In vista della tappa del 24 maggio, ripercorriamo i passaggi del Giro d'Italia nella nostra provincia, dall'epoca dei pionieri all'impresa di Nibali nel 2016. Un racconto a puntate che ci accompagnerà all'attesissima Abbiategrasso-Prato Nevoso, potenzialmente decisiva per il Giro 2018.
E' il 1949 quando il Giro d'Italia torna in provincia di Cuneo. Sono passati 11 anni dall'ultima volta, nel frattempo il paese – Granda compresa - ha vissuto la più grande tragedia della sua storia. L'Italia è una nazione ferita, la popolazione è lacerata dalle sofferenze della guerra, sta ricostruendo e sta provando a rialzare la testa. Per farlo, servono anche miti dello sport in grado di riaccendere la passione e la speranza, in grado di infiammare i cuori, di far dimenticare almeno per qualche attimo i patimenti che il conflitto ha portato con sé, ancora vivi nella memoria di tutti. Gli italiani e i cuneesi si aggrappano alle icone dello sport: nel calcio c'è il Grande Torino, nel ciclismo Fausto Coppi e Gino Bartali.
Quando il Giro '49 sbarca in provincia di Cuneo, il 9 giugno, la squadra granata se n'è andata già da oltre un mese, nel tragico schianto contro la collina di Superga del 4 maggio. Restano Coppi e Bartali, con il “Campionissimo” che sta per dare vita ad una pagina epocale non solo della corsa rosa, ma dell'intera storia del ciclismo mondiale. Nella Sanremo-Cuneo del 9 giugno (190 km, 16° tappa) vince Oreste Conte, il giorno dopo la storia del Giro '49 si trasforma in leggenda.
Il 10 giugno si corre la Cuneo-Pinerolo, 254 km: in un sol colpo le ascese al Colle della Maddalena, al Vars, all'Izoard, al Monginevro e al Sestriere. Salite che fanno paura prese una ad una, figurarsi se affrontate nello stesso giorno. Gli ingredienti sono quelli per una tappa da ciclismo d'altri tempi: poco asfalto, molti tratti sterrati, temperatura bassa anche se è giugno, pioggia, nuvole basse.
Quando la strada inizia a salire Coppi ha un problema con la catena, chiede al suo gregario Sandrino Carrea di mettere olio per farla scorrere meglio. L’olio finisce sul cerchione, e diventa pericoloso, così Coppi e Carrea devono mettere i piedi per terra. Un intoppo che per altri potrebbe significare resa. Non per Fausto Coppi: il “Campionissimo” rimette in sesto la bicicletta, rimonta in sella e inizia a pestare sui pedali. Stacca tutti, rimane ben presto da solo, vola mentre il resto del gruppo rimane impantanato nel fango del Maddalena.
“Nella poltiglia del Maddalena, l’ho visto venire via dagli altri. Sfangava, quasi sollevando la bicicletta. Lo accompagnai fino a un paesino francese, mi pare Barcelonette. Lo lasciai andare. Entrai in una trattoria. Ordinai un pasto completo dagli antipasti al caffè. Mangiai con tempi da buongustaio. Fumai una sigaretta. Chiesi il conto. Pagai. Uscii. Stava passando il sesto” , avrebbe poi raccontato Pierre Chany, giornalista de “L’Equipe”, dopo la tappa.
Coppi fa letteralmente il vuoto. Scala da solo il Vars, l'Izoard, il Monginevro e il Sestriere, resta in fuga per 192 km e arriva in solitaria a Pinerolo dopo 9 ore, 19 minuti e 55 secondi in sella. E' un'impresa sensazionale, ineguagliabile e ineguagliata. Bartali arriva dopo quasi 12 minuti, Alfredo Martini, terzo, primo degli “umani”, dopo oltre 19 minuti. Quando arrivano gli ultimi ormai il sole è tramontato.
E' durante la radiocronaca di questa mitica tappa che Mario Ferretti pronuncia le parole che verranno a loro volta consegnate ai libri di storia: “Un uomo solo è al comando. La sua maglia è biancoceleste. Il suo nome è Fausto Coppi”.
Alla giornata da leggenda di Coppi corrisponde quella nera dell'eterno rivale Bartali: fora per tre volte, per due volte è bloccato dall'entusiasmo del pubblico lungo la strada, perde 4 minuti. In vetta al Sestriere i fan gli lanciano mazzi di fiori legati con del filo di ferro che gli inceppa il cambio, “Ginettaccio” è costretto a cambiare ruota. Nonostante tutto, arriva secondo. Arriverà secondo anche nella classifica generale, con 23 minuti e 47 secondi di ritardo su Coppi.
Nel 2012 una giuria di 100 giornalisti sportivi internazionali elegge la Cuneo-Pinerolo del '49 come “tappa del secolo”: è il momento più alto nella storia della corsa rosa.