ENTRACQUE - Baita Monte Gelas, una struttura aperta al mondo

Lo storico locale, fondato nel 1953, che da tre generazioni è gestito dalla famiglia Gerbino di Entracque, quest'anno ha quattro dipendenti argentini e uno senegalese

foto G. Bernardi

Comunicato stampa tratto dal sito internet del Parco Alpi Marittime 05/09/2024 15:32

“È bello lavorare con persone di altre culture e di altre nazioni perché ho l’impressione che chi arriva da lontano veda le cose locali in modo più positivo”.
A parlare è Nico Gerbino, 32 anni, figlio di Renzo e Michéle, proprietari della Baita Monte Gelas a San Giacomo di Entracque. Nella struttura, affiancata dal rifugio escursionistico e posto tappa Gta, dall’inizio della stagione turistica lavorano quattro argentini: Gullermina, Marleen, Luca e Rodrigo. Gli ultimi tre sono gli unici residenti della frazione. Con loro lavora anche Ouseynou, senegalese che è alla sua seconda stagione dai Gerbino.
 
Quattro storie diverse le loro, accomunate dall’aver risposto alla difficoltà della Baita, di reperire collaboratori stagionali “volenterosi e polivalenti, disponibili a lavorare in sala e in cucina, nel rifugio quanto nell’orto”, dice Michéle. Per gli argentini, tutti con antenati italiani è anche l’occasione per ricongiungersi con il nostro paese. Una legge del 1912 prevede che gli emigrati all’estero hanno diritto alla richiesta di cittadinanza purché almeno uno degli loro avi sia morto dopo la proclamazione del Regno d’Italia (17 marzo 1861).
 
È Nico ad aver aperto le porte della Baita al mondo. Cresciuto sotto le fronde dei grandi faggi di San Giacomo e nella casa dove in primavera gli stambecchi scendono a leccare il sale sulle pareti esterne, si è laureato in Economia e Commercio, ha iniziato a scarpinare e scalare montagne, a fare il giramondo e lavorare dietro il bancone dell’esercizio ricettivo di famiglia. Terza generazione dei Gerbino dello storico locale fondato, nel 1953, dai nonni “Gianni” (Giovanni) e Caterina che ha tramandato a Michéle la ricetta di un ineguagliabile coniglio con polenta macinata a pietra. “Ci sono clienti che fanno tanti chilometri e vengono a gustarla fino due volte la settimana”, gongola Renzo.
 
È in Argentina che Nico ha conosciuto Marleen Van Olphen, 35 anni, laureata in fisioterapia. Si sono incontrati durante un’escursione sulle Ande. Nico aveva bisogno di un passaggio in auto e Marleen aveva voglia di viaggiare. Eccola a San Giacomo per un’esperienza unica: “Ho trovato una famiglia, il cibo buonissimo di Michéle e delle montagne straordinarie. Sto bene ma tornerò in Argentina dove ci sono difficoltà ma la vita mi soddisfa, ci sono i miei parenti ed amici e si vive felice godendosi quello che si ha”. La nonna di Marleen era triestrina e attraversò l’oceano a 6 anni con tutta la sua famiglia.
 
Luca Ferretti, 32 anni, ha un nome che non lascia dubbi sulle sue origini. I suoi nonni partirono dalla provincia di Alessandria. “Lui è un cittadino. - dicono gli amici - La sua famiglia vive nel più bel quartiere di Buenos Aires”. Ha incontrato Nico a Saint Luis, in un ostello. Luca lavorava e ha preso il “gancio” per un’esperienza a San Giacomo, fare le pratiche di cittadinanza e guadagnarsi il passaporto per girare più facilmente il mondo.
 
Rodrigo di anni ne ha 38, è commercialista e vive nel nord dell’Argentina, non lontano dal Cile. È in Italia dall’aprile 2023. I suoi antenati erano di Montemurro piccolo paesino sperduto nel cuore della Basilicata: “Ci sono andato, ma non ho trovato lavoro poi tramite Lucia - un’altra argentina che lavorava nel 2023 alla Baita - sono arrivato a San Giacomo e dopo aver fatto la stagione invernale a Limone sono tornato di nuovo in Valle Gesso. Vorrei viaggiare e lavorare all’estero ancora per tre anni e imparare bene l’inglese. Tornerò in Argentina per aprire una piccola struttura ricettiva e continuare la mia attività di consulente nel mio paese che sto proseguendo anche dal mia permanenza in Italia. Intanto qui a San Giacomo parlo italiano con i clienti, imparo ricette, faccio esperienza”.
 
“Una seconda opportunità”, dopo una malattia. Questo è per Guillermina il suo soggiorno nel nostro paese, che vorrebbe fosse presto anche il suo. Informatica, per dieci anni ha lavorato come dipendente a tempo indeterminato nel Comune della sua città, poi ha svoltato. Due anni di vita in Brasile e poi nel vecchio continente e dai Gerbino dove si siede al tavolo con i clienti per prendere gli ordini: “Mi piace parlare con la gente, imparare le ricette e i piatti del nord e sud Italia. E poi voglio esplorare tutti i sentieri del Parco. A San Giacomo ho trovato qualcosa di speciale mi piace l’attenzione che viene posta nella scelta dei prodotti, il più possibile locali”.
 
Ouseynou ha 56 anni, è arrivato in Italia, da Grenoble, nel 2022, per ricongiungersi a parenti. Ha braccia segaligne, le dita lunghe e nervose che usa con straordinaria abilità sul grande tamburo africano. Lui è un artista fa parte di una nota formazione musicale che si esibisce in concerti e spettacoli, attività che affianca al lavoro stagionale alla Baita.
 
“Il mondo è globalizzato - dice Nico - le merci viaggiano ovunque e perché non possono farlo le persone che vogliono fare esperienze di lavoro? Qui alla Baita stiamo dando questa possibilità e la clientela apprezza, è incuriosita, chiede informazioni, si instaura un dialogo e si scopre un’incredibile quantità di legami tra Italia e Argentina”.
 
San Giacomo è un “Bout de monde” dove una strada finisce ma se ne aprono tante altre. Per questo già nei tempi lontani, al servizio di viandanti e pellegrini, c’era un ospizio, citato già nel 1200 tra le dipendenze della Diocesi di Asti. Sorgeva più o meno dove si trova l’attuale rifugio escursionistico e accoglieva senza distinzioni chi era in cammino per superare le Alpi e addirittura raggiungere Santiago di Compostella. Oggi dalla località transitano ogni anno centinaia di escursionisti. San Giacomo è un luogo dove la gente di tutto il mondo si trova riunita dalla passione per la montagna e per la natura incontaminata. Per loro non conta altro e, come per chi vive e lavora qui, le frontiere non hanno importanza. “Borders I have never seen one. But I have heard they exist in the minds of some people” (Frontiere. Non ne ho mai vista una. Ma ho sentito dire che esistono nella mente di alcune persone), scriveva l’antropologo e viaggiatore Thor Heyerdahl.

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