Nella giornata di ieri (martedì 9 gennaio) al Tempio Adriano di Roma è stato presentato il simbolo di "Civica e Popolare", la lista che fa capo al ministro della salute, Beatrice Lorenzin, e che correrà alle prossime elezioni politiche del 4 marzo alleata al Partito Democratico.
Il nuovo progetto nasce dall'unione di diverse forze politiche (Italia dei Valori, Centristi per l'Europa, Unione per il Trentino, Italia è Popolare e Alternativa Popolare), i cui loghi sono tutti presenti nel nuovo simbolo nella cui parte superiore campeggia un fiore, ideato da un bambino.
Un autorevole esponente di questa nuova forza politica è il vice-ministro dell'agricoltura, il senatore cuneese Andrea Olivero, che abbiamo incontrato a margine della presentazione.
D. senatore Olivero, soddisfatto della giornata?
R. Sì, assolutamente soddisfatto.
D. La sensazione, nel vedere così tante persone con alle spalle esperienze politiche diverse, è che si tratti di un cartello elettorale.
R. Assolutamente no. Non si tratta di un cartello elettorale. Oggi è nato un progetto politico che ha l'ambizione di andare al di là dell'appuntamento elettorale del 4 marzo, che naturalmente rappresenta il primo importante banco di prova. Oggi, siamo partiti insieme verso un percorso comune di ampio respiro.
D. A chi si rivolge Civica e Popolare?
R. A quell'area di centro che non è mai entrata pienamente nel Partito Democratico e che oggi chiede di essere rappresentata. Peraltro, un'area che proprio nella provincia di Cuneo è chiaramente visibile in quelle tante liste civiche che, pur alleandosi ed essendo fedeli al centrosinistra a Cuneo ed in Piemonte, non vogliono entrare nel PD perchè hanno sensibilità e culture politiche diverse. L'obiettivo è quello di costruire insieme un centrosinistra plurale per governare insieme.
D. La pluralità è una ricchezza, talvolta però rappresenta anche una difficoltà nel riuscire a trovare una sintesi.
R. E' evidente che il mettere insieme culture diverse fa sì che qualcuno storca il naso perchè è molto più semplice trovarsi d'accordo tra chi ha idendità di vedute, tuttavia, anche nella loro diversità, le forze che fanno parte di Civica e Popolare sono apertamente schierate con il centrosinistra. Sono tutte persone la cui collocazione è comprovata, persone a cui le offerte non mancavano e che avrebbero potuto tranquillamente andare da altre parti e che invece hanno deciso di restare in quest'area.
D. Anche Cicchitto? Fa un po' specie vederlo lì.
R. Certo, anche Cicchitto che è stato uno dei primi a rompere con Berlusconi ed è stato sempre fermissimo nel sostenere i governi Letta, Renzi e Gentiloni. Non è una quisquilia, sono cinque anni di lavoro e di coerenza. Cicchitto non ha mai avuto il minimo ripensamento, non ha mai provato a tornare sui suoi passi. Poi, parliamoci chiaro, in politica ognuno risponde per sè, ma è naturale che io ragiono con chi vuol ragionare con me. Non posso fare lo screening agli altri. La verità è che non stiamo ragionando tanto su ciò che siamo stati, ma su ciò che vogliamo essere e fare a livello nazionale ed a livello locale.
D. Ma in fondo, cosa vi differenzia dal Partito Democratico?
R. Innanzitutto l'attenzione ai cosiddetti "corpi intermedi" Il PD, soprattutto a guida renziana, è un partito piuttosto verticistico che tende ad avere un forte centralismo. Noi vogliamo dialogare con la società civile e fare nostre le istanze che arrivano da lì. E' il nome stesso "Civica Popolare" a dirlo. Una grande attenzione meritano poi le organizzazioni dei lavoratori e le attività produttive, che non sono state molto considerate nell'ultimo periodo. Infine, forse la cosa più importante per noi: vogliamo che venga posta l'attenzione agli enti locali ed all'autonomia dei nostri comuni.
D. Cosa significa attenzione agli enti locali e autonomia dei comuni?
R. Significa che non è possibile che i sindaci, che sono per più del 90% dei cittadini, l'unica istituzione alla quale si rivolgono, siano completamente abbandonati. E' una cosa che non possiamo permetterci. Abbiamo costruito un modello istituzionale regionalista che sostanzialmente è di nuovo centralista e dunque non è vicino al cittadino. Occorre rivedere il rapporto tra lo stato centrale e gli enti locali.
D. E come pensate di intervenire?
R. Mettendo mano ad alcune riforme, come quella Delrio sulle province, che obiettivamente non hanno funzionato. E' una questione che porteremo con forza come una delle prime tematiche da affrontare. La Provincia di Cuneo, con i suoi 250 comuni, forse più di tutti gli altri, ha pagato la nuova gestione della Provincia. Dobbiamo studiare una formula più "leggera" rispetto al passato, ma le province devono tornare ad avere rappresentanza. Non possiamo pensare che il suo ruolo resti così marginale come lo è stato in questa fase. Sulle forme si può discutere, però il tema della rappresentanza va affrontato perchè così come sono oggi non funzionano. La Provincia di Cuneo, ad esempio, ha un ottimo presidente che si impegna molto per la causa e che però non può fare nulla perchè non ci sono i fondi per coprire i costi degli interventi da fare. E poi anche il referendum costituzionale, bisogna prenderne atto, ha sancito che le province devono esserci, dunque occorrerà agire in tal senso.