Carlo Calenda ed Enrico Costa ormai fanno vita da separati in casa all’interno di Azione. Un malessere che il deputato di Mondovì ha reso palpabile due settimane fa, dimettendosi da vicesegretario nazionale. Ma non è questione di incarichi, dietro c’è un dissidio netto rispetto alla linea politica indicata dal leader, quella di un “centro che guarda a sinistra” e che non piace per nulla all’ex ministro - e non solo a lui.
“Azione dovrà fare le sue valutazioni. Penso che se si dovesse arrivare a entrare in un ‘triplete rosso’ alle regionali di Emilia, Umbria e Liguria, non verrebbe letta come una scelta locale ma come una traiettoria nazionale”: così Costa commenta, intervistato da Il Tempo, l’eventualità che il suo partito replichi in tutti i prossimi impegni elettorali il “modello Perugia” da lui pubblicamente esecrato, ovvero il “campo larghissimo” che sotto l’egida del Partito Democratico abbraccia l’intero arco delle opposizioni al centrodestra, da Avs e 5 Stelle fino, appunto, ad Azione.
“A livello locale vedo che c’è un percorso avviato con quelli che stavano in quella piazza contro Toti. Vengono i brividi al solo pensiero” aggiunge il “super garantista”, ispiratore - tra l’altro - dell’emendamento che ha messo la mordacchia alla stampa sulla pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare. Le critiche del parlamentare sono rivolte, oltre che a Calenda, anche a Renzi: “Mi sembra che Renzi abbia fatto una scelta di campo e si stia producendo in ripetute prove di fedeltà, a costo di digerire posizioni opposte alle sue convinzioni”. Ma per lui, avvete, il futuro non è in un campo largo che “non va d’accordo su niente, su ambiente, politica estera, fisco, sicurezza. Vanno solo d’accordo quando si tratta di abbattere l’avversario politico per via giudiziaria”.
Critiche condivise dal suo “fratello separato” in Italia Viva, Luigi Marattin, che regala commenti al vetriolo sul famoso abbraccio di Renzi e Schlein sul campo da gioco: “Ho fatto l’errore di pensare che una partita di calcio fosse cosa diversa dalla politica. Evidentemente la deriva di confondere politica con le curve ultrà è ormai inarrestabile”. Marattin continua a invocare a gran voce il congresso e a sponsorizzare, insieme al sodale, la petizione rivolta a chi crede in “un progetto politico per non rassegnarci al bipolarismo”. Su Change.org l’appello della premiata ditta Costa-Marattin ha superato le settemila firme.
Possibile che tutto questo, come azzardano vari aruspici dei retroscena politici, sia il preludio a una fuga in Forza Italia entro l’autunno, dove peraltro Tajani sembrerebbe entusiasta di riaccogliere il “figliol prodigo” e le truppe che condurrà con sé? Costa (e Marattin) dicono che l’obiettivo è un altro: rilanciare il terzo polo, stavolta senza l’ingombro dei personalismi di Calenda e Renzi che hanno portato al suicidio delle europee. L’autunno sarà l’ora delle decisioni irrevocabili anche su questo fronte. Più o meno nel periodo in cui si voterà in tre regioni, forse proprio con schemi che ricalcano l’esecrato “modello Perugia”, è previsto il congresso di Azione in Piemonte. Nel partito oggi commissariato proprio da Costa si profila un redde rationem tra chi sostiene l’opzione terzapolista e l’alleanza col centrodestra in Regione, come la coppia ex azzurra Osvaldo Napoli-Daniela Ruffino e appunto i costiani, e chi incarna la nuova tendenza “perugina” vagheggiata da Calenda, ovvero l’ex segretario regionale Gianluca Susta e il vicesindaco di Alessandria Giovanni Barosini, promosso un mese fa in ossequio ai dettami del “campo larghissimo”.