Godiamoci ancora Riccardo Romani per questi mesi della stagione, perché per lui saranno gli ultimi da giocatore. Poco più di una settimana fa il fantasista attualmente in forza al Carmagnola ha infatti annunciato attraverso un lungo post su Instagram la decisione di voler appendere gli scarpini al chiodo al termine di questa annata. Non potevamo certo farci scappare l’occasione per una chiacchierata con lui, per entrare più nel dettaglio di questa scelta, per ripercorrere alcune delle tappe più belle della sua carriera, in cui spicca ovviamente Fossano, definita “casa”, ed anche per parlare di presente, della salvezza da conquistare con il Carmagnola ed in generale di un campionato di Eccellenza davvero avvincente. Ospite dell’ultima puntata di “Riunione Tecnica” disponibile
QUI, Ricky ci ha parlato di tutto questo, con tanti spunti interessanti che raccogliamo in questa intervista.
Iniziamo dalla domanda d’obbligo: non è che dopo una settimana ci hai ripensato?
“È passato troppo poco tempo, non ho neanche avuto il tempo di ripensarci! Scherzi a parte, è una decisione che ho preso dopo averci pensato bene. E poi, un po’ scherzando, ho sempre detto che l’età giusta per smettere è 32 anni: sei ancora nella fase buona e nessuno può dirti che era davvero ora di smettere perché non stai più in piedi”.
Ma tu in piedi ci stai ancora, e per niente male. Fisicamente stai bene?
“Per giocare una ventina di minuti, come avvenuto domenica, sì. Ma se non fossi stato in grado di giocare neppure 20 minuti, mi sarei ritirato prima (ride, ndr)!”.
I problemini fisici che hai hanno inciso in questa decisione.
“Sì, diciamo che è stata una decisione frutto di diverse componenti. La sofferenza sportiva di convivere con i fastidi e i dolorini la sopporti e ci vai oltre quando hai delle soddisfazioni, quando stai facendo bene. Ma quando invece cominci a faticare dal punto di vista dei risultati e delle prestazioni, capisci che forse è il momento di farsi da parte. Però credo che un altro paio di anni li avrei potuti fare, ad essere sincero”.
Appunto. Nessuno ha provato a farti cambiare idea negli scorsi giorni?
“Mister Di Leone, del Cavour. Abbiamo giocato contro domenica scorsa. Prima della partita, mi ha detto: ‘Il prossimo anno voglio vederti in campo’. Gli ho risposto che magari posso andare a vedere qualche partita, ma sul campo basta. In generale, comunque, conoscendomi, in pochi hanno provato a farmi cambiare idea. Più che altro, quasi tutti mi hanno chiesto se ci avessi pensato bene. È stato comunque bello ricevere tanti messaggi e risentire ex compagni, ripercorrendo anche un po’ i momenti passati insieme”.
Como, Asti, Novese, Borgosesia, Settimo, Santhià, Corneliano, Lucento, Fossano, Bisceglie, Sant’Angelo, Pavia, Rivoli, Borgaro, Carmagnola. L’elenco delle squadre con cui hai giocato è lunghissimo. Se ti guardi indietro, cosa vedi?
“Felicità e soddisfazione, perché mi sono sempre divertito e ho sempre fatto parte di gruppi nei quali mi sono sentito parte integrante, tante volte anche protagonista, ma comunque mai di troppo o messo da parte. Però a pensarci un paio di rimpianti ce li ho”.
Quali?
“Aver vinto relativamente poco. Per carità, tre campionati non sono male, ma quando penso a certe squadre in cui ho giocato, mi chiedo come abbiamo fatto a non vincere. Mi viene in mente il Rivoli di qualche anno fa, ma anche il Sant’Angelo, il Pavia, la Novese, il Borgosesia, formazioni davvero fortissime. Credo che avrei potuto vincere almeno un paio di campionati in più”.
L’altro rimpianto?
“Smettere prima che mio figlio possa vedermi giocare e capire. Ma scherzandoci su, forse è meglio che mi ritiri subito: se no chissà cosa penserebbe vedendomi in campo!”.
Veniamo al Fossano, capitolo importantissimo della tua vita calcistica.
“La tappa centrale del mio percorso. Il posto più importante, dove ho fatto le cose migliori, dove sono stato meglio sotto tutti i punti di vista. È come casa. Abbiamo vinto il campionato di Promozione, poi quello di Eccellenza e anche in D si è fatto bene. A Fossano ho passato i miei anni migliori, senza dubbio. Il dispiacere grande è stato non finire lì: chiudere a Fossano, magari vincendo un campionato, sarebbe stata la conclusione perfetta del mio percorso”.
Come mai non è stato possibile? Cosa ti ha portato a lasciare Fossano a dicembre?
“Giocavo veramente poco. Nessuno mi ha mandato via, ci siamo lasciati bene, ma le circostanze hanno portato a quell’epilogo, che poteva andare bene ad entrambi. Ha inciso molto l’infortunio che mi ha fatto stare fuori due mesi e mezzo: quando sono rientrato, ho trovato poco spazio. L’allenatore faceva le sue scelte; certo, a volte mi sarei aspettato di giocare un po’ di più, ma con lui non ho mai avuto nessun problema, c’era un giusto rapporto tra giocatore e tecnico. Confrontandomi con la società, insieme siamo arrivati alla conclusione che forse per me sarebbe stato meglio andare a giocare di più altrove. Diciamo che è stato anche un atto di stima da parte loro, che capendo che avrei avuto poche possibilità, mi hanno assecondato”.
Come li vedi adesso i tuoi vecchi compagni del Fossano in questo campionato?
“Quando sono andato via gliel’ho detto che se la sarebbero giocata fino alla fine. Era inspiegabile che i risultati non arrivassero, perché la squadra è forte. Io il Fossano lo metto tra le mie favorite insieme a Valenzana e Saluzzo. Anche il Centallo è forte, ma a mio parere non lotterà per il primo posto. C'è il Cuneo, che mi impressiona sempre e contro cui è difficile giocare. Ma ripeto, io vedo in lotta quelle tre. Il Fossano ce lo metto: ha aggiunto ad una rosa di grande livello un paio di giocatori molto bravi, e poi mi parlano davvero bene del mister. Certo, giocare una partita importante come quella con il Cuneo senza Alfiero ti può penalizzare, ma io credo che, se non perde domenica, il Fossano sarà in lotta fino alla fine”.
E il tuo Carmagnola?
“L’ho già detto a tutti: io sono convinto che questa squadra non retrocederà. Da quando sono arrivato, ho trovato una formazione che riesce a dire la sua in tutte le partite. Ce la giocheremo fino alla fine”.
Sappiamo che è difficile, ma puoi mettere giù la tua speciale Top 11?
“Troppo difficile sceglierne solo 11. C’è gente che spero non lo sappia mai, perché ho lasciato fuori certi giocatori...mi prendo almeno qualche alternativa in alcuni ruoli perché è troppo complicato. Modulo 4-3-3: Merlano; Grillo, Noia, Scotto/Camussi, Coviello/D’Ippolito; Cristini/D’Iglio, Boloca, Tettamanti/Tounkara; Bertani, Alfiero, Lunardon. All. Viassi”.
Che squadra. A proposito di Boloca, c’è un bell’aneddoto. Lui ha raccontato che deve ringraziare anche te se è arrivato dove è arrivato…
“È una bella storia. Con un mio amico ogni anno facciamo una squadra di calcio a 8 per un torneo estivo. Un'estate, dopo che abbiamo vinto l’Eccellenza con il Fossano, mi chiama dicendomi che quell’anno ci sarebbe stato un giocatore davvero forte. Sono andato a vederlo: sembrava un marziano. Mi chiedevo come mai trovasse poco spazio nelle squadre dove andava. ‘Magari sarà forte a calcio a 8, ma nel calcio vero no’, mi sono detto. Quando Viassi mi ha chiesto un parere, gli ho detto che mi sembrava davvero forte. Lo ha portato in ritiro: facevamo i possessi e le partitine ed era di un’altra categoria. 'Magari non corre', pensavamo tutti per darci una spiegazione del perché fosse lì con noi. Poi abbiamo fatto i test atletici: era sempre il primo, non smetteva mai di correre. Per me lui fa un altro sport, è un fenomeno. E secondo me può migliorare ancora. Ogni tanto ci sentiamo e facciamo belle chiacchierate di calcio. Ha grande rispetto di me ed è rimasto lo stesso ragazzo. Sono davvero felice per lui”.
E di Viassi cosa mi dici?
“In due parole: numero uno. Abbiamo un rapporto speciale. Ho avuto tantissimi allenatori bravi, ma lui mi ha tirato fuori qualcosa di più. Mi ha dato tanto, come io ho dato tanto a lui”.
In conclusione: cosa vuole fare da grande Riccardo Romani?
“Mi piacerebbe provare ad allenare. So che è un ruolo difficilissimo, che molti sconsigliano, ma a me piacerebbe mettermi in gioco in quella veste lì”.