69, le vittime in Piemonte.
29, quelle in provincia di Cuneo.
Oltre 2 mila, i feriti.
2.226, gli sfollati.
9 metri, il livello raggiunto dal Tanaro a Farigliano, ben 3 metri oltre il precedente massimo storico.
1.330 metri cubi al secondo, la portata raggiunta dal torrente Belbo a Santo Stefano Belbo, contro una portata normale di circa 220 metri cubi al secondo.
Basterebbero i freddi numeri - qui solo alcuni di quelli che raccontano il dramma di quei giorni - per rendere l’idea di cosa sia stata l’alluvione del 1994 per il Piemonte e per la provincia di Cuneo. Basterebbero per tratteggiare i contorni di un evento catastrofico, dal punto di vista geo-idrogeologico uno dei più gravi mai avvenuti in Piemonte. Basterebbero, o forse no, perchè non si può spiegare solamente con i freddi numeri l’impatto che l’alluvione del 1994 ha avuto, e ha tutt’oggi, nella memoria collettiva dei piemontesi. Nel corso dei decenni il Piemonte e la provincia di Cuneo hanno dovuto loro malgrado fare i conti con diverse alluvioni, ma nessuna ha avuto ripercussioni paragonabili a quella di trent’anni fa, nessuna ha lasciato le cicatrici profonde che ancora pulsano, a trent’anni di distanza, nei primi giorni di novembre.
L’incubo iniziò il 4 novembre, con forti precipitazioni nei settori meridionali della regione, al confine con la Liguria. Nella notte tra il 4 e il 5 novembre i temporali raggiunsero la loro massima intensità: a fine evento sarebbero stati oltre 600 i millimetri di pioggia caduti su tutta la regione. Per tutta la giornata del 5 novembre i rovesci si allargarono all’astigiano, alla Langa cuneese, all’alessandrino, gonfiando a dismisura i bacini del Po, del Tanaro e degli affluenti. Il giorno dopo, il 6 novembre, le piogge più forti si sarebbero poi spostate tra la val Pellice e la val Sesia, mentre in provincia di Cuneo già si viveva il dramma.
Le precipitazioni si lasciarono infatti alle spalle una scia di morte e devastazione. In 69 persero la vita, a molti altri non rimase che la vita, persi la casa e tutti i propri averi: particolarmente sconvolto fu tutto il tratto compreso tra Ormea e la confluenza con la Stura di Demonte a Cherasco, dove il Tanaro distrusse quasi totalmente la maggior parte dei manufatti civili presenti sulle sue sponde (abitazioni, ponti, strade), mutando anche per ampi tratti in modo definitivo la fisionomia del suo letto e del fondovalle. Ceva, Alba e Asti finirono sott’acqua per un terzo della loro superficie, molti centri rimasero isolati per giorni: ad Alessandria, sommersa quasi per la metà del suo territorio, persero la vita quattordici persone.
Si trattò della prima grande emergenza che coinvolse il Servizio Nazionale di Protezione civile, istituito due anni prima: l’evento pose al centro la necessità di potenziare le attività di previsione e prevenzione dei rischi. Dieci anni dopo il sistema di Protezione civile avrebbe potuto contare sulla rete dei Centri Funzionali, con compiti di previsione, monitoraggio e sorveglianza dei fenomeni meteorologici e valutazione degli effetti sul territorio.
Al di là della mera cronaca dei fatti, in ogni caso, è l’impatto sulla memoria collettiva a fare dell’alluvione del 1994 un evento epocale per il nostro territorio. Quando un piemontese sente pronunciare la parola “alluvione”, il pensiero va sempre, inevitabilmente, ai fatti del 1994, nonostante il Piemonte e la Granda abbiano vissuto tante altre alluvioni. È così anche per chi scrive. Nel novembre del 1994 avevo appena tre anni e qualche mese. Ho pochi, pochissimi ricordi di quel periodo, eppure, incredibilmente, l’alluvione è uno di quelli, nitida nella mia mente. Vivevo ad alcune decine di chilometri dalla zona più colpita, eppure ricordo fotogrammi indelebili di quei giorni. Ricordo la pioggia incessante: tanta, tantissima, che sembrava non finire mai. Ricordo i racconti di mio padre, operaio dell’Enel che lavorava anche nelle centrali nei pressi del Tanaro, che una volta tornato a casa ci diceva della devastazione vista con i propri occhi. Ricordo la preoccupazione nella sua voce e nei suoi occhi. Come ho detto non ricordo molto di quegli anni, ma l’alluvione del 1994, quella sì, quella me la ricordo, pur non essendone stato direttamente toccato. Forse non significa molto, forse non significa quasi niente, eppure questo mi ha sempre fatto riflettere sull’impatto che quel disastro ha avuto sulle terre in cui vivo da sempre.
In provincia di Cuneo, come ricordato in apertura, i morti furono ventinove. È soprattutto a loro che oggi, nel trentennale della tragedia, vanno i pensieri e i ricordi. Questi i loro nomi: Felicita Bongiovanni, Adriano e Giuseppe Bonino, Giuseppe Borra, Dionisio Camera, Giovanni Conterno, Maria Di Paola, Loredana Giacone, Gianstefano Garelli, Caterina Giobergia, Dorian Gjata, Carmine Iannone, Haki Leknikaj, Anna Maria Magliano, Maria Mancardi, Daniela Mascarello, Gianfranco Milano, Lorenzo Monti, Mario Pastura, Giuseppe Peisino, Angelo Pignataro, Maria Robaldo, Emiliano Rossano, Riccardo Sobrino, Livio Taricco, Franco Turco, Angela Vero, Rinaldo Voarino, Daniele Vola.
Nel video, gentile concessione del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Cuneo, alcune immagini girate in quei giorni nelle zone alluvionate.