Undici anni dopo, il Bra torna tra i professionisti. Con tre giornate di anticipo, dopo aver dominato il campionato di serie D (girone A) dall’inizio alla fine. Un campionato a cui la squadra di mister Fabio Nisticò si presentava non certo da favorita. L’obiettivo era disputare una stagione tranquilla, i protagonisti sarebbero dovuti essere altri, almeno sulla carta. Ed invece, come spesso accade, il prato verde si è divertito a farsi beffe dei pronostici, ribaltando gerarchie iniziali e regalando un sogno a chi ha saputo crederci.
Così il Bra ha cominciato a vincere e non si è più fermato, diventando una macchina perfetta. Fino alla partita di domenica scorsa: la vittoria ad Imperia, l’attesa per il risultato della NovaRomentin, la notizia del pari con la Sanremese e l’esplosione di felicità per il traguardo raggiunto con tre giornate di anticipo. Poi la corsa a Bra, all’ “Attilio Bravi”, per ricevere l’abbraccio di una città pazza di gioia. Sulle maglie indossate dai giocatori per festeggiare c’era scritto “AbraCadaBra”, azzeccatissimo gioco di parole. Perché è stata la magìa ad accompagnare i giallorossi durante tutta questa storica stagione. E “magìa” è la parola che sceglie anche mister Fabio Nisticò: “Riassume perfettamente la nostra annata ed è bello che il gruppo abbia deciso di metterla sulle magliette celebrative. Perché abbiamo fatto qualcosa di magico”.
Il capolavoro del Bra porta la firma del 49enne tecnico torinese ex Pozzomaina, Saluzzo, Airaschese, Verbania, Santhià, Pinerolo, Rivoli, Chisola e Pavia. Poco più di un anno fa per lui arrivava l’amaro esonero a Chieri, ora si gode la soddisfazione più grande della sua carriera.
Mister, è effettivamente così?
“Sì, in assoluto. Anche le vittorie a Pinerolo, Chisola e Rivoli sono state importanti e belle, ma questa non ha eguali, perché abbiamo vinto un campionato nazionale, visto e seguito da tante persone in tutta Italia. Poi farlo contro i favori del pronostico...non è facile far capire quello che abbiamo fatto, ha un valore superiore, è un messaggio positivo, fa parte del calcio genuino”.
Adesso è passato qualche giorno: quali sono le sensazioni? Si sta rendendo conto di quello che avete fatto?
“Non è il primo campionato che vinco, mi è capitato sia da giocatore che da allenatore: le sensazioni sono sempre belle, ma vincere la serie D mi sta facendo capire che è una cosa totalmente diversa, anche a livello mediatico. Stanno arrivando le congratulazioni da tutta Italia. Sapevamo di aver fatto un’impresa, adesso stiamo capendo che quello che abbiamo fatto ha anche un’importanza incredibile sotto tanti punti di vista”.
Quando questa estate ha accettato di sedersi sulla panchina del Bra, avrebbe mai pensato che si sarebbe trovato oggi a festeggiare la vittoria del campionato?
“No. E chi dice che lo pensava è un ipocrita. Però vi assicuro che non ci ho messo tanto a capire quanto potevamo arrivare lontano. Già a settembre, dopo la bella partenza che abbiamo fatto, nello spogliatoio abbiamo iniziato a cambiare i nostri obiettivi, che inizialmente erano di raggiungere il prima possibile la quota salvezza. Abbiamo mantenuto sempre l’umiltà e un profilo basso, ma nella nostra testa qualcosa era mutato”.
La partita che vi ha fatto capire che si poteva fare l’impresa?
“Il 5-0 con il Vado alla terza giornata. Battere con un risultato così largo la squadra che agli occhi di tutti, per gli investimenti fatti, avrebbe dovuto vincere, ci ha fatto iniziare a pensare a dove potevamo arrivare. Da lì in poi lo spogliatoio si è infiammato, abbiamo preso energia partita dopo partita. E poi le altre squadre forse non ci hanno considerato molto: ‘Tanto mollano’, ‘Non vogliono salire’. Ogni volta che sentivamo queste cose, ci caricavamo ancora di più”.
Siete stati sempre in testa, dominando questo campionato. Ma qualche momento difficile c’è stato?
“Abbiamo avuto tre infortuni gravi che hanno colpito Quitadamo, Costantino e Giorcelli. Ognuno di quegli infortuni ha rappresentato per il gruppo un momento buio e triste. A livello di risultati, invece, dico la partita persa con la Vogherese, qualche giornata fa. Nella nostra testa era la gara clou, quella che ci doveva dare la certezza di avercela fatta. Dopo c’è stato per noi il turno di riposo, una settimana in più con quei pensieri: c’è stata pressione e un po’ di paura di non riuscire a chiudere”.
Per un allenatore è sempre difficile sbilanciarsi, ma c’è un giocatore che è stato particolarmente importante?
“Non ho problemi a dirlo, perché non ho dubbi: è il nostro capitano Cristian Tos, al 100 per 100. A 37 anni, ha fatto una stagione mostruosa. Soprattutto, è stato determinante non solo in campo, ma anche nello spogliatoio”.
Adesso c’è da concludere al meglio questo campionato, poi?
“Ci sarà modo di parlare del futuro, ora godiamoci questo momento e finiamo nel migliore dei modi la stagione”.
Una dedica per questa vittoria?
“Ai miei figli Federico e Alessandra, per il tempo che tolgo a loro per il calcio. A mia moglie, che mi sopporta. E poi a me stesso: ho lavorato con una passione incredibile, come un animale, per arrivare dove sono oggi”.