Due genitori, durante l'allenamento dei rispettivi figli (nati nel 2010), sono protagonisti di un diverbio: non vengono alle mani, ma i toni sono decisamente accesi, richiamando anche l'attenzione dei bambini, impegnati in campo agli ordini del loro allenatore. E' successo a Madonna dell'Olmo, casa dell'Olmo, e la società ha scelto di prendere provvedimenti. In questi giorni un manifesto è stato affisso all'ingresso dei campi: “Visto le intemperanze di alcuni, per consentire ai ragazzi di svolgere la seduta di allenamento in un clima sereno, per tutto il mese di aprile gli allenamenti si svolgeranno senza la presenza dei genitori”.
“L'episodio che ci ha portati a questa decisione non è stato “drammatico”, - spiega Roberto Viviani, responsabile della Scuola Calcio dell'Olmo – ma abbiamo preferito prevenire per evitare che potesse crearsi un'escalation, in un momento che da questo punto di vista è “poco felice” per il calcio giovanile. Diciamo che abbiamo voluto mandare un segnale a tutti i genitori su quello che è il nostro modo di condurre l'attività. Non è assolutamente una “battaglia”, anzi: vogliamo che i genitori siano nostri “alleati” nel percorso formativo dei ragazzi, abbiamo bisogno del loro appoggio”.
Un decisione forte, quella dei dirigenti olmensi, ma comprensibile e condivisibile. Sì, perchè il problema è concreto, e troppo spesso le società chiudono occhi e orecchie di fronte ad episodi simili: i genitori rappresentano quote di iscrizione, le quote di iscrizione portano introiti fondamentali per la sopravvivenza, per questo molto (troppo) spesso si preferisce tacere, per non rischiare di “inimicarsi” qualche famiglia e magari indurla a “migrare” verso altre realtà.
Un modus operandi che non fa bene a nessuno, un'abitudine che contribuisce ad alimentare la convinzione che insulti, offese e litigi siano mali necessari del mondo del calcio, anche giovanile. Comportamenti sbagliati, sì, ma da accettare di buon grado quando si decide di sedersi sugli spalti per seguire una partita. Non è così. Insultarsi, litigare ed offendersi mentre si guarda una partita di pallone non è normale e non deve essere considerato come tale. Superfluo, poi, dilungarsi sul quanto sbagliato sia farlo quando in campo ci sono bambini, che come spugne assorbono ogni comportamento, giusto o sbagliato che sia, e ne fanno un esempio da seguire.
No, litigare ed alzare i toni mentre si guarda una partita di calcio non è normale, non deve esserlo, e non ci sono adrenalina e tensione che possano giustificare o rendere comprensibili certi comportamenti. Può essere l'eccezione, non la norma. E ben vengano le società come l'Olmo, che scelgono di dare un segnale, a costo di correre il rischio di perdere qualche preziosa “quota”.