Sembra passato un secolo e invece sono giusto sedici mesi, oggi. Dal 12 giugno del 2023, il giorno della morte di Silvio Berlusconi, molto è cambiato nel mondo ma Forza Italia è ancora lì.
Non ci scommetteva quasi nessuno, tenuto conto di un trend tutto in discesa - cominciato già ben prima della dipartita terrena del “presidente eterno” - e degli appetiti voraci degli alleati. Prima la Lega divenuta tricolore di Salvini, poi i Fratelli d’Italia che Giorgia Meloni ha guidato dal pantano del 2% per l’alto mare aperto, pescando a strascico un bel po’ di elettorato ex berlusconiano. In una nemesi - imprevista pure questa - del celebre predellino, preludio allo scioglimento di An in quella Forza Italia allargata che fu il Pdl.
Sabato, appena prima di recarsi ad Alba per inaugurare la fiera del tartufo da ospite d’onore, Antonio Tajani ha incontrato a Cherasco il direttivo regionale e provinciale dei forzisti. Riabbracciando insieme ai due ministri piemontesi, Paolo Zangrillo e Gilberto Pichetto Fratin, il “padrone di casa” Alberto Cirio e anche una sua vecchia conoscenza: Enrico Costa, il figliol prodigo. Il segretario nazionale è stato ben felice di accoglierlo di nuovo, a differenza di altri ex forzisti - in testa Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna - che avevano tradito Arcore per accasarsi con Carlo Calenda in Azione.
Con Costa, però, è diverso. Non solo per la devozione a papà Raffaele di molti forzisti - Tajani fu suo portaborse -, ma perché con lui il feeling non è mai venuto meno. E perché Costa figlio, pur essendosi un po’ allontanato dalle dinamiche locali, a Cuneo continua a fare e disfare sotto l’egida del civismo. Suo, per interposto Luca Robaldo, è gran parte dell’enorme successo che la lista Cirio ha avuto alle ultime regionali: 12,2% in Piemonte, 22,9% nella Granda dove i “civici” scavalcano addirittura Fratelli d’Italia. E sempre a lui fa riferimento il Patto Civico per la Granda che ha raddoppiato i seggi alle ultime provinciali, da due a quattro. Numeri che sommati ai tre consiglieri di Forza Italia consegnano un’ipotetica maggioranza a quell’area moderata che sta fra centrodestra e centro-centro.
È il “modello Cuneo” vantato anche dal segretario provinciale degli azzurri Franco Graglia, tornato in Regione con un pieno di voti personali (quasi 7mila). Oggi è quello che gongola più di tutti e ha ragione di farlo, tenuto conto delle condizioni in cui aveva raccolto il partito dopo le dimissioni di Maurizio Paoletti, poi passato a Fratelli d’Italia. Privato dell’unico parlamentare alle scorse politiche, il fedelissimo di Cirio Marco Perosino, Forza Italia si era ritrovata senza rappresentanza anche in quattro delle sette sorelle: Fossano, Mondovì, Savigliano e Bra. A Cuneo, nelle comunali 2022, il partito aveva addirittura messo a segno il peggior risultato elettorale in tutti i capoluoghi italiani al voto: la miseria dell’1,45%. Altri tempi. Nel capoluogo i forzisti hanno guadagnato l’ex candidato sindaco Franco Civallero, mentre a Bra e Fossano hanno ripiantato la bandierina in sala consiliare - grazie rispettivamente ad Anna Messa e Giacomo Pellegrino (poi promosso assessore e surrogato da Mario Tortone) - e a Saluzzo si sono confermati con Cesare Battisti. Ad Alba, malgrado la sconfitta del suo sindaco Carlo Bo, Forza Italia tiene botta con Elisa Boschiazzo (la più votata in minoranza).
Insomma, chi ironizzava sul simbolo con la scritta “Berlusconi presidente” ripresentato anche alle europee, chiedendosi se il Cavaliere avrebbe preso voti da morto, si è dovuto ricredere. Malgrado lo scarso carisma personale, Tajani non è stato relegato al ruolo di curatore fallimentare e sui territori il partito riguadagna consensi: facendo impensierire (anche) gli alleati che credevano di farne un sol boccone. Soprattutto in Piemonte: “La regione del Nord Italia con la più alta percentuale di voti al partito degli Azzurri”, come non hanno mancato di ricordare i convenuti di Cherasco. C’è ancora voglia di moderatismo, a Cuneo, come sempre, più che altrove.