La dodicesima edizione di “Resistenze di Oggi - Informare per resitere” il 2 aprile scorso ha aperto la riflessione sui valori fondanti della democrazia, il legame tra Resistenza e la Carta Costituzionale con Pier Luigi Bersani. Giovedì 10 aprile, alle ore 21, presso lo spazio incontri della Fondazione Crc di Cuneo, in via Roma, 17, si terrà l’incontro intitolato “Fascismo e antifascismo. Una nazione che non ha fatto i conti con il Ventennio” con Gianni Oliva, storico e giornalista.
La presentazione dell’evento: “Il passato che non passa, la rimozione collettiva delle responsabilità, il salto degli italiani sul carro dei vincitori fingendo che il fascismo lo avessimo subito e che quindi il 25 aprile avessimo vinto la guerra, per arrivare ad una epurazione mancata perché per eliminare una classe dirigente (fascista) bisognava averne un’altra a disposizione (cosa impossibile poiché quasi tutto e tutti erano stati fascisti). Ad ottant’anni da questi fatti, tra tante finzioni e doppiogiochismi, non si è ancora riusciti a realizzare una condivisa memoria collettiva, mentre pesa ancora su tutti noi la frase attribuita a Winston Churchill e che Gianni Oliva mette in premessa del suo libro “45 milioni di antifascisti. Il voltafaccia di una nazione che non ha fatto i conti con il Ventennio”: In Italia sino al 25 luglio c’erano 45 milioni di fascisti; dal giorno dopo, 45 milioni di antifascisti. Ma non mi risulta che l’Italia abbia 90 milioni di abitanti”.
Gianni Oliva dichiara: “Alla fine del 1943 i partigiani erano circa 18 mila mentre i volontari fascisti che partirono per Salò erano oltre 200mila. Finita la guerra in 235 mila hanno ricevuto la qualifica di Partigiano ma a fare domanda sono stati oltre 600 mila. È evidente che c’è stato un passaggio da una posizione all’altra, molti che erano fascisti sono poi entrati nelle formazioni partigiane, alcuni per sincera conversione, ma moltissimi altri per puro opportunismo, come disse Ferruccio Parri, capo partigiano e primo presidente del Consiglio nell’Italia repubblicana, se era comprensibile che l’intera classe dirigente del Paese non venisse epurata, era abbastanza indecente che un intero popolo si fosse autoassolto in poche ore”.
Il passaggio dalla dittatura alla democrazia senza domandarsi di chi furono le colpe, facendo passare una sconfitta per una vittoria, non ha permesso di chiudere i conti ma li ha tenuti aperti fino ad oggi. Conoscere il passato è necessario per comprendere, e non per giustificare.