“Le migrazioni sono la salvezza della mia famiglia, oltre che della mia vita, che non avrei mai pensato così fortunata e piena di esperienze”. Gad Lerner ha aperto così l’incontro di ieri pomeriggio, domenica 16 febbraio, al teatro Iris di Dronero. Il noto giornalista era uno degli ospiti di “Ponte sul Mondo”, “appendice” del festival dronerese “Ponte del Dialogo”: una due giorni di incontri, quella conclusa ieri, organizzata per affrontare, per l’appunto, il tema delle migrazioni e della convivenza tra diverse culture. L’incontro è stato introdotto dall’assessore alla Cultura del Comune di Dronero Carlo Giordano. A dialogare con Lerner, poi, il direttore della redazione cuneese de “La Stampa”, Massimo Mathis.
Nato a Beirut, Lerner si è poi trasferito in Italia con la famiglia da bambino, vivendo da apolide fino a trent’anni. Proprio da qui, dalla sua esperienza personale, è iniziato il dibattito, di fronte a un teatro gremito in ogni ordine di posto: “Se fossimo rimasti a vivere in Libano non me la sarei vista molto bene, come ebreo”.
Poi un cenno all’attualità locale. A Dronero, in questi giorni, è diventata un vero e proprio caso la questione del “boom” di iscrizioni degli studenti italiani nelle scuole delle frazioni, causata dal timore delle famiglie di un’eccessiva presenza di stranieri nelle classi del capoluogo. Anche qui il giornalista ha parlato della sua esperienza personale: “Quando sono arrivato nel 1960 alla scuola ‘Da Vinci’ di Milano non ero l’unico immigrato: nell’Italia di allora anche chi arrivava dalla Calabria o dalla Sardegna aveva le mie stesse difficoltà linguistiche. La maestra ci fece sentire una comunità, io la ringrazierò per sempre per questo. Nel 1961, centenario dell’unità di Italia, riuscì a farci sentire l’orgoglio della nostra cittadinanza raccontandoci del Risorgimento”.
“Nazionalismi, guerre e migrazioni”, questo il titolo dell’incontro: “I nazionalismi che si sono riaccesi in diverse parti del mondo e dell’Europa - ha detto Lerner - vivono nell’idea che una società per essere prospera e per vivere in sicurezza debba essere monoetnica: si esaltano le tradizioni, la retorica delle radici, ma noi non siamo vegetali. Non sopravviveremmo restando piantati a terra. Noi confutiamo nella pratica questa idea che si vive bene solo tra uguali, che chi arriva da lontano deve adeguarsi ai costumi locali altrimenti se ne deve andare. Come sarebbe Dronero se si mandasse via il 17-18% di stranieri che vivono qua? Pensate che sia questo il futuro?”.
Secondo il giornalista anche l’Italia non è al riparo da degenerazioni nazionaliste: “Il fanatismo è una merce d’esportazione che va per la maggiore: sta a noi non farcene contagiare”.
Sul suo rapporto con la Lega: “Quando vado a rileggere alcune sparate del primo Bossi, non hanno niente da invidiare a quelli di oggi, anzi erano anche più violente. All’epoca in prevalenza quei messaggi aggressivi erano rivolti contro altri italiani, meridionali e romani. Già allora si manifestava una certa ironia nei confronti dei cosiddetti ‘vu cumprà’, ma erano trattati come intrusi che si potevano ridurre a una dimensione servile. Mi hanno spesso additato come colui che ha portato in tv la Lega di Bossi e che quindi le ha dato spazio. Ma quando iniziai a raccontarla in tv la Lega aveva già il 20% in Lombardia”.
Si è poi parlato, inevitabilmente, di ciò che accade a Gaza, questione che tocca da vicino Gad Lerner: "Due popoli e due Stati per Israele e Palestina? A chi mi dice che è utopia io rispondo che è l’unica soluzione realistica e razionale, non ci sono vie alternative. Non si può pensare che la metà degli abitanti di quella regione debba scomparire, a meno che non pensiamo che nel 2025 si possano ripetere alcune delle atrocità viste nel ‘900. La maggior parte dei palestinesi di Gaza non ha mai messo piede fuori dalla Striscia: pensiamo che sia realistico spostarli tutti in massa?”.
Il giornalista è stato spesso critico nei confronti di Netanyahu e delle azioni del Governo israeliano dopo il 7 ottobre: “Nella dichiarazione di indipendenza dello stato di Israele, nel 1948, si diceva che la lingua ebraica e quella araba erano entrambe lingue ufficiali, poi c’è stata un’involuzione. La società israeliana ha vissuto una fase di degradazione”.
“Le città all’avanguardia sono quelle di vedute multietniche. - ha proseguito l’ex direttore del TG1 - Non sono città solo rose e fiori, ci sono conflitti interni, la multietnicità crea anche dei problemi: ma non si può immaginare una marcia indietro della storia in un mondo in cui viaggiare diventa sempre più facile e meno costoso. È inverosimile pensare ad un dietrofront”.
Altro tema di stretta attualità, il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti: “Questa teoria secondo la quale i suoi sono solo annunci non mi convince. Trump e i suoi fanno sul serio, hanno promesso delle cose e le stanno facendo. Un esempio: Vance nella sua prima visita in Europa è andato in Germania e non ha incontrato il cancelliere in carica, ma la leader di Afd. Questi sono fatti, non annunci. L’uscita dall’OMS è un fatto. È un travolgimento dei codici che ci eravamo dati per imparare dalle catastrofi del ‘900. C’è un lavoro scientifico per metterci gli uni contro gli altri, anche all’interno di stesse comunità. Il mondo non si divide più tra occidente e oriente. Da tempo la nozione di ‘occidente liberale’ non esiste più. L’occidente si è già disunito e ha già tradito i suoi ideali. L’alleanza delle democrazie contro gli Stati totalitari è uno schema che non esiste più”.
“Trump si è presentato come uomo di pace, io credo che con uomini come lui le guerre diventino più probabili. C’è un clima da anteguerra”, ha proseguito il giornalista.
A concludere, Lerner ha fornito la sua “ricetta” per una convivenza positiva, per far sì che le diversità diventino valore e non problema: “L’antidoto al fanatismo è la lotta contro l’ignoranza, questo inizia dalle nostre scuole. Non sempre l’idea che la scuola sia uno strumento per vivere meglio è sufficientemente diffusa, anche tra le famiglie di immigrati. I maggiori pedagogisti sono convinti chi ha più strumenti culturali non venga danneggiato dal confronto con chi ne ha meno. Il confronto non appiattisce la possibilità di sviluppare eccellenze. Parliamo di un confronto che poi si riproporrà, anche se lo si rinvia”.