e Bologna, ha viaggiato e compiuto ricerche a Futuna (Polinesia occidentale), in Nuova Caledonia, a Vanuatu, in Australia, a La Rèunion (Oceano indiano) e in Guyana Francese. Collabora con “La lettura del Corriere della Sera”, è autore di “La palma del potere” (Il Segnalibro, 2000), “Isole nella corrente” (La ricerca folklorica, Grafo, 2007), “Resti di umanità. Vita sociale del corpo dopo la morte” (2003), “Oceania. Isole di creatività culturale” (2010), “La bussola dell’antropologo” (2015) per Editori Laterza, “Vie di fuga. Otto passi per uscire dalla propria cultura” (UTET, Dialoghi sull’uomo, 2018).
"A ottanta anni dall’approvazione delle leggi razziali, in Italia torna a prendere piede una contrapposizione netta e radicale tra noi e gli altri - dice Favole -. La rappresentazione caricaturale di un Paese dall’identità forte e omogenea si va costruendo in un’opposizione netta agli ‘stranieri’, ai ‘clandestini’, a Bruxelles e ai suoi burocrati. Perché questa visione riscuote consenso? Forse perché, in un mondo caratterizzato da livelli di competitività e complessità crescente, essa offre una linea interpretativa semplice, la più semplice, quella che contrappone un noi compatto a un altro minaccioso. Si tratta però di una scorciatoia rischiosa. Il clima della storia sta mutando: il pianeta ci presenta il conto salato delle distruzioni ambientali. I grandi flussi migratori ne sono un segno e una dimostrazione. Volerli fermare è come opporsi alla diffusione dell’ossigeno e dell’anidride carbonica nell’aria. Eppure un’altra via esiste, quella di gestire con attenzione i flussi migratori, renderli oggetto di politiche e non di repressione, pensare a nuovi (e antichi) modelli di convivenza, in grado di forgiare un destino comune. Da questo punto di vista, l’Unione europea è un progetto in cui è bene continuare a investire e che può fare molto per salvare l’intero pianeta".
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