Riceviamo e pubblichiamo.
Gentile direttore,
in questo periodo da più parti mi chiedono se sono disponibile per aiutare, sostenere, lavorare sul grande tema dell’inclusione sociale e le istituzioni. Chi mi conosce sa che è un tema che mi appassiona molto, anche perché essendo io disabile, la vivo ogni giorno. Cosa fa l’inclusione? L’inclusione riconosce ogni persona, per quello che è. La vera inclusione non vuole correggere o risolvere la disabilità per raggiungere la normalità, ma abbattere tale distanza, così che il disabile può vivere senza sentirsi “straniero”. Esempio, non posso salire su un furgone di un amico? L’inclusione non è che il mio amico non compra quel veicolo, ma mi chiede come possiamo risolvere l’ostacolo, e insieme costruiamo una pedana che mi permetta di salire sul furgone, questa è inclusione. L’inclusione interviene sul contesto oltre che sul soggetto.
L’inclusività implica l’abbattimento di quelli che sono “ostacoli alla partecipazione e al benessere”. Il mio bisogno primario non è l’autonomia, in quanto so molto bene che in certe cose non mi è possibile essere autonomo, ma il mio bisogno primario è vivere il meglio possibile, fiducioso che laddove da solo non posso cucinare, l’istituzione mi aiuti a sanare tale carenza. Ho usato una parola che, secondo me è la chiave per l’inclusione: fiducia. Se la fiducia fosse un’azione bancaria, in questi anni, da un valore di 100, sarebbe crollata a zero. Stiamo assistendo al fallimento della fiducia. Non esiste più. Questo è molto grave. L’annullamento della fiducia, di conseguenza, fa crollare l’intero sistema. Non solo l’uomo non crede più nelle istituzioni, ma l’uomo non crede più nell’uomo, ma ancor più grave, l’uomo dubita del suo simile. Il dubbio distrugge. Se per vivere bene ho bisogno di una persona che il mattino mi veste e di sera mi sveste, lo dico alle istituzioni, e loro non ci credono, io rimango la mia vita nel letto. Un vero amico ha fiducia nella mia richiesta, si adopera per realizzarla, ecco perché nella vera amicizia l’inclusione nemmeno è contemplata, esiste, punto. L’istituzione che mi dice, che ho già altre cose, per cui non mi ascolta, non ha fiducia che quello che chiedo mi serve davvero, non è un’istituzione capace e seria. Per avere una società inclusiva dobbiamo riappropriarci della fiducia. La chiave della fiducia apre la porta dell’inclusione, così come il dubbio erge un muro al posto della porta. Vogliamo lavorare per abbattere il muro e aprire la porta? E’ un lavoro molto duro, dove occorrerà anche scorticarsi, ma credo nell’obiettivo. Vogliamo davvero cambiare il senso di marcia? Io credo fortemente che se l’uomo ritorna ad avere fiducia nell’uomo, la porta si apre e lì succedono miracoli per tutti. Abbiamo bisogno di miracoli perché abbiamo tanto bisogno di stare bene.
Gian Paolo Sandri