Non so se vi siete mai chiesti “chi è o cos’è la placenta?”
Se si guarda sul dizionario la definizione è questa: “La placenta umana è l’organo deputato agli scambi metabolici tra la madre e il feto, ed è costituita da una parte materna e da una fetale.” Oggi voglio provare a darvi una visione nuova e diversa della placenta, per indurvi una maggiore consapevolezza. Innanzitutto deriva dal greco plakous, “focaccia piatta” e dalla radice plax, “schiacciato, piatto”. Ogni anno per il nostro compleanno, anniversario della nostra nascita, ci viene offerta tradizionalmente una torta, posata su un vassoio piatto e decorata con candeline accese. Ci cantano una canzoncina di auguri, soffiamo sulle candeline, riceviamo applausi e congratulazioni. Secondo la tradizione se il coltello esce sporco di torta possiamo baciare il bambino o la bambina che ci sta accanto. Ciò mette nuovamente in moto la danza della creazione, in cui tutto ha avuto inizio: anche una parte della torta nuziale viene spesso conservata per la nascita del primo figlio.
Si dice inoltre che proprio la forma della torta arrotondata riprende un senso di rispetto e di celebrazione per la sacralità della placenta. La placenta è un’organo stupefacente che si forma durante le prime dieci settimane e si completa entro il terzo mese di gravidanza. E’ lo stesso materiale genetico che, suddividendosi dopo la fecondazione, da una parte diventa bambino e dall’altro placenta. Quindi bambino e placenta sono formati dalle stesse cellule, hanno lo stesso DNA e, pertanto, condividono un’unica risonanza. Nell’utero, la placenta svolge le funzioni di polmoni, reni, fegato, apparato digerente, ghiandola endocrina e pelle. Il sangue affluisce a questi organi in forma minima fino a quando il bambino compie il primo respiro: sino ad allora, placenta e bambino sono una cosa sola. E’ grazie alla placenta che il bambino nell’utero si sviluppa e cresce. Che riceve gli ormoni di cui necessita. Che respira. Che le due circolazioni del sangue, quella materna e quella fetale, si mantengono separate. è sempre grazie alla placenta che il bambino sviluppa il primo contatto tattile e la prima relazione empatica.
Purtroppo però la placenta, con la sua grande funzione e unicità, è il nostro unico organo sano che viene buttato via, a volte anche con disprezzo o disgusto. Perché? Se andiamo a vedere il valore dell’attaccamento nel corso della vita ce ne creiamo di ogni genere, dal diario su cui appuntiamo tutti i giorni le emozioni e gli avvenimenti più importanti, la borsetta, sia per le donne che per gli uomini, dove dentro c’è tutto quello di cui abbiamo bisogno e a volte ci sentiamo incompleti senza, oppure ancora il cellulare super moderno, il nostro “IO” che non può mai mancare, dimenticare se no siamo completamente fuori dal mondo. Per i bambini si tratta spesso di un morbido pupazzo o di una “cosa speciale” che sentono il bisogno di avere con sé per addormentarsi. Perché questo attaccamento a qualcosa di materiale? Avete mai osservato le persone e i loro animali domestici? Spesso gli animali presentano le stesse caratteristiche dei loro padroni, come se fossero un’estensione delle persone. Questi morbidi, socievoli compagni a “sangue caldo” sono spesso all’altro capo di un guinzaglio (un cordone ombelicale). Allora forse possiamo definire che la placenta è il nostro primo compagno?
Insomma, in qualunque modo la si voglia guardare, una cosa è certa: la placenta è la radice del nostro essere, forse meriterebbe più rispetto.
Federica Ferrero