Produzione castagne di montagna. Quali sono le prospettive dell’annata 2023 nella “Granda”? Ne abbiamo parlato con Marco Bozzolo, 32 anni, vicepresidente provinciale di Cia Cuneo e dal 2016 impegnato a gestire i castagneti di famiglia - 15 ettari - tra i 700 e i 1.000 metri di quota nella frazione castello del Comune di Viola. In Valle Mongia. Afferma: “Durante il 2022 abbiamo dovuto affrontare una stagione difficile e complicata, con la siccità che ha pesantemente condizionato la pezzatura del prodotto rimasta piccola. Tutto ciò ha inciso sulla resa complessiva, anche dal punto di vista della remunerazione economica. Quest’anno, nelle ultime settimane ha piovuto in modo abbondante e la fioritura dei castagni è partita bene. E’ ancora presto per poter trarre delle conclusioni sul risultato finale, perché tutto si giocherà nei mesi estivi, ma le prospettive sulla quantità e sulla qualità delle produzioni sembrerebbero buone”.
Il 2022 è anche stato contraddistinto dal prezzo di vendita delle castagne non adeguato rispetto ai costi? “Erano anni che non spuntavamo prezzi così bassi. Tra l’altro di fronte a un paradosso, in quanto l’inflazione ha raggiunto livelli alti e le castagne sono state pagate ai produttori in media la metà delle ultime stagioni: un euro contro i due nel Cuneese e mezzo euro contro l’uno nel Monregalese. Oltretutto con l’aumento esorbitante dei carburanti e dell’energia. Le spese sono state coperte appena al 60%”.
Si possono fare delle previsioni per il 2023? “Quest’anno dal punto energetico i costi si sono assestati e la nuova situazione sta accendendo qualche segnale di speranza in più. Però, stiamo ancora assistendo a dei rincari generalizzati sugli scaffali dei negozi e non sappiamo se tutto ciò si tradurrà in un aumento del prezzo ai produttori. In ogni caso, servirebbe un patto con i commercianti per valorizzare a un prezzo equo le castagne del territorio. Da parte di chi compra c’è bisogno di una maggiore disponibilità e di un atteggiamento meno miope, perché altrimenti la catena del valore salta. Se il produttore non si vede riconosciuti i costi e il margine economico per rendere sostenibile l’azienda, si ferma. In questo momento, però, non sappiamo ancora come si comporteranno i mercati”.
Una delle questione sempre aperte rimane quella dei bandi regionali sullo Sviluppo Rurale riservati in modo specifico alla castanicoltura? “È uno dei problemi che come Cia abbiamo rappresentato ad assessori e tecnici regionali nell’incontro avvenuto a fine aprile. In tutte le programmazioni passate i castagneti da frutto non sono mai stati presi in considerazione. E anche quella 2023-2027 non prevede misure”.
Cosa chiedete? “Servirebbero dei finanziamenti per la potatura degli alberi - operazione che, in montagna, è particolarmente costosa -, per la sistemazione dei boschi e l’acquisto di macchinari a utilizzo forestale e le attrezzature del post raccolta. L’Italia è costretta a importare dall’estero più della metà del proprio fabbisogno di castagne: una contraddizione enorme quando esistono ormai tanti ettari di castagneti non recuperati in quanto i costi per farlo e, dopo, per portare avanti la manutenzione, sono insostenibili a livello economico C’è bisogno di un forte cambiamento di rotta, se vogliamo che i castagneti vengano recuperati. Bisogna colmare questo vuoto, perché è davvero un peccato veder aumentare le superfici abbandonate dopo le tante parole spese, da Istituzioni e non solo, sulla rinascita della montagna”.
Concludendo, come possiamo immaginare l’annata 2023? “È una stagione nella quale si parte con tanti segnali di ottimismo e di fiducia, ma di cui vedremo i risultati concreti solo dopo i mesi estivi. Rimangono molte incognite”.