CUNEO - La Provincia torna alle urne (senza riforma). Il 29 settembre si rinnova il Consiglio

Saranno ancora una volta gli amministratori ad esprimersi, malgrado gli auspici di Calderoli. Centrodestra e centrosinistra pronti a pesarsi, con l’incognita Robaldo

Redazione 14/08/2024 13:25

Domenica 29 settembre si ritorna alle urne per eleggere il Consiglio provinciale di Cuneo. Stamattina il presidente Luca Robaldo ha firmato il decreto di indizione dei comizi elettorali, confermando la data già ipotizzata.
 
Sindaci, assessori e consiglieri comunali voteranno dalle 8 alle 20 per scegliere dodici consiglieri provinciali. I seggi sono quattro: a Cuneo (al Centro Incontri della Provincia), Alba (sottosezione 1 distaccata alla sede Reparto Viabilità a Roddi), Mondovì (sottosezione 2, alla sala comunale Luigi Scimè) e Saluzzo (sottosezione 3, presso la sala tematica del Quartiere, ex caserma Musso). Gli scrutini inizieranno alle 10 di lunedì 30 settembre. L’elezione del Consiglio - in questa tornata non è interessato il presidente - avviene sulla base di liste concorrenti formate da non meno di 6 candidati e non più di dodici, che devono essere sottoscritte da non meno del 5% degli aventi diritto al voto.
 
I voti sono ponderati, con i comuni suddivisi in cinque fasce diverse a seconda della demografia: la più numerosa è la fascia A (sotto i 3.000 abitanti), cui seguono la B (fino a 5.000 abitanti), la C (fino a 10.000), la D (fino a 30.000, con cinque delle sette sorelle, oltre a Busca, Borgo San Dalmazzo e Racconigi) e la E, con le sole Cuneo e Alba. Le candidature a consigliere provinciale vanno presentate all’ufficio elettorale in Provincia dalle 8 alle 20 dell’8 settembre e dalle 8 alle 12 del giorno 9.
 
Nulla è cambiato rispetto alla volta scorsa, malgrado gli auspici del ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli. Lo scorso ottobre, ospite di Confindustria, aveva detto e ribadito di credere che la riforma sarebbe potuta arrivare in tempo per un “election day” abbinato alle europee e alle amministrative. Non è stato così. Anzi della riforma per tornare all’elezione diretta del presidente e dei consiglieri si sono perse le tracce. C’è un disegno di legge delega a firma della sottosegretaria Wanda Ferro, il problema è trovare le risorse: Meloni nicchia e rimanda a dopo la manovra, ma in ballo ci sono tre elezioni regionali - in Liguria, Umbria ed Emilia-Romagna - dove il governo rischia di incassare una batosta. Sarebbe la prima, da che Meloni è in carica.
 
Di certo c’è che la riforma “svuotaprovince” attuale, quella varata dall’allora ministro Graziano Delrio, non piace a nessuno. Doveva essere provvisoria, in vista del referendum che poi venne bocciato e sancì la fine del governo Renzi. Il 7 aprile scorso, invece, ha compiuto dieci anni: in termini di risparmi, dice la Corte dei Conti, è valsa la miseria di 52 milioni, cioè 26 centesimi a cittadino. Tutto mentre le province mantengono le loro competenze e fanno i salti mortali per far quadrare i bilanci, tappare buche e riparare scuole.
 
Venendo al dato politico, a settembre si profila un “triello” che vedrà opposti centrodestra e centrosinistra, con in mezzo una lista centrista ispirata dal presidente Robaldo e da Azione. La novità è che quest’ultima è ormai lontanissima dalle sirene del Pd che garantirono a Robaldo l’elezione, a scapito del centrodestra che gli avrebbe preferito Roberto Dalmazzo. Si gioca per ora a carte coperte, in attesa di conoscere le liste. La volta scorsa La nostra provincia (espressione dei dem e del centrosinistra) e Ripartiamo dalla Granda (centrodestra) si erano ripartite i seggi, cinque a testa, lasciandone due a Granda in Azione. L’effimera esperienza dei Piccoli Comuni della Granda non aveva invece visto nessun eletto.
 
In due anni e mezzo le carte si sono rimescolate, tant’è che da La nostra provincia è dato in allontanamento - verso Azione - il sindaco di Venasca Silvano Dovetta, ex Forza Italia, che era stato il più votato. Anche con il sindaco di Dronero Mauro Astesano, dopo lo “sgarbo” dell’endorsement a Mauro Gola nella corsa a Fondazione CRC, i rapporti non sarebbero al massimo. Almeno una metà degli attuali consiglieri, in ogni caso, sarebbero propensi a non ricandidarsi per un altro mandato.

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