Vince la coalizione di centrodestra trainata da Fratelli d’Italia, rispettando i pronostici dei sondaggisti. Ma le proporzioni del trionfo di Giorgia Meloni sono inattese non tanto per il risultato del suo partito (26%), quanto per i rapporti di forza con gli alleati Matteo Salvini e Silvio Berlusconi.
È soprattutto l’ex vicepremier e ministro dell’Interno leghista a subire un tracollo più imponente di quanto temesse alla vigilia. La Lega si ferma all’8,8%, ben al di sotto della soglia psicologica del 10% e a meno di un punto da Forza Italia, all’8,1% (la “quarta gamba” di Noi Moderati finisce allo 0,9%). Sembra inevitabile a questo punto che nel Carroccio si apra un “processo” alla leadership salviniana dal quale il segretario potrebbe anche uscire disarcionato.
Altrettanto drammatico è il quadro visto dal Nazareno. La sconfitta del Pd, al 19%, non è solo nei numeri (comunque migliori rispetto al 2018, quando il Pd ancora renziano finì al 18,7%) ma nell’impossibilità di proporsi come unico contraltare a un centrodestra per cui si prospetta una solida maggioranza sia alla Camera che al Senato. Enrico Letta ottiene a livello di coalizione un 26,1% lontanissimo dal 43,7% del centrodestra: tra gli alleati minori solo l’intesa Verdi-Sinistra Italiana passa la soglia di sbarramento (è al 3,6%), sotto il 3% restano invece Più Europa (2,8%) e Impegno Civico di Di Maio (0,6%), quest’ultima al di sotto anche dell’1% necessario per ottenere il recupero dei voti in coalizione.
Il Movimento 5 Stelle registra l’ottima tenuta nel Meridione che gli consente di attestarsi al 15,4% su base nazionale, terzo partito dopo FdI e Pd. In molti collegi del Sud i pentastellati di Giuseppe Conte sono ancora il primo partito, cosa che consentirà tra l’altro di portare a casa un discreto bottino in termini di collegi uninominali. Ai piedi del podio il cosiddetto “terzo polo”, finito in realtà quarto: l’alleanza tra Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi porta una sua truppa in parlamento con il 7,7%.
Nessuna delle formazioni “antisistema” arriva invece vicina alla fatidica soglia del 3% per l’ingresso in parlamento. ItalExit di Paragone si ferma all’1,9%, il cartello di sinistra Unione Popolare con De Magistris all’1,4%, Italia Sovrana e Popolare all’1,2%. Sotto l’1% i no vax di Vita (0,7%) e tutte le altre liste.