“In Consiglio Provinciale ci sono personalità che hanno dato dimostrazione di sapere lavorare in squadra, al di là delle appartenenze. Intendo rafforzare questo spirito per tornare a quel ‘metodo Cuneo’ che ha consentito al Cuneese di crescere come e meglio di altre realtà”: parola di Luca Robaldo, sindaco di Mondovì in carica da giugno e candidato alla presidenza della Provincia.
Robaldo ha annunciato venerdì scorso la discesa in campo, raccogliendo l’appello promosso dal buschese Marco Gallo e da sessanta sindaci della Granda. La sua lista si chiamerà “Patto Civico per la Granda”, prendendo spunto dal nome della coalizione che lo ha sostenuto a Mondovì e che prima di lui aveva portato in municipio Paolo Adriano. A trentasette anni appena compiuti, Robaldo si candida a succedere a Federico Borgna alla guida dell’ente di area vasta: “Il tratto distintivo della mia presidenza - assicura - sarà quello della presenza, della disponibilità e della costanza: a sindaci e consiglieri comunali vanno date risposte e garantito impegno, a partire da coloro i quali hanno la responsabilità di amministrare piccoli Comuni. Questo ho sempre fatto nella mia professione e, a maggior ragione, questo farò se sarò chiamato a governare la Granda. Daremo vita, tutti insieme, alla ‘Squadra Granda’ e ne faranno parte, oltre agli amministratori, anche cittadini e rappresentanti di associazioni, per ricostituire quel legame con la Provincia che le norme hanno affievolito”.
La parola d’ordine è “trasversalità”, ma all’ex capo della segreteria di Cirio - in precedenza assistente parlamentare di Enrico Costa - non è riuscita l’impresa di ricostruire la coalizione allargata che aveva sostenuto Borgna, con centrodestra, Pd e Azione insieme. Il centrodestra stavolta va per la sua strada,
appoggiando la candidatura del sindaco di Lagnasco Roberto Dalmazzo. Robaldo comunque non rinuncia a fare appello a tutti senza badare ad etichette di partito, anzi rivendicando un cuneesissimo moderatismo:
“Ci sono questioni che non possono essere trattate con il solo punto di vista della politica di parte. Penso, ad esempio, a tutto ciò che riguarda la montagna, al modello di sviluppo di qui al 2050, penso al rapporto con le unioni montane, le unioni e le associazioni di comuni”.
“La legge - conclude - dice che il presidente della Provincia deve essere un sindaco. A maggiore ragione, quindi, non può limitarsi al ruolo di indirizzo in seno al Consiglio Provinciale ma deve farsi interprete delle esigenze, anche delle difficoltà, che alcune aree hanno e lavorare al fianco degli amministratori per agevolarne la risoluzione”.