Bisogna tornare indietro di parecchi anni, per capire da dove nasca l’ostilità - non solo personale - tra William Casoni e la sua nemesi, quella componente identitaria che reclama spazio e considerazione anche fuori dalle scadenze congressuali.
Era il 1994 quando un allora 36enne agente di commercio, arrivato da Reggio Emilia, venne nominato da Gianfranco Fini alla guida della neonata Alleanza Nazionale in provincia di Cuneo. A Casoni non ha mai fatto difetto quello che nel calcio viene chiamato il “senso della posizione”. Nel giro di un anno sarebbe arrivata la prima candidatura, vincente, in Consiglio regionale: da lì una scalata ininterrotta, assessore ai trasporti, vicepresidente, sempre sotto l’ala di Ugo Martinat, nume tutelare del missinismo torinese e poi della corrente filoberlusconiana della “destra protagonista”.
Casoni portava in dote i voti, ma la base ex missina non si è mai fidata fino in fondo del “papa straniero”. Tant’è che il partito, negli anni, lo ha gestito un’alleanza trasversale tenuta insieme proprio dall’intento di evitare che i casoniani mettessero sotto scacco anche la federazione: ne facevano parte l’industriale morettese Ambrogio Invernizzi, la destra sociale di Beppe Lauria, fedelissimo ieri come oggi di Gianni Alemanno, la fossanese Anna Mantini (più tardi folgorata sulla via di Pontida) e l’ex “federale” missino Paolo Chiarenza.
Oggi è quest’ultimo a portare avanti la fronda in un partito dove le correnti - in teoria - non esistono più. Ma non si saprebbe in quale altro modo definire un gruppo che nel frattempo si è dato anche un’articolazione associativa, denominata Panta rei, che si presenta questo pomeriggio (ore 17,45) al ristorante Villa Salina di Moretta. A presiederla è l’avvocato Carla Sapino, membro del “clan” Invernizzi. Insieme a lei ci sono poi il sindaco di Valdieri Guido Giordana, il consigliere saviglianese Maurizio Occelli e vari militanti “storici” della fu An e addirittura del Msi. Un caso a parte è quello di Maurizio Paoletti, ex sindaco di Boves, lunghi trascorsi in Forza Italia, che il culto della fiamma non lo ha mai coltivato: ad unirlo al gruppo è un generale scontento per come viene gestito il partito in provincia, cui si rimprovera soprattutto lo scarso radicamento.
Il tema è serio: di solo melonismo non si campa in eterno, avvertono i frondisti. Che per ribadire il loro niet alla linea del vertice hanno firmato, tutti quanti, la rinuncia all’unico posto nel coordinamento provinciale che spetterebbe alla minoranza: “Constatiamo - osservano - che la crescita del partito in questi anni è stata solo fisiologica, e la si deve essenzialmente all’azione di traino esercitata dal vertice nazionale, da Giorgia Meloni. Questa azione di traino è avvenuta in tutta Italia, ma in provincia di Cuneo è mancato il valore aggiunto dell’attività sul territorio, imprescindibile al di là dell’impegno della deputata e del consigliere regionale”.
Serve la militanza, dicono gli identitari, serve un partito che non sia solo un comitato elettorale, in modo da “non rischiare le negative esperienze e il ridimensionamento elettorale di partiti come Forza Italia, Lega, Movimento 5 Stelle”. Sono le considerazioni che Chiarenza - e non solo lui - faceva già ai tempi di An, ma nel frattempo la politica è andata in direzione opposta: basti dire che Fratelli d’Italia a Cuneo ha aspettato dodici anni prima di aprire - sotto elezioni - una sede nel capoluogo. “Alle varie riunioni promosse dalle istituzioni - continua il j’accuse - non ci si preoccupa di fare partecipare i nostri dirigenti: come li si istruisce, come li si fa conoscere? Nessuna riunione informativa per gli iscritti viene convocata sulla situazione politica nazionale e locale. Nessun parlamentare è invitato a tenere rapporti nella nostra provincia su temi di cui hanno competenza. Si è mai pensato per la formazione dei nostri giovani di incentivare chi può avviare una sia pur modesta “scuola di partito”? Nessuna adeguata istruzione sulle tematiche di rilievo viene data ai nostri amministratori. Anzi, per le recenti elezioni provinciali si sono rivolti ammonimenti per la destinazione del voto, anziché preoccuparsi di dichiarare perché ci si candidava in Provincia, e che cosa si volesse fare per la rinascita dell’Ente (battaglia storica della Destra). FdI, il vantato primo partito, non riesce ad essere tangibilmente presente nei grandi Comuni del cuneese. Scelte elettorali importanti sono frutto di decisioni verticistiche discutibili che spesso privilegiano candidati che non ci appartengono. Alle recenti elezioni regionali, per meri calcoli di parte, è stata compromessa la campagna elettorale di nostri validi candidati, con il risultato preoccupante che essi non sono fra i primi dei non eletti (Russo e Tassone)”.
Palesi sono le insufficienze sul piano organizzativo, dicono Chiarenza e gli altri: “I responsabili dei vari circoli non si conoscono o quasi fra di loro. La stessa cosa vale per i collegamenti con gli iscritti, numerosi dei quali sono capaci e da valorizzare. Scarsissima è la presenza di FdI sugli organi di informazione locali. L’ufficio stampa è fantasma. Non si conoscono le funzioni dei dipartimenti: chi sono gli incaricati e che cosa fanno? Latenti sono le situazioni di tensione personali all’interno della federazione che non si è in grado di rimuovere. Non si vuole capire che il Partito non è fatto solo dagli ‘eletti’ nelle istituzioni, ma da dirigenti istruiti ed attivi, da militanti che non vanno utilizzati solo come ‘galoppini’”.
Niente mezzi termini nel liquidare la leadership di Casoni, al vertice da nove anni: “Conduzione verticistica, personalistica, vuota di idee e iniziative, di immobilismo di fatto. Non c’è niente di personale in queste affermazioni: abbiamo sempre detto che Casoni ci può ben rappresentare in organismi istituzionali pubblici e in enti privati, ma guidare il partito non è il suo mestiere. Anche qui nel Coordinamento c’è chi è del nostro stesso avviso, ma non ha il coraggio di esprimerlo, a tutto danno dell’attività della federazione e del prestigio di Casoni stesso”.
A fare da “pontiere” tra le due anime del partito dovrebbe essere il consigliere regionale
Claudio Sacchetto. Prima dell’ultimo evento in Camera di Commercio, si è soffermato a lungo con Giordana e Chiarenza:
“Dobbiamo parlarci” insisteva, speranzoso, l’ex leghista. Ma la misura dell’incomunicabilità la dà la replica, pur misurata,
che Casoni ha concesso agli avversari: si parla del 34,71% delle ultime europee, ben sei punti sopra la media nazionale. Così come il 31,49% delle politiche 2022 vedeva
“uno spread” (sic) di 5,5 punti percentuali rispetto al dato italiano. I numeri, quelli elettorali come quelli della conta nel partito, sono sempre dalla sua. Ma mentre il “federale” parla di numeri, gli identitari parlano di scuola di formazione politica e di militanza. È come in quel vecchio film di Godard, con Anna Karina che rimprovera Belmondo:
“Tu mi parli con le parole, ed io ti guardo con i sentimenti”.