“La partita è stata pazzesca, ma credimi: i ricordi più vivi sono quelli legati alle cazzate di un gruppo di amici che sembrava quasi come in gita”. Dieci anni fa, il 16 giugno 2013, la Pro Dronero pareggiando 3-3 sul campo della Triestina otteneva la prima storica promozione in serie D. Carlo Dutto era il capitano e simbolo di quei “Ragazzi di Trieste” che sabato 17 giugno ricorderanno questa importante ricorrenza con una festa in programma a Dronero,
“Diecincittà”.
Carlo, partiamo da questa iniziativa. Come nasce?
“Dalla volontà di rivivere una data storica per Dronero, a livello calcistico. Per noi giocatori è una bella occasione per ritrovarci e festeggiare insieme, ma è anche un qualcosa che vogliamo condividere con tutti i droneresi e con chiunque voglia rivivere quell’impresa. È anche un modo per dire grazie alla città, ai sostenitori che ci hanno seguito durante quella splendida cavalcata, ai bar e ai locali che in qualche modo sono stati partecipi di quell’impresa insieme a noi. Vale sempre la pena ricordare i momenti belli. Qualcuno potrebbe pensare quale senso abbia fare una cosa di questo tipo: per chi non l’ha vissuta da dentro, è difficile capire”.
E allora cerca di farci capire…
“È difficile anche da spiegare, davvero. È stato qualcosa di incredibile per noi che l’abbiamo vissuta, una cosa nostra che ci spinge ogni anno a ricordare questa data con post e storie e adesso a organizzare questa festa. Quello che abbiamo fatto ci ha unito tantissimo e ci unirà per sempre, dall’allenatore al massaggiatore, a tutti i giocatori. Abbiamo ancora tutti le magliette di quella giornata. Sono ricordi bellissimi che ci legheranno per sempre”.
Siete ancora in contatto?
“Certo, abbiamo una chat dove ci sentiamo, e continuiamo a vederci. Con molti abbiamo ancora giocato insieme negli ultimi anni, altri hanno smesso, come Carlo Bruno e Alan Kjeldsen, ma anche con loro manteniamo i contatti. Forse anche per questo il ricordo resta vivo più che mai”.
Quali sono i ricordi più belli che hai?
“La partita è stata fantastica. Però, se devo dirti la verità, per me, che l'ho vissuta in prima persona, paradossalmente non sono così tanti i ricordi legati all'incontro. Ricordo l’emozione di entrare dentro lo stadio direttamente con il pullman, di giocare di fronte a seimila persone, con il tifo praticamente tutto contro e con un casino tale che non si riusciva a sentire nulla, neanche le indicazioni dell’allenatore o di un compagno. Ad essere sincero, il ricordo più vivo è quello delle cazzate con il gruppo di quei giorni. O la sera prima della partita in albergo, che credo qualunque altra squadra avrebbe vissuto in maniera diversa, mentre per noi era come essere in gita con un gruppo di amici, o quasi. Era quella la nostra forza”.
È stato quello il segreto di quell’impresa?
“Be’, poi in campo eravamo davvero forti eh (ride, ndr). Però sì, il fatto di essere così uniti è stato uno dei segreti. Si sente spesso parlare di gruppi fantastici, specialmente quando si vince, e a volte sono frasi fatte. Nel nostro caso no. Il nostro era davvero un gruppo fantastico, e lo è tutt’ora”.