Riceviamo e pubblichiamo.
Gentile direttore,
in questo anno, nel corso del quale i tuttologi hanno dispensato soluzioni e strategie su tutti i problemi, il settore che ha sofferto maggiormente per la situazione creata dalla pandemia è sicuramente la scuola.
Perché la scuola e non i vari settori produttivi?
Fra i vari motivi spicca la marginale considerazione per il mondo scolastico, che con colpevole miopia viene considerato un non problema.
In primis non crea una produzione tangibile e quindi non crea ricchezza immediata, dimenticando che la scuola è la fucina del nostro futuro e se non cresciamo ragazzi preparati, formati e equilibrati, avremo il futuro che ci meritiamo.
Un altro motivo, altrettanto poco nobile, è legato alla debole incidenza elettorale degli studenti confidando nel fatto che, crescendo, dimenticheranno la condizione che hanno vissuto nella scuola, con le naturali conseguenze.
E poi non dimentichiamo che la scuola è da sempre immersa in un mare di altri problemi, ragion per cui, in presenza di un grave momento come l’attuale, la situazione non può che peggiorare. In pratica, nulla di nuovo sotto il sole.
La conseguenza peggiore di questa indifferenza è l’aumento dei ragazzi costretti all’abbandono scolastico e di quelli che non dispongono strumenti informatici idonei per seguire le lezioni a distanza. Né è pensabile che un bambino resti, magari da solo, collegato per ore con la classe soltanto con un telefonino, oppure sia costretto a dividere il suo collegamento in famiglia così da trovarsi senza adeguata copertura.
Per tutti questi casi, la scuola non è più, nei fatti, un diritto costituzionale garantito dallo Stato. Diventa invece un privilegio a cui non possono accedere: un beneficio riservato a quanti dispongono di mezzi tali da sopperire alle criticità dovute alla pandemia.
Un’ultima considerazione: a oltre un anno dall’inizio della pandemia scopriamo che i trasporti non sono ancora in grado di gestire i flussi di studenti e lavoratori rispettando le norme anticovid.
Vengono chiamate in causa un sacco di motivazioni, alcune anche condivisibili, ma la ragione di fondo è una sola: è molto più semplice chiudere le scuole che rivedere il sistema dei trasporti (acquisto nuovi mezzi, cambi orario, diversi percorsi, ecc) e costa anche meno!
Vero questo, è inconcepibile che il nostro futuro sia così irrilevante per una classe dirigente che ha l’onore e l’onere di guidare questo magnifico Paese in un momento di estrema difficoltà.
Questa è l’importanza che diamo al nostro, anzi, al loro domani.
Antonio Panero (Popolo della Famiglia Cuneo)