Si è chiusa domenica la due giorni organizzata dall’ex ministro e sindaco di Roma Gianni Alemanno a Orvieto, intitolata “Un movimento per l’Italia”. L’idea è quella di offrire una sintesi politica al mondo del dissenso che negli ultimi due anni, dal greenpass alla guerra in Ucraina, ha alternato piazze (talvolta) piene a urne vuote. C’erano fra gli altri Ugo Mattei, Franco Cardini, Diego Fusaro, oltre a una pletora di sigle quasi tutte afferenti a quella che fu la destra sociale di Alleanza Nazionale, tra cui Cantiere Identitario del cuneese Beppe Lauria.
Per la destra sociale il ritorno a Orvieto è come il ritorno a Itaca. Il Palazzo dei Capitani della città umbra fu infatti la storica sede dei raduni di corrente nei primi anni Duemila: Alemanno era ministro dell’Agricoltura, Francesco Storace presidente del Lazio. C’erano la rivista Area e figure semi mitiche della militanza prima missina e poi aennina come Teodoro Buontempo e Andrea Augello, entrambi venuti a mancare. Altri tempi. Per un’emblematica coincidenza voluta dal destino, Alemanno torna alle origini nel giorno in cui Giorgia Meloni va a Washington da Biden: il titolo di uno dei panel di Orvieto era “per non morire americani”. “Siamo scesi dal carro dei vincitori” proclama infatti l’ex genero di Pino Rauti.
Lauria, qualcuno in realtà maligna: sul carro dei vincitori non vi hanno fatti salire...
Le malignità si possono accettare, sta di fatto che l’uscita di Alemanno da Fratelli d’Italia, un anno fa, coincide con il manifesto contro la guerra. Rispetto ai nani che sono nel partito, non penso volessero fare a meno di una figura preparata: vogliamo paragonare Alemanno alla Santanché? Io, comunque, in Fratelli d’Italia non sono mai entrato: al massimo, potranno inventare che non mi avessero voluto dieci anni fa...
E dopo Orvieto cosa succederà? Pensate di essere già pronti per le europee e le regionali piemontesi del prossimo anno?
Orvieto ha avuto il significato di mettere assieme varie sigle che si opponevano alla guerra. Rispetto alla probabile indifferenza del governo, ci troveremo costretti, se ci saranno le condizioni, a creare un nuovo partito: è un progetto già parecchio in itinere. Sono iniziate interlocuzioni e sulla raccolta firme del referendum promosso dal comitato Fermare la guerra c’è stato un avvicinamento forte tra spezzoni della destra e della sinistra. Poi un mese fa è nata l’idea dell’iniziativa di Orvieto, dove abbiamo chiarito che alcune questioni non sono negoziabili: non è che siamo contro la Meloni, semmai siamo delusi dall’atteggiamento di una Meloni che è diventata più realista del re. Il posizionamento filo Ue e filo atlantista senza un minimo di ragionamento ci pone in una posizione opposta. Ma c’è anche altro, per esempio il fatto che in Italia, dal 2035, non potranno più essere prodotte auto non elettriche: a nessuno interessa?
Alle politiche nessuna delle liste no greenpass (Italexit, Italia Sovrana e Popolare, Vita) è arrivata vicina al 3%. In generale sembra che il tema non sia stato dirimente nemmeno per chi non si è vaccinato: nell’elettorato ce n’erano quattro milioni, senza contare i forzati, eppure i voti “dissidenti” sono stati un milione. Anche alle comunali di Cuneo il suo ruolo di capofila delle proteste no greenpass non si è tradotto in consensi. Non è che l’aver puntato troppo su una singola battaglia, o l’aver dato spazio a personaggi e tesi talvolta stravaganti, ha allontanato più elettori di quanti ne abbia fatti guadagnare?
Quello che ha allontanato l’elettorato e ha disilluso chi invece avrebbe votato non sono state le battaglie, quanto piuttosto la frammentazione: è stato un errore straordinario non mettersi d’accordo. Non neghiamo quello che è stato, consapevoli che in piazza c’era di tutto, ma se una fetta importante di popolazione non si riconosce in determinate posizioni è evidente che c’è una risposta politica da dare. E c’è da fare un discorso legato alla preparazione della classe dirigente e al recupero dei partiti. La politica è asfittica e appiattita, chi ha vinto le elezioni ieri parlava di blocco navale e oggi prevede 450mila ingressi di immigrati.
Alemanno ha ricordato che nel Msi e in An hanno sempre convissuto due destre, una sociale e una conservatrice-liberista, ma ora - sostiene - la Meloni ha cancellato la prima. Cuneo è per forza di cose la provincia più “crosettizzata” d’Italia, tuttavia in certe zone l’apparato che fu di An rimane egemone. Insomma, come stanno le cose?
Rispetto alle premesse, si sta realizzando il contrario: lo zoccolo duro è quello di chi ha pensato che l’esperienza di Alleanza Nazionale potesse proseguire in Fratelli d’Italia, ma oggi quel partito sta provando a scrollarsi di dosso tutto ciò che lo infastidisce. Non è normale che il capogruppo regionale sia una persona (Paolo Bongioanni, ndr) che non ha mai avuto esperienze politiche pregresse. A Torino hanno eliminato un candidato scomodo come Enrico Forzese per fare posto al nipote di Crosetto, ora si parla di metterlo nel listino delle regionali: si delinea un partito a conduzione familiare e di basso profilo.
E la Lega invece? Secondo Alemanno potrebbe essere un interlocutore più aperto nel centrodestra. A Orvieto però c’era l’ex pupillo di Buonanno, Paolo Tiramani, espulso dalla Lega dopo una dura contesa con Molinari. Non il miglior biglietto da visita per presentarsi a Salvini
Se è per questo al tavolo dei relatori c’era anche Pillon che è tuttora nella Lega. Non dobbiamo continuare a ragionare per compartimenti stagni. Io sono stato presidente nazionale degli amministratori no greenpass e mi rivolgerò anzitutto a chi è inserito in quella storia: sono loro gli interlocutori privilegiati e non tutti arrivano da destra. Da qui a ottobre vogliamo costruire un contenitore con identità forti, ma aperto a tante storie diverse e con un comune denominatore: la volontà di fermare la guerra in Ucraina, l’allentamento del servilismo verso l’Ue, la critica alla transizione verde e all’intelligenza artificiale.
Parliamo invece di quello che sta succedendo a Cuneo: Boselli prevede una spaccatura in maggioranza e una nuova resa dei conti tra Pd e Centro, come nel 2012. C’è da crederci?
No, perché questa maggioranza è prigioniera di cambiali firmate da altri. Mangeranno il panettone e anche la colomba e assisteremo al paradosso di un gruppo, quello di Azione all’interno di Centro per Cuneo, che alle regionali voterà con il centrodestra, contro il quale governa in città: a nessuno importerà niente. Il problema di fondo di un eventuale ribaltone è che mancano i soggetti per farlo: il centrodestra cittadino non è assolutamente in grado di prendere decisioni. Chiediamoci come mai Cuneo non abbia mai avuto un rappresentante di spessore nel centrodestra. L’uomo forte in città non ha mai fatto comodo a chi prende le decisioni da Cervere o da Alba ed è il motivo per cui sono sempre stato sabotato.
Ho letto anche l’elenco dei possibili candidati pubblicato su Cuneodice: mi pare che alcuni nomi debbano essere fatti perché altrimenti morirebbero nella loro inconsistenza, tanto le decisioni verranno prese altrove. L’unica cosa probabile è che Crosetto metta il nipote, perché lui può fare quello che vuole.
Chiudiamo con una nota personale: quella delle scorse comunali doveva essere la sua ultima campagna elettorale, avendo espresso il desiderio di lasciare il posto ad altri. Ci ha ripensato?
No, l’ho detto il giorno stesso delle elezioni e in tempi non sospetti ho chiesto alla prima esclusa di rendersi disponibile alla staffetta, per far entrare più persone possibile nel Consiglio comunale. Prima della fine del mandato Nicoleta Prisacaru entrerà in Consiglio al posto mio. Nel frattempo continuerò a fare le mie battaglie e mi dedicherò soprattutto a questo nuovo progetto, nel quale credo moltissimo.