Gianni Farinetti è uno straordinario interprete della “cuneesità”, un’intricata matassa di perbenismo, creatività, ipocrisia, pragmatismo, affidabilità, ironia. Solo un cuneese può tentare di districarla e, infatti, Gianni Farinetti è nato a Bra e passa buona parte della sua vita nell’alta Langa, tra Prunetto e Gorzegno. Ci sono tanti elementi, anche linguistici, che rimandano alla provincia di Cuneo e alle tipologie caratteriali e umane di una terra antica e contadina. Con ironia, ma anche con una certo affetto per un mondo ormai tramontato, introduce il lettore nelle case della nobiltà e della borghesia sabaude, ne svela i riti, le maschere, le infelicità. I suoi libri più noti sono dei romanzi gialli, ma Farinetti va oltre i limiti del genere letterario e dedica molta attenzione alla descrizione degli ambienti, all’analisi del profilo psicologico dei personaggi. L’alta Langa è la sua ambientazione preferita, anche se non è l’unica, perché i suoi personaggi si muovono agevolmente anche in Costa Azzurra, in Sicilia, a Venezia. Particolarmente congeniale l’ambientazione a Palermo, forse per una sottile liason tra le componenti caratteriali della buona società piemontese e di quella palermitana.
Chi meglio di lui avrebbe potuto aprire le serate del Festival “Ponte del Dialogo”? il 9 maggio, alle 21, al Teatro Iris le lettrici e i lettori che da anni lo seguono con grande affetto, potranno incontrare Gianni Farinetti, che dialogherà sui suoi “delitti fatti in casa” con il giornalista Piero Dadone (ingresso libero, non è richiesta la prenotazione).
Il successo arriva per Farinetti con il suo romanzo d’esordio, “Un delitto fatto in casa”, nel 1996, che gli vale l’assegnazione del Premio Grinzane Cavour. In quest’opera conosciamo i protagonisti di una saga che proseguirà con successo negli anni successivi. Pilastro della saga è Sebastiano Guarienti (alter ego dello scrittore), giovane sceneggiatore con una facoltosa famiglia alle spalle, che vive tra il Piemonte e Roma. Accanto a lui altri due personaggi maschili, il suo fidanzato Duccio, studioso di storia dell’arte, e un maresciallo dei Carabinieri, Beppe Buonanno. Intorno a loro una miriade di personaggi, sempre accuratamente delineati: madamine di provincia, nobili decaduti, presunte scrittrici, nuovi ricchi, vecchi faccendieri, osti, artigiani, lavoratori stranieri.
Ritroviamo i personaggi della saga e le atmosfere dell’alta Langa in “Lampi nella nebbia” (2000), “Prima di morire” (2004), “Rebus di mezza estate” (2013), “Il ballo degli amanti perduti” (2016), “La bella sconosciuta” (2019). Godibilissima anche l’incursione siciliana nel suo ultimo romanzo, “Doppio silenzio” (2020). In un’intervista a “Torino Magazine” del 2020 Gianni Farinetti racconta che il suo amore per l’alta Langa è legato “al carattere a volte bizzarro dei suoi abitanti: non sono chiusi, anzi si dimostrano interessati e propensi al dialogo. Poi hanno un umorismo eccentrico tutto loro, con una particolare propensione a parlare dei morti, spesso deceduti in circostanze sorprendenti e inspiegabili. A questo proposito è proverbiale il tipico intercalare “t’lasvist”, che già sottintende meraviglia". In uno scenario così apparentemente sereno e provinciale, l’elemento che fa detonare la vicenda è “quasi sempre una figura ‘differente’, che arriva da fuori, che costituisce un elemento di novità. E allora certi equilibri saltano e i personaggi rivelano qualcosa di inimmaginabile, prima tenuto segreto. Occorre anche tenere a mente i differenti piani della vicenda, le collocazioni sociali ed economiche dei protagonisti. Tutto deve svilupparsi in parallelo come nelle fiction più curate, tipo ‘Downton Abbey’”. Nella stessa intervista Farinetti spiega anche perché in Piemonte si sia sviluppata una tradizione letteraria noir: “Innanzitutto noi abbiamo avuto due maestri illustri, sicuramente i più grandi giallisti italiani, straordinariamente attuali ancora oggi: Carlo Fruttero e Franco Lucentini. Ma la loro arte usciva dal ‘genere’ per diventare grande scrittura. Nessuno ha raccontato così bene la Torino di quegli anni come Fruttero e Lucentini. Poi la nostra regione è una cornice ideale per le trame noir: abbiamo una città industriale con atmosfere parigine e una provincia che sembra perfetta per ambientarci un delitto”.
Tra i temi affrontati nei romanzi di Farinetti, ne ritroviamo alcuni ricorrenti anche nelle opere di Cesare Pavese, Beppe Fenoglio, Giovanni Arpino: l’interesse (l’ossessione) per i soldi, ad esempio. Si susseguono i ritratti di personaggi arrivisti, arroganti, interessati ai soldi sopra ogni altra cosa. Altro tema è la vanità, accompagnata al senso di precarietà e al timore di perdere il proprio posto al sole: la ritroviamo in personaggi come la signora Simonis, che non vuole arrendersi al tempo che passa e si muove civettuola nel bel mondo della Costa Azzurra, o come Clelia Usuelli, che bada moltissimo all’apparenza e alla forma, ma è estremamente insicura. Altro tema sempre presente è l’ipocrisia. L'ingegner Guarienti, padre di Sebastiano, è separato da anni dalla moglie e la tradiva anche prima della separazione, ma non vuole il divorzio perché tiene alle apparenze, e per lo stesso motivo è importante per lui passare le vacanze natalizie con tutta la dispersa famiglia. Gianni Farinetti spiega così il tema dell’omosessualità, sempre presente nei suoi romanzi, quasi che si trattasse di una sfida personale: “E in parte lo è. Io vengo dalle esperienze del FUORI e da una dichiarata militanza sul tema. Ancora oggi introdurre personaggi omosessuali nei miei romanzi è la mia parte politica. Mi serve per rompere dei cliché e per creare opere più libere e più vere”.