Editoriale pubblicato sul giornale cartaceo di Cuneodice.it in edicola giovedì 28 luglio (l'ultimo prima dello stop estivo, la pubblicazione riprenderà giovedì primo settembre).
A che ora è la fine del mondo? Proviamo a ironizzare con le parole di un vecchio successo di Luciano Ligabue, in quanto a leggere gli editoriali dei giornali nazionali la situazione del nostro Paese sembra davvero vicina all’apocalisse: un coro unanime di intellettuali è impegnato a spendersi in lodi sperticate all’operato di Mario Draghi, indicato come una sorta di uomo della provvidenza di cui l’Italia, l’Europa e forse anche il mondo non possono fare a meno. Dopo, il nulla. Le colonne di un giornale di provincia non sono la sede adatta per esprimere un giudizio sull’operato del Governo di unità nazionale, ma i nostri lettori ci consentiranno almeno di evidenziare le storture di una narrazione che, dietro all’adulazione acritica dell’uomo forte, nasconde una vera e propria crisi democratica.
Un lirismo che sulle pagine del Corriere della Sera ha toccato vette inesplorate dai tempi del ventennio fascista. E dire che l’autore delle righe che seguono, Antonio Scurati - padre di “M. Il figlio del secolo”, una romanzo su Benito Mussolini - dovrebbe avere ben chiaro il confine tra sdilinquimento e appello. Leggere per credere: "Durante tutta la sua vita, lei (Draghi, n.d.r.) ha bruciato le tappe di una carriera formidabile. Prima da Governatore della Banca d’Italia e poi da Presidente della BCE, lei ha retto le sorti di una nazione e di un continente. Le ha tenute in pugno con il piglio del dominatore, sorretto da una potente competenza, baciato dal successo, guadagnando una levatura internazionale, un prestigio globale, un posto di tutto rispetto nei libri di storia. Ha conosciuto il potere, quello vero, ha conosciuto la fama degli uomini illustri, la vertiginosa responsabilità di chi, da vette inarrivabili, decide quasi da solo della vita dei molti”. Fantozzi spostati, ma non c’è stato solo Scurati. Fino qualche giorno fa gli appelli all’ex presidente della BCE a rimanere al suo posto sono arrivati da parte di chiunque, perlomeno sui principali canali d’informazione: Confindustria, le Acli, l’Arci, Legambiente, sindaci e perfino un gruppo di neuroscienziati. “Gli italiani vogliono Draghi” hanno addirittura titolato alcuni giornali. Ora che c’è una data per le elezioni, viste con il fumo degli occhi da molti, sapremo se è effettivamente così. Tanto più considerando che molti di coloro che parteciperanno alla contesa nelle urne hanno già dichiarato l’adesione incondizionata al Draghi-pensiero. Il tutto a meno che da qualche parte venga stabilita d’ufficio l’inadeguatezza della classe politica italiana. E a dire il vero qualche indizio c’è. A fornirlo sono due a cui l’umiltà non fa difetto. Per informazioni rivolgersi a Matteo Renzi, che ha dichiarato: “Draghi lasci stare i partiti, ci indichi le priorità”. E Carlo Calenda: “Ci siamo rotti le palle di avere rappresentanti non all’altezza”.
Peccato che il compito di selezionare persone all’altezza spetti proprio alla classe dirigente (di cui loro fanno parte a pieno titolo), a maggior ragione con i listini bloccati. E allora che fare? Tornare a Platone? Nei suoi scritti il filosofo greco sosteneva che il potere politico dovesse essere gestito dai “sapienti”, da coloro che “sanno” e hanno le necessarie competenze. Resta un problema: come selezionare questi illuminati? A vedere com’è andata con il "Governo dei Migliori”, che ha riciclato i ferrivecchi della politica italiana degli ultimi vent’anni, viene da pensare che non si tratti di una panacea.
Paradossi a parte, qual è lo stato di salute di un Paese in cui tutti i partiti governano insieme facendosi dettare l’agenda da un “tecnico”? Può essere Fratelli d’Italia l’alternativa? All’opposizione a livello nazionale, ma saldamente alleata con Lega e Forza Italia. Giorgia Meloni offre davvero qualcosa di diverso rispetto all’esistente o cambia esclusivamente il canovaccio su temi di secondo piano buoni per le polemiche da bar?
E se il Movimento Cinque Stelle si sta sciogliendo come il ghiaccio in uno spritz in questi giorni di arsura estiva, il Partito Democratico sembra essere stordito dal rapido tramonto del “campo largo” ipotizzato fino all’altro ieri da Enrico Letta. Nonostante ciò la capacità di immaginare il futuro non può spettare ad altri se non alle forze oggi presenti in parlamento. Diceva Winston Churchill: “È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre fin qui sperimentate”. E che alle elezioni vinca il migliore. Con l’auspicio che ve ne sia uno. La storia ci insegna che i partiti deboli ammalorano la democrazia, ma anche che i “capipopolo” benedetti dalla stampa e dalle classi dominanti la uccidono.