Riceviamo e pubblichiamo una riflessione del presidente LVIA Sandro Bobba.
Egregio direttore,
stiamo vivendo in questi giorni un’esperienza sicuramente inedita per gran parte della popolazione mondiale, un’esperienza che molti non esitano a paragonare a uno stato di guerra, pur non avendo mai avuto alcuna esperienza di guerra in prima persona. Molti altri approfittano del maggior tempo a disposizione per trastullarsi con sterili polemiche sulle misure intraprese dal Governo (da alcuni considerate troppo restrittive e da altri insufficienti). Ho letto e sentito molte persone, alcune di esse anche autorevoli opinion leaders, fare previsioni sulla durata di questa pandemia e sugli effetti con cui saremo costretti a fare i conti. Quasi tutti comunque, manifestano il desiderio (o la semplice speranza) che tutto torni ad essere come prima nel più breve tempo possibile.
Secondo me sta proprio qui il tema più importante su cui dovremmo tutti riflettere: veramente desideriamo che tutto torni come prima? Io no. “Come prima” significa ingiustizia, povertà, disuguaglianze, consumismo, speculazione, sfruttamento, non rispetto dell’ambiente e molto altro ancora. Penso che questo difficile e triste momento di crisi (dal greco, scelta) che stiamo attraversando debba farci aprire gli occhi per renderci conto che abbiamo bisogno di cominciare a guardare un po’ più in là del nostro piccolo mondo troppo spesso fatto di polemiche, di sterili critiche, di individualismi o difesa di interessi personali o di classe. Vorrei che la stessa inevitabile commozione che tutti noi abbiamo provato nel vedere la lunga fila di mezzi militari che a Bergamo trasportavano le bare verso la cremazione in altre città per l’impossibilità di gestire l’elevato numero di morti, ci colga in modo altrettanto struggente di fronte ai milioni di morti che ogni anno nel mondo sono vittime di fame, sete, malattie a noi note e assolutamente curabili, guerre, carestie, migrazioni e molto altro.
Vorrei che l’impegno dei nostri governi nel gestire l’emergenza COVID-19 (encomiabile quello del nostro Primo Ministro che, sinceramente, non avrei dato per scontato solo pochi mesi fa), fosse lo stesso nel gestire emergenze molto più gravi di cui siamo tutti al corrente e che a volte facciamo finta di non vedere perché non ci coinvolgono in prima persona o perché non accadono sotto casa nostra. Vorrei che si instaurasse un governo mondiale dove gli interessi delle persone prevalgano sugli interessi economici di pochi e non avvengano speculazioni, a cui stiamo purtroppo assistendo anche oggi per quanto riguarda la crisi del coronavirus, da parte dei soliti pochi sulla pelle dei soliti molti. Vorrei ancora una società che rispetti la Madre Terra, di cui siamo semplici ospiti, e che non ci chiede null’altro se non di attuare con essa una convivenza rispettosa di ciò che ci è stato concesso, nell’interesse nostro e di chi verrà dopo di noi. E infine, vorrei che ogni donna e ogni uomo ritrovi se stesso e il senso della vita, imparando a discernere fra quello che veramente è il bene comune e quello che invece è ricerca affannosa del proprio effimero benessere individuale.
Qualcuno mi dirà, forse a ragione, che sono un po’ troppo esigente e che tutto questo non potrà mai avvenire perché da sempre questa è la natura umana. Sarà anche vero, ma sono convinto che se non cogliamo occasioni come questa per renderci conto di quello che veramente è importante e quello che invece ci porterà verso l’autodistruzione, avremo perso un’altra occasione. E chissà quante altre ancora ne potremo avere. I segnali sono chiari e la scienza ci aiuta spesso a coglierli e renderceli comprensibili, ora sta a noi e solamente a noi, utilizzare la nostra capacità di discernimento e cambiare i nostri atteggiamenti. Alcuni segnali colti in queste settimane mi rendono ottimista rispetto alle possibilità di un reale cambiamento nei nostri atteggiamenti, mi riferisco a tanti piccoli gesti di solidarietà provenienti da diverse parti del paese ma anche dall’estero, molto spesso dettati dall’emotività che indubbiamente suscita la situazione generale. Sarà quindi importante trasformare questi slanci emotivi in comportamenti costanti e duraturi di solidarietà con tutti gli esseri umani.
Nel frattempo in LVIA, come molti oggi nel mondo, continueremo a dare il nostro contributo in Africa e in Italia secondo le nostre capacità e le nostre competenze, per continuare la nostra infinita battaglia contro le diseguaglianze e la povertà nelle modalità e con i limiti che la pandemia ci consentirà, ma sempre e comunque coscienti che in ogni nostra azione, in ogni nostro progetto, l’essere umano debba essere sempre e comunque al centro del nostro agire.
A questo proposito voglio concludere condividendo con chi legge l’orgoglio di rappresentare un’Associazione che, malgrado tutto, ha scelto insieme a tutto il proprio personale di non sospendere le attività, ma di continuare a operare nei nostri progetti in Africa e, per quanto ci sarà concesso, in Italia.
Sandro Bobba,
presidente LVIA