CUNEO - L'agricoltura piemontese non è solo per vecchi

Una riflessione sulla situazione del mondo agricolo della nostra regione (e della nostra provincia), paragonata con la realtà dell'Emilia Romagna

Redazione 22/07/2024 13:07

Qualche premessa va fatta prima di affrontare questo tema scottante che direttamente o indirettamente riguarda tutti noi. Le notizie che ci vengono offerte da telegiornali, da social, o più in generale dai media, non sono incoraggianti e la riflessione sorge spontanea: il nostro è un Bel Paese per vecchi? E se così fosse, l’agricoltura piemontese dove si colloca? Una seconda premessa riguarda le mie origini: l’Emilia-Romagna, nota regione di attrazioni turistiche e marittime che, pur non avendo un mare caraibico, è riuscita ad attirare a sé i giovani di tutta la penisola. Dai piani alti del Governo è orgogliosamente stata definita la “Locomotiva d’Italia”. Ma l’Agricoltura che ruolo gioca?
 
Si sa, nessuno è mai contento di quel che ha. Il che ha un suo lato positivo poiché ci sprona alla ricerca del miglioramento continuo. Ma l’agricoltura piemontese è davvero per “vecchi”? Ovvio poi che il discorso andrebbe esteso a tutte le altre regioni italiane ma in questa occasione è meglio iniziare guardandoci allo specchio.
 
Come dicevo, arrivo dalla non lontana Emilia-Romagna dove negli ultimi anni, un po’ per colpa delle decisamente avverse condizioni climatiche, un po’ per fenomeni endemici ed avversità dovute ad esempio a patogeni, alla famosa cimice che dall’Asia ha deciso di trasferirsi nel nostro bel territorio, l’agricoltura non sta vivendo i suoi anni migliori, o quantomeno non di certo i più spensierati. Non ci si lamenta, si soffre un po’ in silenzio di quel che le nuove condizioni stanno mettendo a dura prova. Come si dice dalle nostre parti “si tira avanti finché ce n’è”. Il risultato spesso è una mancanza totale di ricambio generazionale unita ad un clima di incertezza davvero poco rassicurante. 
 
In un recente passato, confrontandomi con alcuni cuneesi appartenenti al mondo agricolo, più in particolare, frutticolo, ho scambiato in più occasioni parole a riguardo, seppur rimanendo a oltre 400 km di distanza. Mi raccontavano che i problemi della mia regione erano gli stessi del Piemonte: “Manca manodopera e il clima è letteralmente impazzito. Un anno di siccità si sussegue ad un anno che non ha nulla da invidiare al clima tropicale”, dicevano.
 
Poi, diverse circostanze mi hanno spinta a trasferirmi qui, proprio nel Cuneese di cui tanto avevo sentito parlare. E lavoro in quel famoso mondo frutticolo cuneese che tanto era stato chiacchierato. Mi aspettavo una seconda Emilia-Romagna, un po’ acciaccata, un po’ invecchiata, ma sempre in piedi. E con sorpresa, con grandissima sorpresa, ho scoperto a mie spese che mi avevano piacevolmente mentito. Ho scoperto che l’agricoltura cuneese, al contrario della mia terra, si lamenta in modo gentile dei problemi che non ha.
 
Non intendo dire che i problemi di cui sopra non affliggano quello che oggi è anche il mio territorio (il Piemonte), ma l’agricoltura cuneese pare non preoccuparsi di quei problemi che non può risolvere da sé. Ho scoperto con piacere che tanti giovani neo-diplomati sono già operativi nel mondo del lavoro. E scopro ogni giorno con piacere che vengono accolti e formati da chi ha più esperienza di loro. Viene concesso loro ampio spazio, quasi protagonismo. E i “vecchi” dell’agricoltura li osservano come i nonni i nipoti: con un po’ di sana invidia, con severità, con rispetto.
 
Ho anche scoperto che con dedizione e sacrificio, rinunciando a parte del proprio tempo libero che caratterizza quell’età un po’ superficiale e un po’ spensierata, molti giovani cuneesi si recano quotidianamente alla forse un po’ lontana Università di Torino in treno anziché rinunciare al loro sogno per pigrizia. Anche il problema della manodopera non è sullo stesso livello malgrado abbia la stessa gravità. Se da un lato i giovani scappano verso terre più incoraggianti, alla ricerca di multinazionali o del sogno americano, in Piemonte (o quantomeno nel Cuneese), i giovani non si trovano perché hanno già un impiego.
 
Qui ho trovato un’agricoltura giovane che non teme proporre nuove idee. Ho conosciuto giovani imprenditori agricoli soddisfatti del loro lavoro seppure timorosi nel parlare di futuro ma con ragion veduta: la prudenza non è mai troppa se l’obiettivo è migliorare quanto è stato realizzato, con tanta fatica e tanto lavoro, dalle generazioni precedenti. E non importa essere imprenditore agricolo per essere un “giovane dell’agricoltura”. Ho visto giovani nei magazzini, giovani nei centri di consulenza, giovani nelle aree di vendita di prodotti connessi all’agricoltura in senso più stretto. E tutti con un comune denominatore: la motivazione per il proprio lavoro, un fresco modo di vedere la nuova agricoltura cuneese e un dolce e sano lamentarsi del mondo in cui si trovano.
 
Del resto, è stata una delle premesse a queste righe: il non accontentarsi mai è lo stimolo che anche i Cuneesi adottano per migliorarsi, sempre.
 
Giulia Pistani, Alphagrow - Via Torino, 43/45 Saluzzo (CN) - info@alphagrow.it
 
 

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