In vista della tappa del 24 maggio, ripercorriamo i passaggi del Giro d'Italia nella nostra provincia, dall'epoca dei pionieri all'impresa di Nibali nel 2016. Un racconto a puntate che ci accompagnerà all'attesissima Abbiategrasso-Prato Nevoso, potenzialmente decisiva per il Giro 2018.
E' il 1° giugno del 1910 quando per la prima volta nella storia la Granda diventa teatro di un arrivo di tappa del Giro d'Italia. Si corre la Genova-Mondovì (218 km), a tagliare per primo il traguardo è Carlo Galetti, che consolida la leadership in classifica generale, che conserverà fino al traguardo di Milano (la maglia rosa verrà introdotta solamente a partire dal 1931). Il giorno dopo la carovana riparte alla volta di Torino (tappa da 333,4 km), vincerà Eberardo Pavesi.
Mondovì protagonista anche nel 1911: è lo stesso Galetti – che farà il bis vincendo per la seconda volta di fila la generale - ad esultare nella città monregalese il 21 maggio (tappa partita da Oneglia, 190,3 km). Due giorni dopo, il 23 maggio, ancora da Mondovì si riparte per una tappa massacrante: arrivo a Torino, passando per il Sestriere, dopo 302 km di fatica (prima volta del giro oltre i 2000 metri). Le cronache dell'epoca raccontano di un siparietto che dipinge alla perfezione il clima pionieristico e avventuroso del ciclismo di quegli anni. Alla partenza (ore 5 del mattino), Giovanni Gerbi si avvicina all'auto della giuria e chiama Armando Cougnet, giornalista e ideatore della corsa: “Ma davvero si deve andare fin lassù?”, chiede il ciclista indicando le Alpi. “Certo”, risponde Cougnet con un cenno del capo. “Ma si gela già qui!”, la replica di Gerbi. Risposta stizzita del giornalista della Gazzetta: “Siete femminucce o veri uomini?”. Rassegnato, così, il corridore rientra in gruppo: “Siete matti”, grida verso la giuria. Poi si parte: una salita, quella verso Sestriere, lunga 39 km, con gli ultimi 30 di strada ricoperti di neve e fanghiglia. Ezio Corlaita scollina per primo, ma nella picchiata verso Torino viene ripreso da Lucien Petit-Breton, che arriva per primo all'ombra della Mole. "Vous êtes fou, vous êtes fou" (“Voi siete pazzi”, ndr), la litania del francese rivolto verso la Giuria mentre conclude la sua fatica. Gerbi arriva dopo un'ora e mezza. Per salutare Cougnet gli tira una borraccia d'alluminio.
Nessun passaggio in Granda nel 1912 e nel 1913, poi, nel '14, un'edizione storica che vede per la prima volta protagonista il capoluogo. E' un Giro che stabilisce diversi primati ad oggi imbattuti: cinque tappe su otto oltre i 400 km di lunghezza; la tappa più lunga mai corsa al Giro (Lucca-Roma, 430 km); la velocità media più bassa, 23,374 km/h; il distacco più alto sul secondo (1 ora, 55 minuti e 26 secondi di vantaggio del vincitore Alfonso Calzolari); il maggior tempo di percorrenza di una tappa, 19h 20' 47" nella Bari-L'Aquila; il minor numero di corridori al traguardo finale, 8 su 81 partiti. Cuneo è traguardo di tappa della prima frazione: si parte da Milano, è il 24 maggio 1914, si corre per 420 km, in quella che per molti è la tappa più dura della storia del Giro. Si parte 8 minuti dopo mezzanotte. Ad Arona inizia a diluviare, a Torino transitano maschere di fango, a Santhià i corridori riacquistano sembianze umane tuffandosi in tinozze d’acqua bollente, ma in tanti optano per il ritiro. A Chiomonte, a 160 km dal traguardo, Luigi Ganna se ne va. Cerca l’impresa, ma ha un rapporto troppo duro: Calzolari lo raggiunge. A Cesana, sotto una pioggia ghiacciata, il suo gregario Angelo Gremo lo riprende. Ganna gli dice: "Va!", poi si ferma e sale a piedi. Tutti mettono piede a terra almeno una volta. Gremo scollina per primo, a piedi, spingendo la bici a mano e fendendo una fitta nevicata. Ha fatto il vuoto, in un'ora passano 8 corridori. Ganna cade in discesa, quasi assiderato ripara in un’osteria. Vuole ritirarsi, ma nella stessa locanda entra anche il mitico Costante Girardengo. Ganna non vuole quel testimone per la sua resa. Riparte. Giù per la Valle del Chisone i corridori trovano il sole. Gremo, dopo 120 km di fuga solitaria, è primo a Cuneo, ha pedalato per oltre 17 ore, con 13’54" su Durando e Calzolari, 44’20" su Girardengo e Ganna, 54"17 su Sala. Solo 37 corridori degli 81 partiti vedono il traguardo. Il 26 maggio, poi, la carovana riparte da Cuneo verso Lucca, per una tappa da “soli” 340,5 km: vincerà Calzolari (vincitore finale anche della generale), davanti ad Azzini e a Girardengo.
Poi la Prima Guerra Mondiale ferma anche il ciclismo. L'Italia entra nel conflitto il 24 maggio 1915, il Giro riprenderà solamente nel 1919. In trincea finiranno anche molti miti del pedale: sul fronte occidentale francese morirà, tra gli altri, anche Lucien Petit-Breton, vincitore della Mondovì-Torino del 1911.