La violenza sugli arbitri nel calcio: un problema reale, attuale e concreto anche
nella nostra provincia, sia nella realtà del pallone dilettantistico che nei settori giovanili. Ne abbiamo parlato con
Luca Marelli, ex arbitro di Serie A (15 direzioni nel torneo di massima serie). Ieri la prima puntata dell'intervista (che potete trovare
qui), oggi la seconda, in cui con l'ex fischietto comasco andiamo ad analizzare possibili soluzioni per debellare questa piaga.
Cosa si può fare per combattere ed arginare concretamente un fenomeno, quello della violenza contro gli arbitri, che accomuna tristemente tutte le regioni dell'Italia del pallone? “Dobbiamo dividere le competenze. - spiega Marelli - Da una parte la federazione deve intervenire profondamente sul codice di giustizia sportiva, aumentando sostanzialmente le pene sportive. E’ assurdo, per esempio, che un calciatore resosi colpevole di aggressione con calci e pugni possa cavarsela con un anno o due di squalifica. Vogliamo concedere una seconda possibilità ad un calciatore che ha commesso un reato (perché di questo si tratta)? Va bene, sono d’accordo, d’altronde viviamo in un paese civile che si basa su un codice penale che ha come obiettivo il recupero del reo e non la condanna pura e semplice. Ma ciò non dev’essere un alibi: un calciatore (od un allenatore, od un dirigente) che si renda colpevole di atti violenti ha il diritto di poter rientrare ma dopo un periodo che deve essere almeno di 5 anni, eventualmente con segnalazione obbligatoria alle autorità competenti per un DASPO di uguale durata. Al secondo episodio, ovviamente, radiazione immediata, senza alcuna possibilità di rientrare in un mondo che, evidentemente, deve escludere persone abitualmente dedite ad episodi violenti”.
Un ruolo importante, nella lotta a questa piaga che il pallone italiano si porta dietro, lo dovrebbe avere secondo Marelli la stessa Associazione Italiana Arbitri: “Dall’altra parte l’AIA deve smetterla di limitarsi alle minacce, - commenta l'ex arbitro – agli slogan ed alle prese di posizione formali: l’AIA deve agire. Prima o poi il presidente dovrà avere il coraggio di fermare per una settimana o due tutti i campionati, serie A compresa, per dare un segnale forte a difesa di centinaia di ragazzi che ogni anno vengono aggrediti e picchiati. Il tutto nel totale silenzio. Pensate ad una settimana o due senza alcuna competizione calcistica in Italia dovuta ad uno sciopero degli arbitri: potete immaginare un modo migliore per sensibilizzare il mondo del calcio? Oppure dobbiamo aspettare il morto?”.
Un'associazione, l'AIA, che secondo Marelli non ha fatto e non fa abbastanza per tutelare i suoi ragazzi sparsi per lo Stivale, in un panorama, quello dell'informazione italiana, che molto spesso contribuisce ad alimentare l'ostilità di giocatori, dirigenti e tifosi nei confronti dei fischietti: “E posso dirlo con cognizione di causa, avendo partecipato personalmente a molte trasmissioni su varie televisioni locali e nazionali. Non ho mai perso occasione di parlare del problema violenza ma è paradossale che un ex arbitro, cordialmente detestato da alcuni dirigenti dell’AIA, debba essere la voce di centinaia di arbitri picchiati da delinquenti. Lo dico chiaramente: farei volentieri silenzio in merito se l’AIA agisse in modo differente, sarei felicissimo se l’associazione si muovesse ufficialmente”.
Nel fine settimana la terza ed ultima parte dell'intervista all'ex arbitro comasco.