Papà Roberto ha partecipato a 5 Parigi-Dakar, Jarno e suo fratello Ivan hanno gareggiato da professionisti nell’Enduro per 15 anni, ed anche Samuli, diciassettenne figlio di Jarno, non è scampato alla “malattia” della famiglia Boano: i motori. Fondata ormai quasi 50 anni fa proprio da Roberto, Boano Moto oggi è un’azienda che si divide tra lo store di Caraglio e la squadra corse, che ha vinto qualcosa come 12 titoli mondiali. Il prossimo, di Mondiale, parte nel primo weekend di aprile con la prova di Arma di Taggia e Sanremo. Jarno Boano ci ha parlato delle novità e delle aspettative per questa nuova annata, concedendosi anche qualche racconto legato al passato.
Jarno, c’è un titolo da difendere nel Mondiale, che comincia l’1 e 2 aprile. Pronti?
“L’anno scorso siamo riusciti a vincere nella classe E2 con Wil Ruprecht. E quando abitui la gente a vincere, poi le aspettative sono sempre alte. Il nostro obiettivo naturalmente è replicarci: ci proveremo, anche se le difficoltà e le variabili sono sempre tante”.
La novità principale è il pilota: non più Wil Ruprecht, ma un altro australiano, Daniel Milner. Che pilota è?
“È stato per nove volte campione australiano, ha corso in America: è un pilota forte e competitivo. Il suo obiettivo è vincere, naturalmente. E noi cerchiamo di fornirgli i mezzi migliori per poter far bene. Deve trovare il feeling giusto con la nuova moto: le prime gare serviranno anche a questo, mentre in quelle successive punteremo più in alto. Ma siamo comunque fiduciosi e proveremo a ripeterci, anche se come detto ci sono tante variabili che possono incidere”.
Intanto la stagione è cominciata con le due gare del campionato italiano che hanno portato per voi buoni risultati.
“Sì, siamo partiti abbastanza bene: nella classe 300 siamo in testa con Matteo Cavallo, pilota di Lesegno, mentre nella 250 4 tempi Matteo Pavoni, un bresciano cresciuto con noi che ha già vinto un Mondiale Junior nel 2021, è al momento secondo. C’è poi Deny Philippaerts, terzo in 250: lui oltre a correre è anche il nostro direttore sportivo. Diciamo che le premesse sono buone e che speriamo di poter salire sul podio con tutti e tre i nostri piloti”.
Come dicevi prima, ormai le aspettative su di voi sono molto alte. “Colpa” dei risultati a cui avete abituato tutti. Un orgoglio?
“Certamente è un orgoglio. Anche perché siamo partiti come team privato, poi nel 2005 è cominciata la collaborazione con la Beta e da allora abbiamo puntato tanto sui giovani e abbiamo anche vinto molto: 12 titoli mondiali tra piloti e team. È stato un percorso molto impegnativo, ma anche ricco di successi e soddisfazioni”.
Anche grazie alle tue doti da talent scout…
“Sai, quando non hai molto budget devi andare a cercare il talento. Noi, partendo come dicevo come team privato, non avevamo le possibilità economiche di altri, perché solo alcuni anni dopo siamo poi diventati team satellite per Beta Moto. Allora devi lavorare con i ragazzi, puntare su di loro: questa cosa ci ha permesso di arrivare in alto e di farci conoscere. A me piace molto formare i giovani: è bello perché vedi una crescita che arriva grazie anche a te. E spesso è anche più facile piuttosto che avere a che fare con piloti già affermati”.
La storia della vostra famiglia è un tutt’uno con i motori.
“Decisamente. Tutto è partito da nostro padre Roberto, che ha partecipato a 5 Parigi-Dakar. Io e mio fratello Ivan ci siamo ovviamente avvicinati ai motori e per 15 anni siamo stati piloti professionisti di Enduro. Quando abbiamo smesso, siamo entrati entrambi nell’attività di famiglia di Caraglio: oltre al team delle corse, siamo anche un’azienda con 500 rivenditori in tutto il mondo. Produciamo e commercializziamo ricambi per offroad. La Boano Moto era stata fondata da mio padre nel 1976: per tanto tempo siamo stati concessionaria Honda, poi c’è stato un cambiamento radicale. Ci siamo evoluti e abbiamo preferito spostarci su cose di nicchia, per un mercato diverso. Oggi lavoriamo nella nostra sede di Caraglio, ma il grosso lo facciamo con l’online”.
L’azienda, il team, le gare. Qual è il segreto per fare tutto?
“Non è facile. Anzi, è più difficile di quello che sembra da fuori. Ma facciamo una cosa che ci piace, e questo rende tutto meno pesante. E poi abbiamo la fortuna di poter contare su persone che credono fortemente nell’azienda e che hanno passione per quello che fanno: i nostri dipendenti sono speciali. Noi cerchiamo di coinvolgerli in tutto e loro si sentono parte di questo progetto. Vengono a vedere le gare, vogliono essere partecipi. Questo fa la differenza”.
E della tua vita da pilota, invece, che ricordi hai?
“Quando sei giovane pensi di sapere tutto, dai molte cose per scontate e dai la colpa sempre ad altri fattori. Quando diventi più vecchio, invece, capisci che forse potevi fare di più”.
Be’, comunque hai vinto tanto.
“Sì, è vero: due Europei, quattro titoli italiani, ho avuto la fortuna di essere nella Nazionale che nel 1997 ha vinto la Sei Giorni. Ho passato dei begli anni. Però credo che avrei potuto fare anche di più. Ma non rinnego niente, le cose buone come gli errori: tutto ti aiuta a crescere. E ti aiuta, quando sei più grande, per darti la possibilità di trasmettere qualcosa ai più giovani, come faccio io adesso. Sperando che facciano qualche errore in meno”.
A proposito di gioventù: tuo figlio Samuli già corre.
“Guarda, ci abbiamo provato in tutti i modi a farlo desistere, ma è stato inutile (ride, ndr). D’altronde, quando cresci circondato da moto e le vedi continuamente, poi diventa naturale finirci sopra. Lo sport è importante perché ti forma sotto diversi aspetti, ti fornisce nozioni fondamentali che ti servono nella vita. L’aspetto più importante è che questa esperienza sia bella e formante per lui. Poi se sarà così bravo da diventare forte, ne saremo contenti”.
A quale campionato partecipa?
“Oltre a quello ufficiale, abbiamo un team Junior: con Samuli, che ha 17 anni, c’è un altro ragazzo piemontese, Gioele Brignone, di 16. È un progetto nuovo, che abbiamo messo in piedi con l’intento di dare una possibilità a ragazzi che vogliono provare ad intraprendere questa strada. Possiamo paragonarla ad una borsa di studio: aiutiamo i giovani piloti a crescere, facendo tutto a livello professionale e sollevando le famiglie dai costi, che sono per loro davvero ridotti”.
Parlando di piloti, quali sono quelli a cui sei più legato?
“Uno è Davide Soreca: quando è arrivato aveva 16 anni. In tre anni è riuscito a vincere un campionato del mondo Youth. È cresciuto con noi, è stato come avere un figlio aggiuntivo. Un altro a cui sono molto legato è l’inglese Brad Freeman, l’anno scorso campione del mondo classe E3: noi lo abbiamo aiutato molto, ma anche lui ci ha dato una bella spinta per crescere. Abbiamo scommesso insieme e dopo un inizio burrascoso, con un problema fisico che gli era capitato in allenamento, ha raggiunto grandi risultati, laureandosi campione del mondo Junior nel 2017 e campione del mondo della classe E1 l’anno successivo. Nel 2019 ci ha giustamente lasciato per andare in un team ufficiale, ma sa che le porte di Caraglio per lui sono sempre aperte. Noi cerchiamo di gestire il pilota a 360 gradi, creando un ambiente familiare e provando a crescere tutti insieme. Per questo con qualcuno si creano dei rapporti davvero speciali”.