Negli ultimi mesi si è sentito, sempre più spesso, portare la montagna al centro del dibattito sul tema dell’immigrazione. Che cosa c’entra? Probabilmente nulla, se non che a parere di alcuni le nostre vallate sarebbero il luogo ideale per ospitare centinaia di migranti. Ogni rifugiato frutterebbe migliaia di euro per le casse del comune solamente nel nome di una carità discutibile, senza tener conto che il richiedente asilo svolgerebbe attività lavorativa solo se disponibile a farlo.
La nostra povera montagna da anni cerca di sopravvivere tra le poche risorse, la cancellazione di un sicuro punto di riferimento come le comunità montane e l’ avvio stentato delle sostituenti “unioni”. Oggi la situazione non è cambiata e i sindaci che durante l’inverno spalano la neve non sono l’eccezione, ma la regola. Anziani soli, servizi essenziali ridotti al lumicino e piccoli comuni che arrancano grazie a qualche amministratore coraggioso gravato da molte responsabilità e “gratificato” da compensi irrisori.
A tutta questa miseria aggiungere altra miseria è assurdo e irresponsabile. Non si aiuta la montagna riempiendo qualche hotel ammuffito o dando un contributo una tantum ai comuni. Per ripartire, le nostre valli hanno bisogno di interventi concreti, partendo dai bisogni del territorio, ma la legge Carlotto sulla Montagna approvata dal Parlamento nel lontano 1994 è ancora ferma in attesa dei decreti attuativi.
Occorrono coraggio e buona volontà per non far morire la montagna, ma anche intelligenza e lungimiranza. Diamo forza e risorse alla nostra gente, dopodiché potremo anche chiederle di essere solidale.