Sabato 1 giugno con Weeds (Airportman e Tommaso Cerasuolo) torna “live in Yurta”, il festival musicale che si tiene all'interno di una tenda mongola montata a Cascina La Torretta, nelle campagne di Roata Chiusani. Da due estati, quella yurta, è il punto di riferimento per tutti gli appassionati di musica in cerca di proposte alternative ed è diventata espressione di un sentire comune dei suoi frequentatori più assidui, di esseri umani che credono ancora nella possibilità di un mondo diverso se si percorre la via della semplicità e della genuinità, di chi sa ancora vedere la bellezza della notte stellata, dell'altezza del grano nei campi intorno, dell'apparizione della luna piena in un cielo coperto di nubi, nel sorriso di un amico che accarezza un gatto di campagna...Una perla preziosa dell'underground cuneese, da proteggere o -per chi ancora non la conoscesse- assolutamente da scoprire. Nell'attesa del primo concerto estivo, abbiamo fatto una chiacchierata con Giovanni Risso, ideatore del festival, musicista e fondatore, insieme a Marco Lamberti, degli Airportman per parlare del festival, dell'ultimo disco firmato Airportman, dell'importanza di restare veri...
Sono passati più di due anni da quel “freddo fine settimana di febbraio” in cui la yurta di un musicista gallese è stata montata nel cortile di una vecchia cascina (ne avevamo parlato QUI). Il tempo passa – in fretta o lentamente- e ci sono oggetti e spazi capaci di evocare attimi e ricordi che la nostra memoria per qualche motivo aveva dimenticato. Come la yurta che, dentro quel campo di Roata Chiusani, si staglia contro il cielo. Mi fai un bilancio emozionale?
“Eh si, sono passati più di due anni ormai, il tempo passa, due anni di eventi e ci si appresta ad inaugurare il terzo anno consecutivo; cosa è successo? É successo che la yurta è diventata un 'luogo', ha preso una sua identità ed il festival è diventato un appuntamento per il nostro 'popolo della yurta'. Si è creata una sorta di comunità, si viene in yurta non solo per il concerto ma per passare del tempo insieme, una sorta di sentire comune, una ricerca di una visione diversa; lo si vede dagli sguardi, dalle parole, è diventato uno spazio 'altro' dove ad emergere è la nostra umanità, o almeno questa è la mia sensazione, non solo del pubblico ma anche degli artisti, che 'suonano' in modo diverso le proprie canzoni e queste a loro volta arrivano dritte nello stomaco all’interno di quel piccolo spazio ovattato, tutto molto bello insomma!”.
Le stagioni della natura e della vita, insieme allo scorrere del tempo sono temi che tornano nella produzione Airportman. Nella prima data del festival presenterete “Ed è subito autunno”. Il titolo e la fotografia in copertina sono evocativi di un sentimento della malinconia che prende vita dalle vostre due chitarre. In questo disco avete scarnificato i suoni, cercato l'essenzialità, la purezza, il silenzio. Quand'è che, improvviso, arriva l'autunno?
“Ed è subito autunno' è il nostro ultimo lavoro che uscirà proprio il primo giugno (la prima data in yurta); in questo lavoro abbiamo provato a descrivere quella sensazione di felicità mista a malinconia che genera un abbandono, un po’ come se in un pieno giorno di estate sopraggiungesse improvviso l’autunno; senti ancora addosso tutto il tepore delle giornate calde, ma ti ritrovi avvolto di colpo in una giornata uggiosa. È il sentimento che genera una partenza, non per forza dolorosa, il sentimento di un padre che vede i propri figli spiccare il volo, la felicità, la preoccupazione ed il senso di mancanza. Io e Marco Lamberti (Tibu) ci siamo semplicemente trovati uno di fronte all’altro, due chitarre, un dialogo diretto, scarno, senza filtri o sovra incisioni, un analisi sincera e diretta di questo sentimento tentando di tradurlo in musica”.
Ci sono musicisti che hanno la musica dentro. Più di altri. Per il modo che hanno di suonarla, di sentirla, di viverla...Se fotografi concerti (ne ho fotografati parecchi negli ultimi due anni) lo senti e lo vedi in maniera ancora più forte. Quindi ti domando: che cos'è per voi la musica (quella che avete fatto, quella che fate, quella che farete ma ancora non c'è...)?
“La nostra musica è una seduta di psicoanalisi, per noi ovviamente, un modo per scavare dentro, per descrivere, per dare dei confini ai sentimenti, per dare loro un suono, per raccontare pezzi di vita, per riconoscerci sempre, per sentirci sempre vivi, un modo per dare un suono a qualcosa di indescrivibile, piccole fotografie di memoria e un amicizia che dura da quarant’anni!”.
Viviamo in tempi non facili. Tempi di individualismo e finzione, in cui non ci domandiamo neanche più se siamo felici preferendo alla felicità l'illusione di acquistarne la sua idea. Quanto è importante mantenere vivo un festival come questo, in un angolo di provincia “soleggiato e senza vento”? E quanto e difficile ma importante, oggi, restare veri? Come artisti, come musicisti, come esseri umani...
“È l’unico modo per ritrovare quel senso di 'umanità' di cui parlavo prima, penso davvero che sia indispensabile, oggi più che mai, avere spazi come questo dove le persone si ritrovano ad essere 'persone'. In questo angolo 'soleggiato e senza vento' si respira questo sentire comune, uno spazio inclusivo dove sono tutti ben accetti, dove confrontarsi, anche direttamente con l’artista, che, con questa intimità, riesce a connettersi con il pubblico in modo sincero e diretto! I concerti in yurta sono davvero qualcosa di diverso. Da noi in campagna, quando eravamo ragazzini, specie nel periodo autunnale, con la raccolta a mano delle pannocchie del mais, c’era un usanza: i vicini di casa, amici o semplicemente conoscenti si radunavano a turno nelle varie cascine per 'despoi', il termine indica una lavorazione fatta a mano nella quale la pannocchia veniva spogliata delle sue foglie, ci si ritrovava sotto il portico, e si andava avanti sino a tarda notte con canti, racconti e ovviamente buon vino; ricordo esattamente quelle serate alle quali assistevo dalla camera al primo piano! Ecco quella è la sensazione che ritrovo in yurta!”.
A proposito di provincia, a luglio arriverà una band che amiamo molto entrambi per suonare nella yurta la sua “Musica di Provincia”. E nella line up ci sono tanti artisti interessanti. Non vedo l'ora. Sarà bellissimo!
“esterina nel cuore SEMPRE!! Verranno a trovarci il 13 luglio e ci faranno sentire quella meraviglia del loro nuovo lavoro 'Musica di Provincia'. É amore da sempre, quella loro attitudine a 'fare' il rock è unica, di una bellezza immensa e non vedo l’ora che ritornino nella nostra 'provincia'. Ma invito tutti a tutte le date! Se dovessi dare un titolo alla rassegna la chiamerei 'cantautorato altro', tutti artisti bravissimi che ci apriranno le porte di casa loro per raccontarci la loro vita! Inutile dire che si inizia con il botto il primo giugno: Weeds e le loro nuove interpretazioni delle canzoni della vita! Weeds conteneva già tutto lo spirito dei concerti in yurta, con Tommaso Cerasuolo, in quel lontano 2009, ci trovammo per scambiarci e condividere quelle canzoni che ci avevano segnato durante la vita, ne uscirono una manciata di reinterpretazioni che furono pubblicate in quell’unico disco, all’interno i nostri sentimenti ed i nostri suoni, i Cure, The The, Lloyd Cole and the Commotions, Echo & the bunnymen e molti altri. Vi invito tutti a seguire il calendario! Sarà bellissimo!!”.
Primo appuntamento con “live in Yurta” sabato 1 giugno con Weeds (Airportman e Tommaso Cerasuolo). Seguiranno: Giancarlo Frigieri + Opening di Guido Rossetti (sabato 15 giugno), John Qualcosa (sabato 22 giugno), Cecilia (sabato 6 luglio), esterina (sabato 13 luglio), Paolo Saporiti (sabato 20 luglio), Lalli e Stefano Risso (giovedì 25 luglio).
Ingresso libero. I concerti iniziano alle ore 21.