Una vita in bianconero, prima in campo, poi da dirigente: 469 presenze da calciatore con la Juventus, con cinque campionati vinti, conditi da due affermazioni in Coppa Italia, poi l’esperienza da presidente, dal 1971 al 1990, vincendo tutto ciò che c’era da vincere. Con la scomparsa di Giampiero Boniperti se ne va un vero e proprio pezzo di storia del calcio italiano (per lui anche 38 presenze e 8 reti in nazionale): nato a Barengo nel 1928, avrebbe compiuto 93 anni il prossimo 4 luglio. È morto oggi, venerdì 18 giugno, a Torino.
Mentre la sua splendida carriera da calciatore e dirigente è nota alla gran parte degli appassionati di calcio, forse non tutti sanno che il talento di Boniperti sbocciò e si mostrò per la prima volta tra i “grandi” contro una squadra cuneese, il Fossano. Un aneddoto raccontato dallo stesso ex presidente della Juventus nel suo libro autobiografico “Una vita a testa alta”, scritto a quattro mani con Enrica Speroni e pubblicato da Rizzoli. Era la primavera del 1946 quando un giovane Boniperti, allora diciottenne, venne segnalato dal dottor Egidio Perone, medico di Barengo, all’amico Giovanni Voglino, ginecologo torinese e dirigente della Juventus. La voce arrivò a Felice Borel, campione del mondo nel 1934, giocatore-allenatore della prima squadra bianconera, che convocò Boniperti per un provino in Piazza d’Armi, dove allora si allenavano i ragazzi della Juve.
Il giovane di Barengo convinse “Farfallino”, - questo il soprannome di Borel - che decise di aggregarlo alla squadra riserve per una partita contro il Fossano. La domenica successiva, il 12 maggio 1946, Boniperti tornò così a Torino sulla Topolino del dottor Perone per la prima partita della sua vita con la maglia bianconera. La sfida finì con un nettissimo 7-0 in favore della Juventus: tutti i gol furono segnati da Giampiero Boniperti. Carlin, pseudonimo di Carlo Bergoglio, storico giornalista di Tuttosport, scrisse il giorno successivo: “È nato un settimino”. “La Juve - racconta Boniperti nel suo libro - mi fece firmare il cartellino nel sottopassaggio che portava agli spogliatoi”.
Nel suo libro la leggenda juventina racconta anche un altro curioso aneddoto, accaduto nel 2002 ma riferito a quella partita del maggio del 1946: “All’inaugurazione a Torino del monumento dedicato a Coppi mi si avvicina un signore in costume da Gianduia, la maschera della città. ‘Buongiorno presidente. Sono Flamini, ero in porta nel Fossano quando lei ha sostenuto il provino per la Juve. Continuava a farmi gol. Addirittura sette me ne ha segnati’. Ero paralizzato dallo stupore. Guardavo quell’uomo come avrei guardato un marziano: l’avevo visto la prima volta ragazzo nel ’46 e l’ho ritrovato nel 2002”.