Il nocciolo in Piemonte è coltivato su una superficie totale che ammonta a 27.651,67 ha (dati Agristat- Regione Piemonte) una realtà produttiva in costante crescita come superfici nell’ultimo decennio, con aree che scelgono la corilicoltura anche in seguito alla crisi del comparto frutticolo o alle problematiche legate alla flavescenza dorata della vite che ha costretto molti viticoltori a espiantare e puntare sul nocciolo. Anche per i produttori frutticoli, alcuni in seguito ad una abbandono della peschicoltura non più remunerativa e altri in seguito alla batteriosi e alla moria dell’actinidia, si sono orientati sul nocciolo anche nelle zone di pianura.
In effetti il nocciolo con la varietà autoctona, Tonda Gentile Trilobata, ha le sue origini e diffusione nella zona dell’alta Langa, come coltura alternativa alle viti, diffusasi anche in seguito alle richieste delle industrie di trasformazioni dolciarie e artigiane delle varie zone del Piemonte, ma soprattutto dell’albese.
Il nocciolo in Piemonte trova la sua maggior diffusione in provincia di Cuneo, con circa 16.587,28 ha, dove la fa da padrona nel panorama regionale, con una diffusione sicuramente nella zona dell’albese, ma anche in altre realtà provinciali, come il monregalese, nelle zone di Piozzo e Carrù, ma anche nelle pianure che da Cuneo portano a Saluzzo, come nelle zone di Busca e Dronero.
La coltivazione del nocciolo si è diffusa molto in questi anni anche per i contenuti costi di investimento iniziali e con dei costi di produzione annuali contenuti.
La Tonda Gentile Trilobata ha delle caratteristiche che la contraddistinguono dalle altre varietà italiane (Romana e Giffoni), è infatti molto apprezzata dalle aziende di trasformazione per la buona resa alla sgusciatura ( dal 44 al 48% circa) e per l’alto grado di pelabilità della nocciola stessa, che la rendono idonea alla pasticceria di alta qualità, oltre all’aroma e al colore che la contraddistinguono dalle altre.
Per quanto riguarda l’annata in corso, l’andamento stagionale non sembra aver favorito la coltura del nocciolo, almeno in Piemonte, dove allo stato attuale le stime di produzione sembrano molto basse, legate probabilmente al clima primaverile, molto piovoso e umido che ha inciso sulla fecondazione dei fiori. A inizio stagione la presenza di nocciole sembrava buona ma poi con il passare dei mesi si è intensificata la cascola pre-raccolta che alla fine ha inciso molto sulla produzione ancora presente sulla pianta.
Tra pochi giorni, in genere verso fine agosto, inizieranno le operazioni di raccolta, precedute da una serie di lavorazioni meccaniche o diserbo per la preparazione del terreno di coltivazione, liberandolo da infestanti che potrebbero ostacolare la funzionalità delle macchine operatrici. In genere la raccolta della nocciola, ormai completamente meccanizzata con macchine agricole semoventi o portate dalle trattrici, avviene in due passate, una in genere a fine agosto e l’altra dopo 10-15 gg, in modo da ultimare a metà settembre, prima che le condizioni stagionali, con piogge o alta umidità compromettano la qualità del prodotto caduto a terra. Dopo la raccolta le nocciole vengono sottoposte a dei test per valutarne l’umidità e in certi casi si ricorre all' essiccazione artificiale, al fine di raggiungere un grado di umidità che ne consenta la corretta conservazione e l’utilizzo durante il periodo invernale o comunque fino al prossimo raccolto.
Negli ultimi anni, la coltura del nocciolo si è dimostrata molto sensibile a un parassita di origini orientali, la Cimice Asiatica, conosciuta come Halyomorpha halys, un insetto che compie due generazioni nel corso dell’anno, con un apparato boccale che punge la nocciola, rendendola inutilizzabile per le lavorazioni di pasticceria o comunque deprezzandone le quotazioni di mercato. Grazie alla ricerca e alla sperimentazione, sono stati introdotti dei predatori che sono in grado di contenere il parassita, delle piccole vespettine, come l’Anastatus bifasciatus, che si sono dimostrate efficaci nel parassitizzare le ovature della cimice asiatica. Inoltre, sempre grazie alla ricerca, sono stati individuati dei prodotti fitosanitari o dei concimi fogliari che sono in grado di contenere la diffusione della cimice, senza andare ad impattare troppo sull’ambiente.