Il settore della frutta fresca in Piemonte conta numeri significativi, con 8.000 aziende e oltre 18.000 ettari coltivati, dei quali 3.000 con il metodo biologico. Il 60% degli imprenditori del comparto opera in provincia di Cuneo, che rendono la “Granda” un punto di riferimento sul territorio regionale. Come sta andando la stagione produttiva 2022? Lo abbiamo chiesto a Maurizio Ribotta: responsabile provinciale Cia Cuneo dell’assistenza tecnica in campo. Risponde: “Quest’anno, pur essendo ancora all’inizio della campagna di raccolta, con le albicocche, le ciliegie e i piccoli frutti, si prospetta una qualità molto alta delle produzioni. Anche di quelle estive e di fine estate, come pesche, pere e mele. Un risultato raggiunto anche grazie al caldo, che ha aumentato gli zuccheri presenti nella frutta e, di conseguenza, ne ha migliorato le caratteristiche organolettiche. Le quantità sono importanti, ma non in sovrabbondanza perché l’allegagione dei frutti dopo la fioritura non è stata eccessiva”.
Quindi, si può prevedere una buona annata? “In realtà, da sempre i frutticoltori vivono un clima di costante incertezza e sono, spesso, costretti a navigare a vista, con notevoli difficoltà nella programmazione degli investimenti futuri. Un problema dovuto soprattutto al fatto che non ci sono per il comparto dei contratti in cui vengano stabiliti dei prezzi di vendita nel medio e nel lungo periodo, ma il tutto, in misura maggiore rispetto ad altri settori agricoli, è solo legato alla “legge” della domanda e dell’offerta stagionale. Quest’anno, poi, la situazione è ancora più instabile, aggravata da ulteriori difficoltà”.
L’aumento dei costi
Nel 2022, uno dei problemi maggiori per il mondo frutticolo è certamente rappresentato dall’aumento esponenziale dei rincari degli imballaggi e dell’energia. Ad esempio, su quest’ultimo aspetto, la conservazione della frutta raccolta nei frigoriferi. Spese con continue variabili. Quindi, il prezzo di vendita dei prodotti magari interessante, può essere vanificato dal non avere certezze sui costi di produzione che possono superare gli incassi o avere dei margini di guadagno talmente minimi da mettere in crisi la sopravvivenza delle aziende.
Il grande rischio della siccità
Spiega Ribotta: “Se, rispetto al 2021, è stata superata senza gravi problemi la fase delle possibili gelate tardive, si sono già fatte sentire le prime grandinate. Per fortuna, però, circoscritte a zone ridotte della provincia. Anche se chi ne rimane colpito deve comunque pagare l’alto prezzo dei danni subiti. Ma la questione che sta diventando davvero preoccupante è quella della siccità”. In quali termini? “Siamo in deficit idrico dal 2021, che era già stato un anno poco piovoso. Poi abbiamo avuto un inverno con l’assenza di nevicate, che consentono l’accumulo delle riserve sulle montagne. Le temperature sempre molto alte hanno continuato a far sciogliere i ghiacciai e c’è stato un unico evento piovoso nello scorso mese di maggio, seppure non così importante”.
Per cui? “Manca l’acqua superficiale e quella sotterranea. In più si aggiunge il problema di dover comunque far scorrere nei fiumi il minimo deflusso per mantenere in vita gli organismi che ci vivono. Ovviamente condividiamo il principio ma questo non aiuta il mondo agricolo in generale, in quanto da molti bacini irrigui non si può prelevare l’acqua per irrigare i terreni. La siccità adesso comincia a farsi sentire come un’emergenza concreta e, di conseguenza, non è da escludere la possibilità di perdere parte delle produzioni estive e autunnali”.
Non ci sono soluzioni? “Al momento no. Molte aziende frutticole si sono attrezzate con gli impianti di irrigazione a goccia che ottimizzano la pratica, ma se continua a non piovere anche a luglio i rischi di rimanere senza acqua sono molto alti. Auspichiamo che si inizi a ragionare immediatamente e concretamente sulla realizzazione dei micro-invasi per razionalizzare la risorsa idrica e poterla gestire nei periodi siccitosi”.
Le difficoltà della manodopera
In provincia di Cuneo, con il decreto flussi, ogni anno giungono oltre 1.400 stagionali extracomunitari provenienti soprattutto da Albania. Macedonia, India e Senegal. Sono bracciati ormai qualificati, fidelizzati e ospitati nelle aziende in cui prestano la loro opera. Ma quest’anno un guasto nel sistema informatico dei Ministeri ha bloccato il loro arrivo. “Ci risulta - sottolinea Ribotta - che il problema potrebbe avviarsi alla soluzione, però con notevoli ritardi rispetto alle tempistiche previste e, quindi, con il rischio che non tutti i lavoratori giungano in tempo utile per la raccolta. Inoltre a questa difficoltà si aggiunge quella degli altri stagionali, in particolare africani, non regolati dal decreto flussi, ma con il permesso di soggiorno, che rappresentavano numeri importanti della forza lavoro in provincia. Una parte pare abbia preso la strada di altri Paesi come la Spagna e il Portogallo. E altri, magari da tempo in Italia, hanno risposto positivamente alle richieste occupazionali del settore industriale e di quello dei trasporti”.
Le previsioni? “Nonostante la scarsità di personale, le aziende stanno comunque gestendo, seppure con fatica, la raccolta dei piccoli frutti. Ma i problemi si
presenteranno sicuramente con le altre colture. Se la situazione rimane questa, il mondo frutticolo ne soffrirà parecchio. E il rischio è quello di lasciar marcire sulle piante una produzione di alta qualità”.
La guerra e i mercati
La guerra russo-ucraina ha prodotto molte tensioni sui mercati europei e internazionali. Un problema, tra l’altro, esistente con la Russia già dal 2014, che bloccò l’importazione di frutta e verdura come risposta alle sanzioni dell’Unione Europea. Ora la situazione è ulteriormente peggiorata. Afferma Ribotta: “Durante gli ultimi anni abbiamo assistito a una chiusura sempre maggiore di mercati sui quali vendere. Con la guerra se ne chiudono altri. Il rischio è che Paesi vicini ai territori del conflitto, come ad esempio la Polonia, siano costretti a riversare le loro abbondanti produzioni frutticole nei mercati dove esporta anche l’Italia. Questo comporterà il surplus di offerta non compensata dalla domanda. Una situazione che preoccupa molto gli imprenditori del settore”.