Su di lui sono già stati scritti due libri, una canzone che ha concorso alla selezione Sanremo nuova generazione nel 2010 ed è stato realizzato un film-documentario sottotitolato in inglese, francese e spagnolo. Il quotidiano “La Stampa” l’ha definito “l’uomo che ha fermato il tempo” quando è riuscito a vincere per ben due volte consecutive (nel 2006 e nel 2007) l’Ultra Trail du Mont Blanc, una gara di circa 168 km con 9000 metri di dislivello intorno alla montagna più alta d’Europa attraverso la Francia, l’Italia e la Svizzera; considerata dagli appassionati la gara di resistenza più importante e estrema al mondo.
Lui è Marco Olmo, classe 1948, originario di Robilante. E nella sua vita, a differenza delle stelle di sport più blasonati, ha lavorato come boscaiolo, camionista e per 27 anni come escavatore alla Buzzi Unicem.
Siamo andati a trovarlo a casa sua, un mattino alle 9, quando aveva appena finito di consumare la seconda colazione dopo la sua quotidiana corsa sui monti della Valle Vermenagna. Ci ha accolti insieme a sua moglie Renata e, dopo averci dato l’onore di accedere al suo Sancta Sanctorum (la stanza con tutti i trofei provenienti da ogni parte del mondo), ci siamo accomodati e abbiamo iniziato questa chiacchierata. Il motivo dell’incontro è semplice: martedì 18 ottobre è uscito in tutta Italia il suo terzo libro “Il miglior tempo” (edizioni Mondadori, 180 pagine) scritto con Andrea Ligabue.
D: Ma chi è veramente Marco Olmo?
R: Marco Olmo è un comune “montanaro delle nostre valli”, che ha fatto un pò di tutto prima di lavorare alla Buzzi Unicem e che ha iniziato a correre tardi, a 27 anni, quasi per sfida. Mi sono trovato bene con la corsa e pian piano ho iniziato con le gare un pò più lunghe: nel 1996 con la Marathon des Sables (240 km in semi autosufficienza nel deserto del Sahara) e ora sto preparando le 22esima. Ma non mi sento a mio agio a essere definito un atleta, un campione..
D: Nel tuo precedente libro (Il Corridore, edizione Ponte alle Grazie, 163 pagine) sulla copertina campeggia la frase “una vita riscattata dallo sport”. Cosa significa?
R: La corsa è stata un modo per emergere, per riscattarmi dai deludenti risultati iniziali. E’ scattato qualcosa che mi ha permesso di “uscire fuori” dopo una gioventù difficile, come per gran parte di quelli che sono nati nel secondo dopoguerra
D: Qual è la molla che ti spinge tutte le mattine a uscire e correre?
R: Per prima cosa mi piace correre. Poi perchè il nostro corpo ha bisogno di fare fatica. Certo, correre è faticoso, ma è una fatica “bella” soprattutto perchè scegli di farlo e non ti viene imposto da nessuno. Soprattutto per uno come me che odia le regole: è per questo che non seguo tabelle di allenamento e non ho mai avuto preparatori.
D: Questo libro è diverso dai precedenti. A chi è rivolto?
R: “Il corridore” ha permesso a tanta gente di iniziare a correre o generalmente a fare sport e, a distanza di tempo, capisco che sono stato d’esempio visto che continuo a ricevere messaggi e attestati di stima. Questo nuovo libro è invece rivolto a tutti quelli che vogliono stare in forma: non è tecnico e mancano le tabelle. L’idea iniziale era quella di scrivere qualcosa per i sessantenni ma all’interno ci sono dei consigli sul mio stile di vita, anche se il segreto è imparare a conoscere bene il proprio corpo e partire con calma. Ovviamente passando prima da una visita medico sportiva.
D: Nel libro dici di non vincere una gara dal 2010 (anche se proprio mentre il libro era in stampa hai vinto L’Ultra Bolivia Race una gara da 170 km a 4000 metri di altezza) e quindi come hai vissuto questo “declino” in termini di vittorie?
R: Io dico sempre che i giovani si allenano per migliorare le loro prestazioni, io per non peggiorarle. E’ normale: spesso bisognerebbe guardare la carta d’identità. E la carta d’identità non mente.
D: Come definiresti quindi il concetto di “vittoria”?
R: Arrivare al traguardo è già una vittoria, sempre. Poi le gare sono sempre lo specchio della preparazione precedente. Se ti sei allenato bene non potrai non fare un buon risultato, al contrario se durante la preparazione hai avuto dei problemi la cosa si ripercuote sulla gara. Alla fine il primo posto è solo per una persona, dietro c’è posto per tutti gli altri.
D: Nel libro parli delle tue abitudini alimentari e non, svelandoci anche qualche segreto. Tu sei vegetariano dal 1977: per scelta o per necessità?
R: Secondo me si può vivere senza la carne e l’organismo ne trova giovamento. All’inizio seguii i consigli di un naturopata che mi “vietò” la carne e rimasi un pò sbigottito, soprattutto pensando al contesto di quegli anni. Poi con il tempo è diventata una scelta di vita: io mi trovo bene e sto bene.
D: 68 anni da poco, appena tornato con la vittoria in tasca all’Ultra Bolivia Race e in partenza a inizio novembre per la “Oman Desert Marathon” (165 km nel deserto dell’Oman). Hai già altri progetti per il 2017?
R: Sicuramente la Marathon des Sables, la mia 22esima. Poi vedrò. Intanto questi impegni mi tengono occupato e sono uno stimolo in più per allenarmi al meglio, anche se mi allenerei lo stesso. Poi ci sarà la corsa agli inizi di giugno in mio onore che da qualche anno organizza la Podistica Val Vermenagna. Sarebbe un piacere trovare qualcuno che ha letto il mio libro e che magari ha iniziato a correre.
D: Ultima domanda, quella che si fanno tutti: qual è il tuo segreto?
R: Che non ci sono segreti, ma solo la costanza di allenarsi senza imposizioni. Allenarsi per il puro piacere di correre e di gareggiare.
Per tutti i lettori interessati, Marco Olmo sarà a Cuneo il 20 novembre alla rassegna “Scrittori in città”.