Il Comune di Dogliani in occasione del Giorno della Memoria ha scelto di raccontare, sul proprio sito web e diffondere attraverso la propria pagina Facebook e Instagram, un frammento di microstoria locale, fino ad oggi poco noto, legato ad una famiglia con radici doglianesi che ha vissuto la tragedia della Shoah.
Molti, forse troppi, sono abituati a pensare alle persecuzioni razziali perpetrate dal nazifascismo e culminate nell’Olocausto come a fatti storici distanti da noi, che non hanno riguardato le realtà dei Comuni di Langa in cui viviamo.
La narrazione storica però, non è solo una sequenza di eventi lontani e racchiusi nei libri, ma ci interpella portando alla luce anche vicende dagli inediti risvolti umani, che ci toccano da vicino. Infatti anche nelle nostre zone si sono verificati episodi di persecuzioni razziali e deportazioni, così come, fortunatamente, straordinarie esperienze di solidarietà e coraggio.
Grazie alla testimonianza di prima mano e all’archivio personale della famiglia di Lucio Levi, docente universitario torinese con radici a Dogliani, e ai documenti ricavati dal ricchissimo archivio online dello Yad Vashem di Gerusalemme (Centro mondiale per la Memoria della Shoah) e dal sito del Centro Documentazione Ebraica di Milano, è stato possibile documentare le vicende della famiglia di Dario Levi.
Racconta oggi il professor Lucio Levi, figlio di Dario: “Dopo l'armistizio dell’8 settembre del 1943 e la successiva occupazione tedesca, iniziò la fase più drammatica della guerra, tra cui la caccia alle persone di fede ebraica. Nell’ottobre di quell’anno, dopo il bombardamento della nostra casa a Torino, la mia famiglia (mio padre Dario, nato nel 1904, mia madre Erminia, nata nel 1913, il sottoscritto, nato nel 1938 e mia sorella Donatella nata nel 1942) ha cercato rifugio in una casa di mio nonno a Dogliani (n.d.r. abitazione sita in via San Rocco). Quando, nel dicembre del ‘43, ci è giunta la notizia che nove dei nostri parenti che vivevano a Torino e a Casale Monferrato, la città di mia madre, erano stati deportati nei campi di concentramento in Germania, e per il fatto che, in paese, mio nonno era universalmente conosciuto come ebreo, mio padre decise di cercare rifugio altrove. Mio padre fu costretto a lasciare il suo lavoro: un suo amico, che lavorava come impiegato nel comune di Cherasco, fornì ai miei genitori delle false carte d'identità.
Il 2 dicembre di quell’anno è stato un giorno molto triste per la mia famiglia. La mattina presto due carabinieri ci svegliarono mentre dormivamo nella casa di mio nonno a Dogliani: avevano un mandato di cattura contro tutti i membri della mia famiglia, ma erano disposti a non eseguire immediatamente l'ordine, a condizione che noi sparissimo prima della fine della giornata. Quel giorno ci siamo allontanati su un carro trainato da cavalli diretti verso borgo Rovelli, a Cissone. Rimanemmo nascosti lì fino al 25 aprile 1945. A casa di Sabino Cagnassi che, con grande coraggio, ogni volta che arrivavano le truppe tedesche proteggeva il nostro nascondiglio.
Solo la straordinaria generosità di quest'uomo e della sua famiglia ci ha salvati dai pericoli della guerra. ‘Bino’ insegnò a mio padre come coltivare un orto e diede a tutta la mia famiglia ogni tipo di assistenza senza compenso monetario, tranne l'affitto della casa. Per questo motivo, mi sono impegnato perché Sabino Cagnassi meritasse il titolo di Giusto tra le Nazioni, cerimonia avvenuta a Cissone nel giugno del 2015 alla presenza del Ministro Consigliere dell’Ambasciata Israeliana di Roma, Rafael Erdreich”.
Non ebbero lo stesso fortunato destino due parenti di Dario Levi. Il fratello Franco, nato a Dogliani il 7 gennaio 1910, avvocato, sposato con Marianna Cravero, venne arrestato a Torino il 31 agosto 1944 da soldati tedeschi. Trasferito in un primo tempo al campo di concentramento di Bolzano, il 24 ottobre 1944 venne deportato ad Auschwitz. Non sappiamo se Franco arrivò vivo nel lager, se superò la selezione iniziale e fu immatricolato oppure se fu ucciso al suo arrivo. Nel cimitero ebraico di Cherasco è collocata una lapide con il suo nome.
Recentemente, grazie all’impegno della famiglia di Lucio Levi è stata collocata a Torino, di fronte alla casa in cui venne arrestato in corso Valentino 7 (attuale corso Marconi 7), una pietra d’inciampo in sua memoria.
Stolpersteine (Pietre di inciampo) è un progetto artistico diffuso in tutta Europa, nato da un’idea dell’artista tedesco Gunter Demnig, per contrastare l’oblio e le cattive memorie sulla tragedia delle deportazioni naziste. Per ricordare le singole vittime del nazismo, l'artista produce piccole targhe di ottone poste su cubetti di pietra, che sono poi incastonati nel selciato davanti all'ultima abitazione della vittima. La targa riporta la scritta “Qui abitava…”, il nome della vittima, data e luogo di nascita e di morte/scomparsa.
Destino simile ebbe lo zio Oreste Ezechiele (fratello di Camillo Levi, padre di Dario): anche lui nato a Dogliani il 4 aprile 1885, fu arrestato a Intragna, nei pressi di Novara, il 19 giugno 1944 e deportato dal Campo di Bolzano con lo stesso convoglio del nipote Franco, nel campo di sterminio di Auschwitz. Non sopravvisse alla Shoah.
Per non rischiare di rendere il dovere della memoria un esercizio retorico, diventa importante assegnare nomi, volti, identità ai milioni di vittime della barbarie nazista. Far conoscere e condividere storie drammatiche che appartengono alla nostra comunità e al nostro territorio ci permette di fare memoria viva e interpellare senza scuse le nostre coscienze. Il Comune di Dogliani ha ringraziato pubblicamente Lucio Levi e ai suoi familiari per la condivisione della sua storia e la gentile concessione delle foto dell'archivio familiare.