Di certo l’amaro in bocca per il tredicesimo posto in Gigante è forte, così com’è probabile che lei stessa avrebbe scambiato l’oro conquistato in parallelo per un trionfo nella sua specialità preferita. Anche se il bilancio finale è agrodolce, il Mondiale di Cortina segna però definitivamente l’ingresso di Marta Bassino nell’Olimpo dello sci alpino italiano, se ancora servissero conferme dopo i trionfi in Coppa del Mondo. La vittoria nel discusso parallelo di martedì 16 febbraio, infatti, permette all’atleta di Borgo San Dalmazzo di entrare in una cerchia molto ristretta, quella delle sciatrici azzurre capaci di salire sul gradino più alto del podio in un Mondiale.
La prima a riuscirci fu Paula Wiesinger, una delle pioniere dello sci femminile italiano, che a Cortina nel 1932 trionfò in discesa libera, poi servì aspettare oltre sessant’anni per festeggiare le vittorie di Isolde Kostner e Deborah Compagnoni, in Sierra Nevada nel 1996 e al Sestriere nel 1997: la prima ottenne due ori consecutivi in SuperG, la seconda centrò la doppietta in Gigante e vinse anche in Slalom Speciale nel 1997. Alla lista andrebbe a onor del vero aggiunto anche il nome di Celina Seghi, che si prese la medaglia del metallo più pregiato nello Slalom nel 1941: quel Mondiale, che si disputò come quest’anno a Cortina, non viene però ufficialmente riconosciuto dalla Federazione Internazionale in quanto a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale diverse nazioni non poterono partecipare. In ogni caso, da oggi in questo ristrettissimo gruppo di campionesse rientra a pieno diritto anche Marta Bassino, capace di riportare in Italia un oro Mondiale al femminile a ben ventiquattro anni dall’ultima volta.
Un traguardo di prestigio che non viene scalfito dal tredicesimo posto nel Gigante iridato, obiettivo principale dell’azzurra di Borgo San Dalmazzo all’inizio della manifestazione. Insomma, se è innegabile che aver mancato una medaglia nella disciplina preferita porti con sé tanto sconforto, una medaglia d’oro appesa al collo rappresenta senz’altro una buona medicina per curare la delusione e per alimentare il desiderio di rivalsa.