Con una lettera rivolta a tutti gli sposi e le famiglie della diocesi, monsignor Marco Brunetti, invita a fare tesoro di questo periodo difficile, segnato dalla pandemia, manifestando la sua vicinanza a quanti hanno vissuto momenti di dolore e di lutto, di ristrettezze economiche e preoccupazioni. Ma allo stesso tempo sprona a saper leggere da credenti il nostro tempo, lasciandoci guidare dalla parola di Dio e dalla preghiera. Di qui il suggerimento di attivarsi perché ogni famiglia diventi una piccola chiesa, specialmente in questo periodo di Avvento, in preparazione al Natale: "Quando preghiamo facciamo esperienza di Dio ma facciamo anche esperienza di noi stessi, comprendiamo più chiaramente la nostra identità. Per questo motivo, a partire da questo tempo d’Avvento, vorrei incoraggiarvi a vivere più intensamente la preghiera in famiglia o, eventualmente, a scoprirne e riscoprirne la bellezza".
Di seguito il testo della lettera.
Carissime famiglie, carissimi sposi della nostra diocesi di Alba,
vorrei dedicarvi un po’ di tempo, attraverso queste semplici righe, per condividervi un forte sentimento di affetto e di partecipazione che provo nei vostro confronti! Con ciò non intendo assolutamente dimenticare quanti non vivono una dimensione strettamente fa-
miliare ma riconosco – come ebbe a dire più volte san Giovanni Paolo II – che la famiglia è la prima e più importante cellula della Chiesa e di tutta la società. Essa è quella fondamentale comunità nella quale si radica l’intera rete delle relazioni sociali, da quelle più immediate e vicine a quelle più lontane. Verrebbe da riassumere affermando che la buona salute della famiglia è condizione essenziale per la salute di tutta la società! In questo senso prendersi cura della famiglia equivale a prendersi cura di tutti!
Vorrei entrare idealmente nelle vostre case, in punta di piedi. Così. Come quando si passa senza pre-avviso e ci si siede un momento per scambiare due parole in amicizia.
Vorrei poter ascoltare la sofferenza di quanti fra di voi si sono visti strappare via brutalmente un caro da questa pandemia: un coniuge, un genitore, un nonno, un figlio, un amico... senza poterli salutare per l’ultima volta, stringere loro la mano fino alla fine o prendersi cura con tenerezza del loro corpo. Vorrei poter piangere con voi ma vorrei anche potervi dire una parola di consolazione non solo nella
certezza di sapere i vostri cari vivi in Cristo, accanto a voi in modo differente, ma anche nella persuasione che l’amore che avete vissuto lungo tutta una vita non può essere cancellato e neppure scalfito dalle lontananze a cui vi ha costretto il Covid-19.
Vorrei poter ascoltare le inquietudini di quanti tra di voi sono preoccupati per il loro lavoro e per il futuro economico della nostra so-
cietà nella quale i vostri figli stanno crescendo e saranno chiamati a vivere. A questi problemi – ve lo confesso – non ho risposte immediate o soluzioni tecniche ma porto con me la convinzione che la speranza per un futuro buono della nostra società non sia una mera utopia ma si fondi sul riconoscersi tutti fratelli e non antagonisti, vivendo, sostenendo e incrementando una condivisione solidale e concreta.
‘‘Vorrei poter ascoltare i più giovani: i ragazzi e gli adolescenti, strappati dal gruppo, alla loro età punto di riferimento importantissimo, e impegnati nella didattica a distanza, senza neppure poter fare sport o uscire la sera con gli amici. Vorrei fermarmi con i bambini, che spesso fanno tenerezza per il loro rapido e responsabile adattarsi alle regole, e imparare da loro a conservare sempre uno sguardo di meraviglia sulla vita. Desidero però tentare con voi un passo in avanti. Come credenti infatti non possiamo sottrarci ad una lettura della realtà che sappia andare oltre quella dei dati e delle pur legittime tecniche di contenimento, una lettura sapienziale capace anche di prolungarsi nel tempo per comprendere e interpretare i tempi che verranno, con tutte le loro incognite. L’essere cristiani infatti non porta ad evadere la realtà ma – come fece Gesù stesso – a immergersi in profondità in essa, facendosi compagni di ogni uomo e testimoniando con la vita la bellezza che nasce dall’essere raggiunti, sorpresi e rischiarati dal Vangelo, da Cristo; la gioia del poter fare esperienza di Lui nella Chiesa e comunicare agli altri l’amicizia con lui.
Ma come possiamo vivere questa lettura profonda della realtà? I tanti santi che ci hanno preceduto ci indicano unanimi due strumenti fondamentali: la Parola di Dio e la preghiera.Nella Parola, in modo particolare nella Parola dei Vangeli, è Cristo stesso che ci parla, che parla alla nostra vita nell’oggi della nostra esistenza. Conosco non poche coppie che attraverso l’ausilio dei messalini in vendita nelle librerie cattoliche o delle app che spopolano sugli smartphone iniziano la loro giornata leggendo di Vangelo proposto dalla liturgia quotidiana – a casa o durante il viaggio che li porta al lavoro –, provando poi a conservare quella Parola lungo la giornata e a farla risuonare in loro con molta semplicità, chiedendosi «Che cosa vorrà dirmi il Signore con questa Parola?» oppure «Che cosa vorrà dire alla nostra coppia?» e, alle volte, riuscendo la sera a condividere alcune ispirazioni.
La lettura pregata della Parola accresce la comunione con Dio e ci aiuta a guardare più in profondità la realtà, con una luce nuova.
Riguardo alla preghiera mi rendo conto che la nostra società, basata spesso sull’efficienza e la produttività, la ritenga pressoché inutile! A cosa possono servire parole e riti che sembrano non produrre nulla, per giunta nell’emergenza in cui siamo immersi in questo nostro tempo?
Vi confesso che quindici anni fa mi colpirono molto le parole di Benedetto XVI nella sua prima enciclica: «La preghiera, come mezzo per attingere sempre di nuovo forza da Cristo, diventa un’urgenza del tutto concreta. Chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell’emergenza e sembra spingere unicamente all’azione.» (Deus caritas est, 36) «Chi prega non spreca mai il suo tempo» Forte questa affermazione! Allora la famiglia che prega non spreca mai il suo tempo, anzi! Nella preghiera l’uomo scopre in modo quanto mai semplice ed insieme profondo sia il volto di Dio che, allo steso tempo, il proprio volto. Quando preghiamo facciamo esperienza di Dio ma facciamo anche esperienza di noi stessi, comprendiamo più chiaramente la nostra identità.
Per questo motivo, a partire da questo tempo d’Avvento, vorrei incoraggiarvi a vivere più intensamente la preghiera in famiglia o, eventualmente, a scoprirne e riscoprirne la bellezza. Qualcuno di voi mi dirà: «Ma andiamo già a Messa insieme!». E questo è molto bello! La Messa è fonte e culmine della vita e della preghiera cristiana ma... non è tutto! Anzi, che la preghiera del cristiano si “riduca” alla Messa domenicale, perdendo la dimensione personale e domestica della preghiera, può diventare un grave rischio! Si può essere davvero comunità, grande Famiglia di Dio radunata nella celebrazione dell’Eucaristia, nella misura in cui si vive la dimensione della
piccola Chiesa domestica, con la propria famiglia, consapevoli che con il sacramento del matrimonio Gesù stesso viene incontro ai coniugi cristiani per rimane con loro. Attraverso il vostro essere sacramento il Signore desidera abitare nella vostra famiglia reale e concreta, con tutte le gioie, le sofferenze, le lotte e i propositi quotidiani (cfr. Francesco, Amoris Laetitia, 73.315).
Come per tutti noi la famiglia è stata il primo luogo in cui abbiamo sperimentato le relazioni umane così dovrebbe essere il primo luogo in cui fare esperienza di Chiesa e, dunque, di Dio. Comprendo come tutto ciò non sia né facile né immediato. Ricordo però quante volte, nella mia esperienza di parroco, giovani coppie di sposi o famiglie mi hanno chiesto: «Don, ci insegni a pregare?». Mi piacerebbe terminare questa lettera abbozzando con voi e per voi una risposta a questa domanda.
Tuttavia più che tecniche o sussidi per la preghiera vorrei condividere con voi qualche ingrediente che potrete adattare alla vostra situazione e alla storia personale della vostra famiglia per alimentare la preghiera e, con essa, uno sguardo credente, uno sguardo sapienziale sulla vita e sulla realtà. Per brevità mi lascio guidare da due coppie di interrogativi. Dove e quando pregare?
Mi è capitato di vedere in alcune famiglie un piccolo “angolo della preghiera”. Una mensola, un tavolino, un ripiano, con poche cose: un’icona, un crocifisso, una candela. Un luogo semplice, un po’ appartato nella casa, dove potersi fermare sia personalmente che come famiglia. È una cosa bella ma non indispensabile. Come le chiese hanno i loro altari così anche le vostre case... e più di uno! Per un tempo di preghiera in famiglia penso soprattutto alla tavola da pranzo ma siate liberi e creativi. Per esempio, perché non mettersi di fronte al Presepe nelle sere d’Avvento, oppure alla finestra durante la prima nevicata; o ancora nelle sere d’estate sul terrazzo o in giardino? Mi sembra poi di capire dalle tante famiglie amiche che il tempo più favorevole sia la sera, dopo aver cenato, prima di andare a letto. È un tempo opportuno per lasciare sedimentare la giornata e rileggerla insieme al Signore.
Quanto e come pregare?
Prendo in prestito le parole di papa Francesco: «Si possono trovare alcuni minuti ogni giorno per stare uniti davanti al Signore vivo, dirgli le cose che preoccupano, pregare per i bisogni famigliari, pregare per qualcuno che sta passando un momento difficile, chiedergli aiuto per amare, rendergli grazie per la vita e le cose buone, chiedere alla Vergine di proteggerci con il suo manto di madre. Con parole semplici, questo momento di preghiera può fare tantissimo bene alla famiglia.» (Amoris Laetitia, 318)
Si può cominciare tracciando rispettivamente sulla fronte del coniuge e dei figli il Segno della Croce, come nel giorno del Battesimo. Se ci sono dei bambini si può chiedere loro di accendere una candela, richiamo anch’esso del Battesimo e segno della presenza di Cristo là dove due o tre sono riuniti nel suo nome (cfr. Mt 18,20). Se si vuole si può riprendere la lettura del Vangelo del giorno ma più di tutto
trovo bello – come consiglia Francesco – lasciare spazio alla narrazione, istaurando un dialogo con il Signore dove a turno si può condividere ad alta volta un motivo di ringraziamento per qualcosa di concreto vissuto nella giornata, una richiesta di perdono oppure una preghiera per qualcuno che ci sta a cuore o un bisogno che sentiamo urgente o ancora una preghiera di lode per qualcosa di gratuito e inaspettato che si è vissuto... Sempre con molta semplicità si può concludere con la preghiera del Padre Nostro e affidare la propria famiglia alla Vergine con l’Ave Maria aggiungendo, a seconda delle circostanze, la preghiera dell’Eterno Riposo o dell’Angelo di Dio.
Immagino che per alcuni occorrerà vincere l’imbarazzo iniziale! La preghiera è l’atto più intimo che una coppia o una famiglia possano vivere. Come per ogni cosa intima un po’ di disagio e di soggezione all’inizio sono normali. Si deve essere disposti a mettersi a nudo, a scoprire le debolezze, le paure, a deporre le corazze anche davanti ai bambini... un bel passo impegnativo. L’importante è non lasciarsi
frenare e continuare, sperimentando anche forme diverse, a rimanere fedeli a quei “pochi minuti” sia nei giorni di “sole” che in quelli “nuvolosi”.
Capite quanto può essere importante la preghiera per una famiglia? Pregare vuol dire rileggere il proprio vissuto famigliare sapendo scorgere nella quotidianità quel di più, quella dimensione di senso e di stupore negli avvenimenti che accadono nelle trame della vita familiare. Pregando è come se coltivassimo lo stupore per l’esistenza, sempre!
La preghiera non trasforma magicamente la realtà ma cambia gli occhi e il cuore di chi prega, trasfigura lo sguardo sulla realtà e il modo di affrontarla! Anche il tempo della prova o i conflitti, che alle volte sorgono in una famiglia, possono assumere un altro volto e avere altri esiti se attraversati e vissuti mantenendo fede alla preghiera, a questo incontro intimo con il Risorto!
Mi sono dilungato oltre misura ma desideravo davvero farmi prossimo a voi famiglie, invitandovi proprio in questo tempo, a tratti drammatico, ad allargare lo sguardo da credenti. La preghiera infatti non ci fa chiudere gli occhi ma, al contrario, ce li fa tenere bene aperti, soprattutto sui fratelli e le sorelle più bisognosi e credo che sempre più, a partire nell’immediato futuro, saremo chiamati a
vivere questa attenzione concreta! Di vero cuore vi saluto e vi benedico augurandovi un buon cammino d’Avvento.
Marco, Vescovo