Novanta candeline per il Cinema Lanteri. In realtà 90+2, a voler essere precisi, in quanto la pandemia ha causato un ritardo di ben due anni nei festeggiamenti dei novant'anni della sala cinematografica, nata nel 1930. Per celebrare il traguardo raggiunto è in programma la proiezione di quattro film girati in città, per quattro giovedì alle ore 21. Numeroso il pubblico durante il primo appuntamento della rassegna con la proiezione de “I Compagni” di Mario Monicelli. Seguono “Tu mi nascondi qualcosa” di Giuseppe Loconsole, questa sera, “Codice Karim” di Federico Alotto, il 24 novembre e “Gli amici del bar Margherita” di Pupi Avati, il 1° dicembre.
Fino al 27 novembre, inoltre, il cinema ospita due mostre: “Lanteri 90+2. Storia di una sala” e "Cuneo al Lanteri". La prima, a cura del direttore Roberto Dutto, porta il visitatore alla scoperta di lanterne magiche, proiettori, tecnologie cinematografiche del passato e della cabina di proiezione del cinema. La seconda, invece, a cura di Ober Bondi e dei fotografi di Progetto HAR (fotografie di Monica Barbero, Alice Bianchi, Ober Bondi, Sergio Fea, Silvia Fea, Giacomo Galvagno, Paolo Garro, Giorgia Mana e Federica Tedone) presenta una serie di immagini che sono una rivisitazione in chiave ironica e contemporanea dei fotogrammi di cinque pellicole in cui Cuneo ha fatto da set cinematografico. Orari mostre: giovedì, venerdì e sabato dalle 17 alle 19 e domenica dalle15.30 alle 17.
In occasione dei 90 anni del Cinema Lanteri, i fotografi di Progetto HAR sono andati in giro per la città alla scoperta di quegli angoli che sono stati utilizzati come set di alcuni capolavori cinematografici, ricreando con la macchina fotografica alcune scene girate a Cuneo. Come è nata l'idea della mostra "Cuneo al Lanteri"?
Spiega Ober Bondi: "Progetto HAR è sempre disponibile a collaborare con altre realtà, cuneesi e non, che considerino la cultura non già un mezzo elitario, ma un modo per entrare in connessione con la società e per proporre stimoli nuovi di conoscenza. Nel caso specifico abbiamo accettato con entusiasmo l’invito di Roberto Dutto a 'inventare' una serie di fotografie che ritraessero, come fil-rouge, gli angoli di Cuneo visibili e riconoscibili nelle pellicole di cinque registi".
Le fotografie che avete scattato, dove i soggetti siete voi fotografi, rivisitano i fotogrammi dei film e lo fanno spegnendo la carica drammatica con l'ironia.
"Gli scatti realizzati sono il risultato di momenti di riflessione sulle storie rappresentate nei film, tra loro molto diversi sia nella cifra della narrazione sia nella scelta dei soggetti sia nella differenza storica in termini di linguaggio cinematografico. È risultata alla fine vincente la scelta di impersonare noi stessi, noi fotografi, alcuni dei personaggi presenti in fotogrammi significativi degli stessi film. Abbiamo ricercato costumi, luci, luoghi, ambientazioni, atteggiamenti, in totale rispetto del materiale originale. Ne è scaturita una mostra che immortala momenti di una sorta di teatro di strada a tratti molto seri, a tratti esilaranti, ma nei quali il 'terzo uomo' è la nostra Cuneo".
"I compagni", "Nascita di una formazione partigiana", "Tu mi nascondi qualcosa", "Codice Karim", e "Gli amici del bar Margherita". Il cinema ha reso Cuneo immortale. Potere che ha anche la fotografia? Le due arti non sono così distanti.
"Non solo non sono distanti, ma l’uno è fratello 'siamese' dell’altra. Studiosi del calibro di Morin, di McLuhan, hanno scavato in questa parentela e registi di grande calibro hanno giocato su di essa, utilizzandone le proprietà intrinseche per renderne efficace la sinergia. 'Nel nostro piccolo' (per usare un tormentone del film di Pupi Avati) abbiamo cercato di far emergere dai nostri scatti l’immagine di una città interessante anche nei luoghi più abituali, anche per chi ogni giorno la percorre, ragionando sul perché parecchi registi l’abbiano scelta in qualità di set".
Sei stato una comparsa ne "I Compagni" di Monicelli. Avevi 13 anni. Che ricordi hai di quel ragazzino, di quei momenti e di Cuneo nel 1961?
"Un ricordo tenero e divertito di un ragazzino che si intrufolava con la sua bicicletta bassa tra gli adulti cuneesi che erano la stragrande maggioranza. Abitavo in via Amedeo Rossi, raggiungere Piazza Virginio era un niente e tutto quel trambusto nella sonnolenta Cuneo di allora creava un via vai di cose e persone troppo allettante per un adolescente".
La mostra presenta una sezione con alcune fotografie che hai scattato sul set de "Gli amici del bar Margherita" di Pupi Avati. Su una di queste c'è il grazie del regista e la sua firma.
"Sono molto legato a quelle fotografie. Allora gestivo ancora il mio negozio di giocattoli e prima infanzia in Via Roma. L’occasione di avere il set cinematografico di Pupi Avati letteralmente in casa mi spinse inizialmente a 'rubare' alcuni scatti, che poi mi furono autorizzati dal regista stesso. L’ultimo giorno delle riprese, il camion della troupe era parcheggiato proprio davanti a me. Vuoi lasciar scappare un’occasione così? Ecco com’è nata quella foto in particolare. Tramite un’amica gentile, ne feci avere al regista una copia e lui mi rispose che si riconosceva in quell’immagine, con il suo 'Grazie' sul biglietto".
Quanto è importante il Cinema Lanteri? Un cinema storico per la città...
"Questa domanda è in verità la più importante. Si lega al ricordo stesso dell’infanzia di molte generazioni di cuneesi. Lo si può ben capire nel leggere quanto raccolto e scritto da Roberto Dutto nella mostra che è presentata nella sala di visione del cinema stesso. Ne fa fede il titolo 'Cinema Lanteri - dal 1930 una presenza in città'. Soprattutto occorre considerare la ricchezza di testimonianze e di conoscenza che il Cinema propose alle persone, in un’epoca che viveva le prime esperienze di certe tecnologie, dapprima ritenute quasi magiche e poi via via utilizzate e fruite in disparati ambiti educativi, religiosi o di divertimento. La lungimiranza di allora è riuscita a arrivare fino a noi, grazie ai volontari che ancora oggi prestano il loro tempo e soprattutto la loro passione. Questa sala si propone di essere uno spazio di comunità, aperto e disponibile non unicamente alle proiezioni".