La stagione agricola 2024 sta vivendo momenti complicati. Qual è lo stato di salute del comparto nella “Granda”? Lo abbiamo chiesto a Claudio Conterno, presidente provinciale di Cia Cuneo, e titolare con Guido Fantino, di un’azienda vitivinicola biologica a Monforte d’Alba. Dice: “Stiamo soffrendo in tutti i settori, nonostante il nostro territorio offra prodotti di grande qualità. La frutta è in una situazione difficile e per le nocciole è un’annata allarmante dal punto di vista delle scarse quantità disponibili. I cereali spuntano i prezzi di vendita di dieci anni fa. La peste suina africana preoccupa gli allevatori suinicoli e su questo fronte bisognerebbe mettere in atto interventi radicali per abbattere i cinghiali, che la diffondono. La zootecnia bovina non se la passa bene. E, quest’anno, anche il comparto vitivinicolo, pur andando meglio degli altri settori perché i mercati di alcuni Paesi rispondono ancora in modo positivo, va monitorato attentamente in quanto c’è comunque un calo di richieste”.
I problemi da affrontare? “I cambiamenti climatici stanno provocando le difficoltà maggiori, con eventi sempre di più imprevedibili e devastanti. Nel 2024 non avremo siccità, ma la troppa pioggia caduta a maggio e giugno ha reso complicata la stagione produttiva aumentando le fitopatologie e, di conseguenza, l’impegno nelle operazioni necessarie per debellarle. Facendo lievitare i costi di intervento. A tutto questo si aggiungono le spese per i tassi di interesse dei mutui che non scendono e tolgono liquidità agli investimenti”.
Ma non solo: “La questione fondamentale è il non adeguato ritorno economico del lavoro agricolo. Occorre trovare una soluzione alla catena del valore, in cui a rimetterci sono sempre il primo e l’ultimo anello: cioè l’agricoltore, a cui il prodotto viene pagato poco, e il consumatore, il quale sugli scaffali lo deve acquistare a prezzi ben più alti. E, infatti, i carrelli della spesa sono sempre meno pieni”.
Soluzioni? “Dobbiamo sederci subito attorno a un tavolo con l’industria agroalimentare e la grande distribuzione per trovare un accordo che, partendo dai costi produttivi agricoli, oggi calcolabili in modo preciso, riconosca per ogni coltura o animale allevato un prezzo di vendita in grado di rendere l’azienda sostenibile a livello economico. Sotto certi valori non si deve scendere: e questo inciderebbe di pochi centesimi sul prodotto finale trasformato. Inoltre, andrebbero controllate le speculazioni. Se non facciamo dei passi in questa direzione per l’agricoltura sarà molto difficile arrivare a traguardi positivi, in quanto i costi di produzione sono ormai diventati proibitivi. E tutti gli anni ci sono aziende che chiudono, con il pericolo, nel tempo, di smantellare il sistema”.
Cosa chiedete alle istituzioni? “Anche se in un mercato libero il prezzo minimo di vendita è difficile da applicare, le Istituzioni devono comunque trovare una strada per concordare delle regole. Ascoltando le nostre proposte. E poi abbiamo bisogno di un aiuto per trovare nuovi mercati di vendita nei quali promuovere le nostre eccellenze. La politica deve dirci cosa vuole farne della nostra agricoltura. Per il mondo rurale è impossibile rimanere sempre con l’acqua alla gola, perché continuando a strozzare la gallina si arriva al momento in cui non potrà più produrre uova”.
Come vede il futuro del comparto? “Gli agricoltori devono sfornare solo qualità, non ci sono alternative. Obiettivo raggiungibile se si consolida la mentalità dell’operare con grande attenzione e dell’investire per migliorare la propria azienda. Bisogna credere nel proprio lavoro. Poi, occorre differenziare nel modo maggiore possibile i canali di vendita arrivando, sempre di più, allo smercio finale senza passaggi intermedi. Solo così si può ottenere un guadagno accettabile”.