CUNEO - Coltivare kiwi nel 2024 è ancora un investimento “certo”?

Per rispondere a questa domanda in modo più esaustivo ci siamo spinti fino nell’Agro Pontino

Giulia Pistani, Alphagrow - Via Torino, 43/45 Saluzzo (CN) - info@alphagrow.it 28/10/2024 07:45

Coltivare kiwi nel 2024 è ancora un investimento “certo”? Per rispondere a questa domanda in modo più esaustivo ci siamo spinti fino nell’Agro Pontino. Com’è risaputo infatti è qui, tra Roma e Latina, dove il kiwi - actinidia deliciosa - dalla Nuova Zelanda ha trovato un nuovo habitat naturale già dalla fine degli anni ‘70.
 
Ma questo racconto ha origini più lontane. Nel 1810, Papa Pio VII, su impulso di Napoleone, nominò una commissione che propose l’uso di canali e il metodo delle colmate per migliorare il territorio. In 60 anni, circa 10.000 dei 19.000 ettari interessati furono asciugati, riducendo significativamente la malaria, favorendo la crescita di paesi come Terracina e migliorando l’agricoltura. Ma fu la spinta di Benito Mussolini tra il 1928 e il 1933 a portare a termine il progetto di Bonifica come lo conosciamo oggi: sono stati bonificati 500 km2 di terreno malarico e sono stati creati oltre 1.800 km di canali per la gestione delle acque. Questo imponente progetto ha sconfitto definitivamente la malaria e creato nuove aree agricole e nuclei abitativi, promuovendo nell’Agro Pontino l’insediamento di coloni, principalmente dal Veneto e dal Friuli.
 
In un ormai lontano post-guerra pervaso da un rinnovato ottimismo e da uno spirito di innovazione dopo decadi di repressione bellica, il kiwi trova in Latina terreni fertili ricchi di ferro e magnesio che, congiuntamente alle caratteristiche pedo-climatiche dell’areale e alle famiglie che sono accorse nella zona per la sua coltivazione, ne favoriscono la produzione facendo del Territorio una delle regioni produttive più importanti in Europa.
 
Oggi il quadro è ben diverso. A distanza di qualche decennio le differenze sono enormi. In primis, la maggior parte dei produttori di Kiwi oggi svolgono attività lavorative principali molto distanti da quella agricola. Si incontrano infatti Liberi professionisti, architetti, ingegneri o avvocati che hanno ereditato dai nonni, coloni Friulani o Veneti, come raccontavamo poc’anzi, aziende agricole di discrete dimensioni che hanno, per investimento o per passione, deciso di ampliare. Ma questi ormai grandi appezzamenti nel territorio di Latina, come quelli del Cuneese, rispondono ad importanti cambiamenti climatici, a un sempre ridotto ventaglio di fitofarmaci a disposizione rispetto a qualche anno fa, e a nuove condizioni Agronomiche che oggi convergono purtroppo nella tanto temuta quando nota moria del kiwi.
 
Non è sempre vero che “mal comune è mezzo gaudio”. Il problema lo conosciamo da anni anche nei terreni agricoli del Cuneese. Ora lo stesso è arrivato anche a Latina e voci più lontane parlano di moria del kiwi anche nella più Lontana Grecia. Siamo venuti in cerca di “piani B” per capire in questa zona, tanto vocata quanto Cuneo alla produzione del Kiwi, quali sono le alternative a stime di produzione complessivamente ridotte fino al 50%.
 
Gli umori sono prudenzialmente positivi anche se tutto indica che, con una disponibilità limitata di prodotto, i prezzi subiranno aumenti considerevoli. Aumenti intesi per il consumatore finale perché, come sappiamo, i costi fissi del produttore sostanzialmente restano invariati davanti a una produzione dimezzata. Una tradizione di generazioni volta al termine? Assolutamente no! I piani B sembrano esserci anche se hanno bisogno ancora di qualche “messa a punto”. Ed ecco che coltivare kiwi alle porte del 2025 riacquisisce il senso originale di investimento agricolo.
 
Malgrado queste avversità infatti (o grazie ad esse), centri di ricerca, breeders mondiali ed il mondo vivaistico più in generale, in stretta e diretta collaborazione con i tecnici dei centri di confezionamento e con i produttori, stanno cercando alternative che si adeguino perfettamente alle nuove condizioni endemiche, tanto nell’Agro Pontino quanto nel Cuneese. Non solo nuove varietà, ma nuove tecniche di innesto, nuove forme di propagazione del materiale vegetale così come nuovi portinnesti potrebbero nel breve periodo portare ad un rinnovo del panorama. Restiamo a guardare quindi, ma con un sempre rinnovato entusiasmo sapendo che qualcosa sta cambiando. Con uno sguardo rivolto al Cuneese e un altro verso Roma e Latina, in attesa delle nuove possibilità che riportino la produzione di Kiwi ai successi di un tempo non poi così lontano.

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