Margherita e Nadia sono le due neolaureate ed "ermellinologhe" che, grazie all'Ermlin Project - il progetto di ricerca sull'ermellino nelle Alpi italiane - e con l'aiuto di Marco Granata - dottorando dell'Università di Torino ed "ermellino capo" del progetto -, hanno riportato l'attenzione e gli studi sugli ermellini e, in generale, sui mesocarnivori. Le ragazze hanno passato gli scorsi mesi in giro per le Alpi Marittime, a piazzare fototrappole e Mostela per raccogliere dati e immagini di questi animali. Dopo il lavoro di campo svolto insieme, condividendo la fatica della montagna e la gioia di posizionare una Mostela, ognuna di loro si è poi concentrata su un argomento specifico.
Nadia, nella sua tesi dal titolo "Spatio-temporal activity of mesocarnivores in the Maritime Alps", ha studiato i sette mesocarnivori (carnivori di medie-piccole dimensioni) presenti nel nostro territorio: ermellino, donnola, puzzola, faina, martora, tasso (famiglia Mustelidae) e volpe (famiglia Canidae). In particolare, si è concentrata sulle loro preferenze ambientali e sui loro ritmi di attività. La tesi di partenza? I mesocarnivori, per coesistere come succede nel territorio alpino, devono differenziare la loro nicchia ecologica per quanto riguarda il periodo di attività (diurna o notturna), lo spazio occupato e le risorse alimentari utilizzate.
Partendo dal presupposto che ermellino-donnola e martora-faina sono specie simpatriche, ossia specie simili dal punto di vista ecologico e dimensionale, che abitano lo stesso territorio e che potrebbero quindi entrare in competizione per le risorse, il progetto di ricerca di Nadia ha rivelato che questi animali differenziano le loro abitudini. Un esempio? Donnola ed ermellino sono entrambi diurni e occupano un habitat simile, come fanno allora a evitare la competizione per le risorse? L'ermellino vive tendenzialmente sopra i 1600 metri, la donnola sotto quella quota.
Per quanto riguarda la martora, grazie all'attività catemerale - prevalentemente all'alba e al tramonto -, riesce a evitare la competizione con la volpe e la faina, entrambe notturne. I risultati di questa tesi hanno quindi dimostrato che le nicchie ecologiche dei mesocarnivori si sovrappongono parzialmente ma si differenziano per quanto riguarda l'attività temporale o l'uso dell'habitat e questo fornisce informazioni preziose sulle dinamiche e sulle strategie comportamentali di queste specie, dati fondamentali per i ricercatori e gli Enti per valutare le corrette modalità di gestione e conservazione.
Il lavoro di Margherita, "Climate change impacts on prey-predator and competition dynamics of the stoat in the Italian Alps", si è concentrato invece su come la crisi climatica impatti sull'ermellino e sulla dinamica preda-predatore tra questa specie e l'arvicola delle nevi, sua preda d'elezione. Dopo aver raccolto dati sia sul campo sia attraverso la collaborazione con molti Enti, tra cui Parchi, musei e associazioni, Margherita ha realizzato dei modelli di distribuzione per illustrare l'attuale presenza della specie e i possibili scenari futuri. Secondo questi modelli e considerando il progredire dell'attuale crisi climatica, l'ermellino rischia di andare incontro a una riduzione importante del suo areale per due principali motivi. Da un lato, la minaccia maggiore è legata alla diminuzione della copertura nevosa, fondamentale per una specie che, in inverno, presenta un manto bianco per mimetizzarsi nell'ambiente; i cambiamenti di uso del suolo, inoltre, spingerebbero l'arvicola delle nevi a quote più basse, rendendo difficile all'ermellino seguirla, proprio perchè limitato dalle condizioni climatiche e dall'assenza di neve. In più, data la probabile espansione della donnola a causa del riscaldamento globale, l'ermellino potrebbe trovarsi ad affrontare una maggiore competizione con quest'ultima, sia per l'habitat che per le prede.
Sebbene l'ermellino sia attualmente classificato come "Least Concern" in Italia, la prevista contrazione del suo areale analizzata in questa tesi potrebbe farlo rientrare nella categoria "Vulnerable" della Lista Rossa IUCN. Ciò evidenzia la necessità di ulteriori ricerche in tutta la regione alpina per valutare lo stato di conservazione della specie in base ai futuri scenari di cambiamento climatico. In particolare, sono essenziali programmi di monitoraggio a lungo termine per migliorare la nostra comprensione dell'ecologia dell'ermellino e programmare le adeguate strategie di conservazione della specie.
Queste tesi rappresentano dei punti di partenza fondamentali per lo studio degli ermellini e dei mesocarnivori sulle Alpi italiane, soprattutto per lo stretto legame tra queste specie e i cambiamenti climatici in atto. Questi animali, ermellino in particolare, sono specie sentinelle e hanno un ruolo chiave negli ecosistemi poichè contribuiscono alla regolazione delle prede, alla dispersione dei semi e al controllo dei parassiti. Inoltre, grazie ai loro rapidi tassi di riproduzione, ai piccoli areale e all'elevata sensibilità ai cambiamenti ambientali, i mesocarnivori sono ottimi indicatori della salute degli ecosistemi e dei cambiamenti globali.