Grande successo, domenica 20 febbraio, all’auditorium Borelli per l'evento dedicato alla memoria di padre Giuseppe Girotti che, nel mezzo delle atrocità della seconda Guerra mondiale ha rappresentato una luce di speranza per tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.
Il sacerdote di Alba, beatificato nel 2014, infatti si distinse, per bontà e impegno verso le persone perseguitate dalla furia nazista, negli anni più cupi della prima metà del ‘900. Trovò la morte a Dachau, sfinito e probabilmente ucciso, a quarant’anni, tre giorni prima della caduta del Reich. È stato anche inserito tra i nomi dei giusti fra le nazioni.
Ad introdurre il docufilm, dopo l’accoglienza della consigliera Enrica Di Ielsi, ci ha pensato fra Massimo Rossi priore dei Domenicani di Torino che hanno fatto realizzare il film sulla vita del beato Girotti.
Toccante il suo intervento sulla fede e la speranza che hanno sempre accompagnato il difficile cammino del beato Girotti e che troppo ricorda la situazione attuale di insicurezza di fronte agli eventi che si stanno susseguendo in Ucraina, come ha sottolineato la stessa Enrica Di Ielsi, la quale, proprio partendo dal profondo significato di speranza dato da fra Massimo Rossi ha ricordato come oggi più di ieri abbiamo bisogno tutti di speranza avendo un'imminente guerra alle porte.
“In questo nostro tempo sembra esserci rimasto ben poco da sperare… ebbene, la speranza è il nutrimento del desiderio. La condizione necessaria per ogni progetto, la terza dimensione della storia – ha spiegato fra Massimo -. Senza la speranza il tempo sarebbe incagliato nell’oggi, come in un fermo immagine che cristallizza il presente e lo dilata all’infinito. Oggi si parla di eutanasia della speranza. Del resto, in un campo di sterminio nazista, in che cosa si poteva ancora sperare? Per padre Giuseppe Girotti, Dietrich Bonhoffer, padre Kolbe, Edith Stein e il Comandante partigiano cattolico Teresio Olivelli, l’invito accorato di San Paolo a “sperare contro ogni speranza” fu testimonianza vivente che il grido è più forte di quello della violenza e la luce vince sempre sulle tenebre”
Ha sottolineato fra Massimo: “E’ necessario precisare che l’azione di fra Giuseppe Girotti in favore dei perseguitati non scaturiva da una ideologia politica, ne’ mai si integrò in attività di partito, o azione partigiana: la sua opera rispondeva al richiamo della carità, obbediente alla vocazione di vivere con e per i poveri, gli emarginati, i perseguitati a causa della giustizia, secondo lo spirito delle Beatitudini”. Arrivato a Dachau, nell’autunno del ’44, gli venne imposto di spogliarsi per la disinfestazione: fra Girotti incoraggiò il compagno di prigionia don Angelo Dalmasso ad affrontare quella penosa umiliazione, dicendo “Coraggio siamo alla X stazione della Via Crucis”.
Don Dalmasso ha poi commentato così la persona di Girotti: “Era in ottimi rapporti anche con i non cattolici, aiutava gli altri in tutto quello che poteva. Si animava con la speranza in Dio e cercava di animare anche gli altri”. Alla notizia della sua morte nel campo, un anonimo compagno di prigionia incise sulla testiera del suo giaciglio “San Giuseppe Girotti”. Girotti ricevette numerose attestazioni di riconoscenza da parte del mondo ebraico, fino alla designazione di Giusto fra le Nazioni da parte del Governo di Israele. La Chiesa lo ha beatificato nel 2014. Marco Castagneri, del Centro Studio Giorgio Catti ha poi spiegato la nascita dell’associazione, nel 1966, per volontà di alcuni cattolici, che parteciparono attivamente alla resistenza partigiana in Piemonte. L’intento iniziale è stata la raccolta di scritti, diari, opuscoli, manifesti, riviste, libri che tendevano a valorizzare e testimoniare la partecipazione dei cattolici nell’esperienza resistenziale. Lo scopo era ed è di far conoscere l'azione svolta dai cattolici piemontesi - sacerdoti, religiosi e laici - per mantenere vivo lo spirito della Resistenza (e tale era qualsiasi atto di disobbedienza alle leggi razziali nazifasciste) fra gli internati e i deportati nei campi di concentramento".
Ha sottolineato Castagneri: “Siamo grati a Boves di aver organizzato questo pomeriggio in memoria di padre Girotti. Avevamo mandato la comunicazione della realizzazione del docufilm a numerosi altri Comuni e Boves è stato l’unico ad accogliere con entusiasmo la proposta!”.
Aldo Pellegrino, scultore bovesano che ha realizzato una copia della Madonna di Dachau, ha poi raccontato, attraverso un video, la creazione della sua opera tutt’ora visibile, fino a fine febbraio, nella chiesa di San Bartolomeo a Boves.
Sul palco del Borelli sono saliti, per i ringraziamenti di rito, anche la presidente Anpi Ughetta Biancotto e il sindaco Maurizio Paoletti che ha sottolineato come sia importante mantenere sempre vivo il ricordo dei fatti atroci che caratterizzarono la prima metà del ‘900 affinché non si ripetano: “Per questo il comune di Boves promuove ogni tipo di iniziativa volta al ricordo. E’ proprio dei giorni scorsi la videoconferenza con il Sindaco di Elassona in Tessaglia. Nella notte tra il 16 ed il 17 febbraio 1943 truppe italiane di occupazione, dopo aver distrutto il villaggio di Domenikon passarono per le armi oltre cento civili per rappresaglia. Una delle tante, troppe stragi avvenute nel secondo conflitto mondiale. Ammetto di aver provato vergogna per queste atrocità. Dobbiamo ricordarci, infatti, che noi non siamo stati solo occupati ma siamo stati anche invasori”.