Se scorrete l’ordine di arrivo della 50 km di Oslo-Holmenkollen, probabilmente la gara più attesa di tutta la stagione per i fondisti, vedrete solo bandiere norvegesi nelle prime dieci posizioni. Poi un britannico, un giapponese ed un francese, e in quattordicesima posizione un italiano, Lorenzo Romano. Italiano di Demonte. Dietro ai mostri sacri dello sci di fondo, in una competizione leggendaria a cui ogni atleta della disciplina sogna di partecipare, c’è un cuneese, che in Norvegia ha realizzato il miglior risultato della sua carriera. Carabiniere classe 1997, fondista-pianista, visto il diploma al Conservatorio di Cuneo, Lorenzo era l’unico italiano in gara: ha condotto una prova di grande maturità e intelligenza, riuscendo sempre a rimanere a ridosso dei fenomeni norvegesi che l’hanno preceduto.
Lorenzo, quali sono le sensazioni a qualche giorno da questo risultato?
“Sono felice e soddisfatto di quello che ho fatto, anche se non così sorpreso. Le mie aspettative per questa gara erano alte, sapevo che era adatta alle mie caratteristiche e che avevo un’ottima occasione per fare un buon risultato. Mi ero preparato bene: diciamo che se avessi concluso oltre la ventesima posizione, sarei stato un po’ deluso. Ma naturalmente avrei messo la firma per il quattordicesimo posto, anche perché vedendo la lista di partenza, con dodici norvegesi fortissimi al via, finire nella top 15 era davvero difficile da pronosticare”.
Sei riuscito a gestire bene la tua gara, con intelligenza e maturità, nonostante fossi alla prima partecipazione.
“Stavo bene. L’ho capito fin da subito. Percepivo di non fare grossa fatica in salita, mentre ero più lento in discesa, per via degli sci che non erano così veloci. In queste prove così lunghe, c’è la possibilità di cambiarli: io ho aspettato dopo metà gara, qualcuno dei favoriti aveva attaccato e avevo perso la scia dei migliori, ma piano piano sono stato in grado di rimontare. Alcuni hanno pagato gli sforzi fatti precedentemente e io ho recuperato delle posizioni, fino ad arrivare quattordicesimo. Anche se appena arrivato pensavo di essere più indietro. Sicuramente sono stato bravo a rimanere tranquillo quando gli altri hanno attaccato, pensando che la gara sarebbe stata lunga. Molti di quelli che hanno cercato di tenere il ritmo, poi hanno pagato. Mi ero detto di gestirla in questa maniera, ma durante la gara poi spesso è difficile mantenere la calma. Di questo sono orgoglioso”.
Che emozioni ti ha dato partecipare ad una gara così importante?
“È stato qualcosa di unico: è una gara leggendaria e si respira in pista. C’è un’atmosfera particolare e c’è un pubblico numerosissimo, come non si vede in nessuna altra tappa di Coppa del Mondo. Sono riuscito a godermi un po’ tutto questo, soprattutto all’inizio. Poi dopo l’arrivo è stato ancora fantastico: un ambiente spettacolare, tanta gente ad attenderci e incitarci, persone che chiedevano gli autografi. Davvero bellissimo”.
Con questo risultato hai dimostrato che ci sei e che puoi dire la tua a questi livelli. Per te è anche una rivincita?
“Un po’ sì. Nella prima parte di stagione mi sono sentito un po’ escluso dalle convocazioni per la Coppa del Mondo: sono molto soddisfatto della mia annata, credo di aver fatto un ottimo lavoro, eppure, a parità di risultati, veniva preferito sempre qualcun altro. A Dobbiaco, a febbraio, finalmente sono stato convocato e sono risultato terzo degli italiani. Così mi hanno portato ad Oslo, dove ho dimostrato di esserci. Ci tengo a sottolineare che sono stato molto grato di essere l’unico italiano e di avere tecnici e squadra a mia disposizione. Ma devo dire che la poca considerazione della prima parte di stagione mi ha dato un po’ di fastidio e mi ha trasmesso anche una carica in più per fare bene in Norvegia”.
E adesso, quali sono i prossimi obiettivi del tuo finale di stagione?
“Sono due: le finali di Coppa Europa di questo weekend e i campionati italiani assoluti in programma a fine marzo. Poi ci sarà un altro appuntamento importante per me, anche se non sportivo: il matrimonio con Lilli, il 22 aprile”.
Sei di Demonte e continui a vivere lì. Quanto è forte il legame con la tua terra?
“Molto forte. La valle Stura mi piace tanto e poi è perfetta per i miei allenamenti. Forse rispetto ad altri posti manca di qualche struttura, ma quando le condizioni sono ottime per sciare, è un paradiso”.
E poi è la terra anche di una certa Stefania Belmondo…
“Stefania è una persona speciale. La conosco, mi dà spesso consigli molto utili. Con lei come punto di riferimento e un papà allenatore di sci, a 2 o 3 anni avevo già gli sci ai piedi, anche se all’inizio mi piaceva più la discesa. Poi ho iniziato con i primi corsi a Festiona ed è cominciato tutto”.
Anche se per un po’ la priorità nella tua vita era un’altra: la musica, giusto?
“Sì, è sempre stata una mia grande passione e continuerà ad esserlo. Ho frequentato il Liceo Musicale e poi mi sono diplomato al Conservatorio di Cuneo in pianoforte. Fino ad una certa età la mia vita era più improntata verso la musica, mentre lo sci era più un divertimento. Poi sono arrivati i primi risultati, sono entrato nella Nazionale Junior e ho detto: ‘Proviamoci’. Ma la musica non l’ho mai mollata”.
Continui a suonare?
“Certo. Anche perché la mia futura moglie è una violinista, come faccio ad abbandonarla? (ride, ndr). In primavera e in estate, quando ho più tempo libero, mi dedico allo studio e faccio anche un paio di concerti all’anno. Durante l’inverno, con le gare, ovviamente è più difficile, perché sono spesso fuori casa. Ma in giro, appena trovo un pianoforte, mi metto subito a suonare! Per un breve periodo ho anche insegnato al Liceo Musicale, lo stesso che avevo frequentato: l’estate prima mi diplomavo, pochi mesi dopo ero insegnante. È stato molto strano, ma una bella esperienza. Sono ancora iscritto nelle varie liste per insegnare”.
Significa che il tuo futuro dopo la carriera sportiva sarà in quel campo?
“Non so, vedremo cosa mi riserverà la vita. Sono anche abilitato per essere maestro di sci. Sicuramente il mio futuro sarà nella musica o nello sci, non si scappa”.
Come sei riuscito a conciliare l’attività agonistica a grandi livelli e lo studio al Conservatorio?
“Ho avuto un grosso supporto morale ed anche economico da parte dei miei genitori. Io ci ho messo naturalmente del mio, riuscendo a studiare magari durante le trasferte o in altri momenti liberi”.
C’è qualche punto in comune tra lo sci e la musica?
“Secondo me sì, ce ne sono tanti. E per quanto mi riguarda, praticare ognuna di queste attività mi è servito per migliorare nell’altra. La costanza e la dedizione che metti per allenarti e preparare una gara, sono simili allo studio che serve per essere pronto per un concerto”.
In conclusione, tornando allo sci: quali sono i tuoi sogni?
“Gli eventi più importanti che ci saranno nei prossimi anni sono i Mondiali, che si svolgeranno a Trondheim, in Norvegia, nel 2025 e poi, naturalmente, le Olimpiadi del 2026 di Milano-Cortina. Spero di riuscire ad arrivarci. E poi, visto che bisogna sognare, sogno una medaglia!”.