CUNEO - Candidature, il Pd conferma la regola dei tre mandati (con deroghe per i big)

Non saranno candidati neanche i sindaci di città sopra i 20mila abitanti e i consiglieri regionali, salvo che siano all’ultimo anno di mandato: sfuma l’ipotesi Marello

Andrea Cascioli 28/07/2022 12:40

Lo storico Tito Livio racconta che nel 321 a.c., dopo una disastrosa sconfitta nelle gole di Caudio, i legionari romani furono umiliati e costretti dai nemici sanniti a passare, disarmati e forse nudi, al di sotto di un giogo (le “forche”). Di qui l’espressione “passare sotto le forche caudine”, entrata nel parlare comune.
 
Il regolamento per le candidature che il Partito Democratico ha approvato in Direzione nazionale certo non arriva a tanto, ma impone agli aspiranti eletti (e rieletti) una serie di vincoli che vanno ad aggiungersi a quelli - strutturali - derivanti dal taglio di ben 345 seggi parlamentari. Nello specifico, il Pd ha confermato il limite dei tre mandati consecutivi previsto dallo statuto e già applicato nel 2018, con l’aggiunta di ulteriori profili di incandidabilità. Non verranno sottoposti al giudizio degli elettori i sindaci di comuni sopra i ventimila abitanti, né i componenti di organismi esecutivi e assembleari delle regioni (ovvero assessori e consiglieri in carica).
 
Tra gli esponenti più in vista del partito nella Granda, il regolamento esclude il consigliere regionale Maurizio Marello, il cui nome era circolato nei giorni scorsi come possibile candidato. Il “paletto” dei ventimila amministrati per i sindaci avrebbe effetti curiosi nella nostra provincia, se preso alla lettera: ne risulterebbero esclusi in automatico la neosindaco di Cuneo Patrizia Manassero (che peraltro parlamentare lo è già stata) e il collega di Bra Gianni Fogliato, mentre il sindaco di Saluzzo e segretario provinciale del Pd Stefano Calderoni rientrerebbe nel novero dei papabili - stanti le ridotte dimensioni dell’ex capitale del marchesato. Va detto che nessuno di coloro che sono stati nominati, per quanto è dato sapere, nutre l’ambizione di competere per Montecitorio o palazzo Madama. La presenza di tre collegi uninominali considerati “blindati” per il centrodestra e l’impossibilità di assicurarsi un posto appetibile nel plurinominale (qui l’unico seggio sicuro andrà all’uscente Gribaudo, alla Camera) fanno sì che il Pd si trovi nella situazione opposta rispetto agli avversari. Se per il centrodestra si tratta di sfoltire i nomi degli aspiranti, per i democratici il problema sarà trovare qualcuno disposto ad affrontare la contesa.
 
Chi dorme sonni tranquilli, come si diceva, è la borgarina Chiara Gribaudo: per lei, eletta nel 2013 e rieletta nel 2018, si prospetta una conferma al primo posto del listino proporzionale che ne garantirebbe la rielezione. Il nodo del terzo mandato nel suo caso si porrebbe semmai alla fine della prossima legislatura, ma qui parliamo davvero di futuro remoto, per i tempi della politica.
 
A proposito di futuro: si diceva che le regole autoimposte dai dem sono piuttosto stringenti. Quel che però bisogna precisare è che, come molto spesso accade, le scappatoie non mancano. Una pare tagliata su misura per Nicola Zingaretti (ex segretario e governatore regionale in scadenza a marzo 2023) e per un po’ di consiglieri laziali e lombardi che aspirano al grande salto. Riguarda la clausola che esclude gli eletti in “Regioni che si trovino nell’ultimo anno di legislatura” dall’incandidabilità assoluta: in questo caso, a esprimersi sulle deroghe sarà la stessa direzione nazionale, su richiesta del segretario e cioè Letta. Altra deroga già prevista dal regolamento è concessa in automatico a “coloro i quali ricoprono o abbiano ricoperto la carica di segretario nazionale, di presidente del Consiglio dei ministri e di ministro della Repubblica”. Una norma salva-big, si potrebbe dire, che fa rientrare nel novero un buon numero di ex segretari o ex ministri la cui permanenza in parlamento supera talvolta di parecchio i quindici anni: il già citato Zingaretti, ma anche gli attuali ministri Dario Franceschini (deputato dal 2001) e Andrea Orlando (dal 2006), oltre agli ex Piero Fassino, Roberta Pinotti, Paola De Micheli, Marianna Madia, Barbara Pollastrini, Beatrice Lorenzin, Francesco Boccia e Marco Minniti. A rischio esclusione sono invece alcuni nomi noti, tra cui Emanuele Fiano: sul salvacondotto si esprimerà la Commissione elettorale di garanzia e poi la Direzione di agosto. Come si suol dire, la legge a volte si applica e altre volte si interpreta.

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